ANCHE CONFINDUSTRIA SCARICA BERLUSCONI
IL PREMIER NON VA ALL’ASSEMBLEA, GLI IMPRENDITORI ORMAI NON SI ASPETTANO PIU’ NULLA DAL GOVERNO
Silvio Berlusconi non è invitato.
L’Assemblea annuale della Confindustria che si è celebrata ieri a Roma sancisce definitivamente la rottura tra industriali e governo.
Il premier non c’è andato e per la prima volta nella storia dell’associazione parlerà dal palco il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Per capire bene lo strappo bisogna partire dal protocollo. È prevista, da sempre, la presenza del ministro dello Sviluppo economico a cui, talvolta, si aggiunge anche il presidente del Consiglio.
Lo scorso anno Berlusconi ricopriva entrambi i ruoli, visto che Claudio Scajola si era dimesso.
L’assemblea non andò bene: il Cavaliere, tra slogan e barzellette, offrì al presidente degli industriali Emma Marcegaglia di diventare ministro.
“Quando ti ho proposto di venire ad assumere la responsabilità del ministero dello Sviluppo mi hai risposto: ‘Come la prendono in Confindustria?’
Ora ti ripropongo l’offerta, e agli industriali presenti chiedo: voi come la prendereste?”. Gelo in platea.
L’anno prima Berlusconi aveva definito Emma una “velina tutta vaporosa”. Quest’anno, quindi, Berlusconi non è stato invitato se non alla tradizionale cena con il direttivo dell’associazione, lontano dall’imbarazzo della diretta televisiva e della platea dell’Auditorium di Roma.
Il calendario aiuta: c’è un provvidenziale impegno al G8 di Deauville e ci sono le elezioni, la Confindustria non vuole diventare il palco per un comizio pre-ballottaggi. Oltre al fatto che ai vertici dell’associazione non avevano una gran voglia di organizzare un incontro ravvicinato premier-capo dello Stato, visti rapporti difficili tra le due istituzioni in questi mesi.
Ma c’è di più.
Anche alle assise del 7 maggio, quelle di Bergamo poi diventate celebri per gli applausi al manager condannato per la strage Thyssen, il governo non era stato invitato.
Perchè la Marcegaglia temeva i fischi, vista la frustrazione diffusa nella base per l’assenza di misure di stimolo alla crescita da parte del governo combinata con il timore per l’imminente manovra da 40 miliardi.
“La Confindustria non può passare all’opposizione, è costretta a essere almeno un po’ filogovernativa, ma adesso prevale la logica del fare da soli, come se la politica non ci fosse”, spiega un esperto delle dinamiche confindustriali.
C’è un parametro concreto per misurare questo distacco: la Marcegaglia ha abbandonato una formula che ricorreva sempre dall’inizio della sua presidenza fino allo scorso anno, cioè “questo governo ha la maggioranza, ha il dovere di fare le riforme e governare”.
Ora l’unico orizzonte su cui si muove la Marcegaglia è quello del dialogo con Susanna Camusso, il segretario Confederale della Cgil, per affrontare problemi come la rappresentanza sui luoghi di lavoro che il governo si rifiuta di toccare.
Ma, pur avendo poco da offrire, l’esecutivo continua a voler condizionare le scelte confindustriali.
Raccontano che Giorgio Squinzi, influente capo di Federchimica, ogni volta che si spende pubblicamente per ricordare che con la Cgil si possono anche firmare i contratti, riceva poi una telefonata del ministro del Welfare Maurizio Sacconi che lo richiama alla linea governativa.
Cioè che si parla solo con Cisl e Uil, le quali infatti stanno ipotizzando un’alleanza stabile per arginare la Cgil.
Con il governo, ormai, Emma Marcegaglia non riesce più a dialogare.
Toccherà al suo successore — dal 2012 — cercare un nuovo rapporto.
O di appoggio esplicito, come fu ai tempi di Antonio D’Amato, o di vera critica, come Luca Cordero di Montezemolo provò a fare per poi spaventarsi quando si trattava di arrivare davvero allo scontro.
Stefano Feltri
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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