AMMINISTRATIVE, IL PD VA ANCORA MEGLIO DELLE EUROPEE
CON IL “CAMPO CIVICO E PLURALE” INTERCETTA IL VOTO IN USCITA GRILLINO
È qualcosa di più di un voto di “tenuta”. Per la prima volta, da diversi anni a questa parte, si è invertito il trend. E il centrosinistra torna in gioco proprio dove era iniziato il declino quattro anni fa, con la frana alle amministrative che annunciò la grande “sconnessione sentimentale” col paese.
Il centrosinistra vince al primo turno a Firenze, Bergamo e Bari, Pesaro, Lecce e Modena. È avanti a Reggio Emilia, Cesena, Foggia e Livorno, dove va al ballottaggio col centrodestra. Mentre a Ferrara e Forlì è avanti la Lega.
Dati per nulla scontati, alla luce del risultato europeo, con la Lega primo partito in tutto il Nord e in Emilia Romagna.
Che rappresentano una indicazione politica. E cioè che funziona lo schema del “campo largo” costruito attorno alla buona amministrazione, con alleanze, come si suol dire, plurali e civiche.
Diciamola così: più ci si avvicina alla dimensione territoriale del voto, più il centrosinistra ha un valore aggiunto. Più ci si allontana e si politicizza, più c’è ancora una difficoltà a intercettare un elettorato in uscita dagli altri partiti o a recuperarlo dall’astensione.
E infatti, Chiamparino ha delle difficoltà a recuperare e ad allargare rispetto al voto europeo. Nei comuni più piccoli invece accade il contrario.
Un dato su tutti: su settanta comuni sotto i 15mila abitanti, in Emilia Romagna, il centrosinistra ne vin
ce l’80 per cento, aumentando consensi rispetto al voto europeo nello stesso giorno. Per dirne una, a Castel San Pietro Terme, nel voto europeo la Lega è al 38 per cento e il Pd al 24, alle amministrative vince il Pd col 56 per cento al primo turno.
Lo stesso a Fidenza, Sant’Arcangelo, Carpi. A livello locale cioè è più facile rompere quella diga che c’è, invece a livello nazionale. Semplificando. È più facile per un buon amministratore far votare centrosinistra a un elettore dei Cinque Stelle che portarlo sul Pd in uno schema nazionale.
Il civismo, cioè, è un valore aggiunto per il centrosinistra, assai più della contrapposizione ideologica, come ci dice il caso di Riace.
Funziona, insomma, la cultura e la capacità di governo e la cultura civica, unico antidoto alla rabbia delle tante periferie del paese, dove la Lega è il grande catalizzatore della rabbia sociale e della chiusura verso lo straniero e il diverso.
Vince cioè la sinistra che propone modelli di integrazione più che l’indignazione ideologica, da Casal Bruciato a Mirandola.
Altro dato non scontato. Il Pd torna ad essere primo partito nelle grandi città . Roma, Milano, Torino (oltre Bologna e Firenze) con un balzo avanti rispetto alle politiche dello scorso anno.
A Roma dal 21,6 al 30 (rispetto al 25 della Lega). A Milano passa dal 26,6 dello scorso anno al 35 per cento (rispetto al 27 della Lega). A Torino dal 26,1 al 33 (rispetto al 26 della Lega). A Bologna dal 28,9 al 40 (rispetto al 21 della Lega). A Firenze dal 36,5 delle politiche al 43 (con la Lega al 20).
È presto per parlare di una alternativa compiuta, che necessita ancora di una piattaforma politica, di una forma organizzativa, e di un profondo rinnovamento della classe dirigente. Però, e non è banale, questo turno elettorale è un segnale di vitalità , in un campo dato, fino a poco tempo fa, per sepolto.
Dopo il voto del 4 marzo si parlò, in modo un po’ precipitoso, di un nuovo bipolarismo o meglio di questo governo come l’embrione di un nuovo bipolarismo, Lega e Cinque stelle, sulle ceneri dei protagonisti del vecchio bipolarismo degli ultimi 20 anni, Forza Italia da un lato, Pd dall’altro.
Ebbene, se da un lato la strategia di prosciugamento di Forza Italia da parte di Salvini ha funzionato, dall’altro è accaduto l’inverso.
La crisi strutturale, identitaria dei Cinque Stelle, ha riaperto lo spazio a sinistra. L’analisi dei flussi mostra che il grosso del loro elettorato è in uscita verso Salvini, in particolare i giovani e gli operai, il grosso al Sud verso l’astensione e, per la prima volta, qualcosa tra il ceto medio si indirizza verso il Pd. È accaduto a livello nazionale, ma anche a livello locale dove i penstastellati non raggiungono il ballottaggio nelle due città che governavano, Livorno e Avellino.
Questa tornata elettorale non disegna un nuovo sistema politico, ma innesca una dinamica politica nuova che archivia l’Italia del 4 marzo, a livello nazionale e, ancor di più, a livello amministrativo.
L’alternativa è tra una destra, radicale e sovranista, a vocazione maggioritaria. E un campo di centrosinistra che, nel suo complesso (sommando al Pd Più Europa e Verdi) è attorno al trenta per cento, con i Cinque Stelle intrappolati in una sorta di dilemma del prigioniero, tra rimanere nel governo in un ruolo ancillare e rompere senza avere numeri, prospettiva, e potenziali alleanze.
È una doppia novità per il centrosinistra. A livello sistemico apre nuovi spazi di agibilità politica, dopo il lungo autunno dell’irrilevanza. E chiude, per ora, dibattiti, retropensieri, manovra interne, allontanando il fantasma di questi mesi: una scissione “al centro”, fondata sul fallimento del nuovo corso di Nicola Zingaretti.
Per ragioni oggettive, di spazio e logica politica: sei euro-parlamentari “renziani” eletti, una valanga di sindaci e amministratori locali, un partito che compie, unito, un passo in avanti renderebbero incomprensibile, poco conveniente e avventuristica la rottura del Pd anche per gli avventurieri più spericolati. Non è solo un voto di “resistenza”. È una novità politica vera, che crea le condizioni per ricostruire.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply