BERLUSCONI COME PIPPO BAUDO: ” OBAMA? L’HO INVENTATO IO”
“SONO PIU’ ESPERTO, GLI DARO’ QUALCHE CONSIGLIO”, COMMENTA CON INSOLITA MODESTIA SILVIO ALLA NOTIZIA DELLA VITTORIA DI OBAMA…NEL CENTRODESTRA E A SINISTRA SI SGOMITA PER SALIRE SUL CARRO DEL VINCITORE DEL CARNEVALE DI VIAREGGIO…GLI AMERICANI HANNO SCELTO CHI SARA’ IL PROSSIMO A BOMBARDARE PER DIFENDERE LA DEMOCRAZIA… LE LOBBIE PASSANO ALL’INCASSO
Da un lato un Walter Veltroni un po’ meno pallido del solito che, non avendo mai vinto nulla, si consola della vittoria di un altro, in un interminabile party notturno sui terrazzi bene della capitale, circondato dagli ambienti radical-chic e sognando una riedizione moderna di “Via col vento” in poppa.
Poco distante la sinistra più radicale in lacrime per la “riscossa del sogno americano” mentre ancora si sente l’odore del fumo causato da quelle stesse bandiere americane ora adorate e poco tempo fa bruciate in piazza per manifestare contro l’imperialismo a stelle e strisce.
Al centro una congrega di nuovi adepti del Centrodestra con la fresca bandierina di Obama sventolante, neanche avessero vinto il ballottaggio con Rutelli a Roma.
Poi arriva Silvio che, in un impeto di insolita modestia, sottolinea: “Sono più esperto, gli darò qualche consiglio”…
A quel punto Obama ha tirato un sospiro di sollievo, mentre Veltroni si sarà preoccupato. Ma come, ha organizzato una festa in piazza apposta per lui, per poter dire che Obama è la sua fotocopia ( in carta carbone ovvio) e magari finisce che Silvio la prossima estate lo invita nella sua villa in Sardegna per abbronzarsi e ascoltare le canzoni di Apicella?
A sua volta Berlusconi ricorda con delicatezza ” Obama ha vinto e governerà , Veltroni ha perso e ci lasci governare, invece che appropriarsi della vittoria altrui”.
Alla fine l’unico che stava con McCain in Italia era Gasparri, cui almeno va riconosciuta la coerenza di non essere saltato sul carro dei vincitori del Carnevale di Viareggio. Il resto è opportunismo o millantato credito.
Leggiamo giornali di orientamento opposto e, salvo qualche eccezione meritevole, si spacca il capello in quattro per capire cosa cambierà nella politica economica ed estera degli Stati Uniti dopo la vittoria del prode Barack.
La coperta viene tirata da una parte e dall’altra, per dimostrare che ha vinto il nuovo, il sogno americano, secondo i convincimenti dell’estensore dell’articolo.
In effetti, Obama può essere tutto e il contrario di tutto, non a caso ha vinto.
Per vincere ha preso i voti dei giovani, delle donne e dei neri? Certo, a cui aggiungere quello degli anziani, degli uomini e dei bianchi, così non si scontenta nessuno.
Nel suo discorso dopo la vittoria ha detto una frase emblematica: ” Se c’è qualcuno al mondo che ancora dubita che l’America sia un posto in cui tutto è possibile, che ancora mette in forse la potenza della nostra democrazia, stanotte è arrivata la vostra risposta, cari americani”. Concordiamo, negli States tutto è possibile, anche che speculatori finanziari mandino all’aria le economie di mezzo mondo, gettando nella tragedia intere popolazioni, e vi sia un “governo dell’economia mondiale” che abbia permesso questo.
Che una campagna elettorale si fondi sui programmi meno che in Italia ( è tutto dire), ma piuttosto sul fatto se uno ha una zia clandestina o l’altra ha speso troppo in vestiti, se uno aveva 20 anni fa un vicino di casa, amico di una cugina di un presunto terrorista o se l’altro a scuola aveva rubato la Nutella nello zaino del compagno di banco.
Che una campagna elettorale sia finanziata dalle più potenti lobbie economiche nei settori vitali (comunicazione, finanza, armamenti, energia) a suon di miliardi di dollari, come mai si era visto.
E questo sarebbe il rappresentante dei ceti poveri?
Uno che viene finanziato coi miliardi delle multinazionali che nulla regalano senza avere qualcosa in cambio?
Non a caso ha vinto chi ha ricevuto tre volte i contributi rispetto all’altro, pensateci bene. Per fare cosa? Per “esprimere la potenza americana”, come sottolineato da Obama.
Tradotto, la continuità sarà superiore alla rottura e continuerà il tentativo, già in parte riuscito, di scaricare all’estero il costo dei debiti americani.
In politica estera significherà maggiori spese a carico di noi europei e maggiori impegni militari per gli alleati, riservandosi, da parte loro, senza chiedere il parere a nessuno, di scaricare qualche bomba intelligente a loro discrezione sulla testa di qualcuno.
Caratteristiche di tutti i presidenti Usa, repubblicani o democratici, che si sono succeduti nei decenni, dai tempi della guerra fredda a quelli del brodino caldo.
A cui noi sappiamo però contrapporre le feste in piazza di Veltroni, le lacrime dei “borghesi dei salotti” che inneggiano al primo nero presidente, i risotti del cuoco di Silvio a villa Certosa e “O sole mio” cantato da Apicella.
Per questo l’Italia è determinante nella politica estera, le nostre ricette ( gastronomiche, non politiche) sono apprezzate dai “grandi del mondo” e tutti attendono frementi i nostri consigli in cucina.
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