SECONDO L’INDICE H, LA PRODUTTIVITA’ DI BRUNETTA E’ MODESTA
IL MINISTRO BRUNETTA AMA RIPETERE CHE AVREBBE POTUTO AMBIRE AL PREMIO NOBEL… SECONDO L’INDICE H, UN CRITERIO CHE MISURA IL VALORE DI UN DOCENTE, CREATO DAL FISICO HIRSCH, IL PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA KRUGMAN HA UN INDICE PARI A 80, TITO BOERI, DOCENTE ALLA BOCCONI, PARI A 32… BRUNETTA SI FERMA A UN MODESTO 6
Uno dei principali rimpianti di Renato Brunetta è quello di non aver vinto il premio Nobel, lo ha ripetuto anche in una recente puntata di Matrix, intervistato da Enrico Mentana.
Il professore universitario, ministro per la Pubblica Amministrazione ed eroe della lotta ai fannulloni, ha sostenuto che “ero lì lì per farlo, ma poi ha prevalso il mio amore per la politica”.
Per vincere il Nobel, ricordava il ministro, occorre andare in America, studiare e lavorare sodo, acquistando un’alta produttività scientifica, come si usa dire in gergo.
Secondo l’indice H però, la produttività scientifica di Brunetta non eccelle. Creato dal fisico Jorge Hirsch, dell’università della California, l’indice H misura il valore di un docente.
In pratica è una media tra la produzione scientifica di un autore, ovvero il numero di articoli pubblicati su riviste scientifiche internazionali, e il loro impatto, vale a dire quante volte quegli articoli sono stati citati da altri illustri articolisti.
Paul Krugman, premio Nobel 2008 per l’economia, ha un indice H pari a 80. In Italia, Tito Boeri, professore alla Bocconi, è a quota 32. Brunetta si ferma molto prima, a quota 6.
Questo indice H all’estero è considerato da molti esperti lo strumento più attendibile nel suo genere. Da noi è rispettato, come conferma il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (Cnvsu) che lo ritiene “un metro di misura molto serio”. Serio ma non ancora molto diffuso.
In Italia sono in molti a raggiungere il più alto gradino della carriera accademica, quello di professore ordinario, con un indice H modesto. E’ il caso, tra gli altri, del ministro Brunetta, professore ordinario di Economia del lavoro all’Università di Tor Vergata.
Nel suo sito personale, Renatobrunetta.it, si autodefinisce “uno tra i più autorevoli ed apprezzati economisti italiani, ben conosciuto nelle Università e nei centri di ricerca di tutto il mondo”, ma il suo indice H non conferma molto tale tesi.
Si può verificarlo con il software Publish or perish, pubblica o muori, popolarissimo nel mondo accademico e disponibile sul sito Harzing.com: a livello internazionale sono in pochi ad essersi accorti degli scritti di Renato Brunetta.
Fermo restando che non è necessario ovviamente aver fatto ricerca internazionale per essere un buon ministro o fare il professore ordinario, dando per scontato che certamente non gli avrà giovato di essersi messo in aspettativa non retribuita dal 1999 per dedicarsi alla politica, non è che fino ad allora le gesta di Brunetta fossero da Nobel. La sua produzione scientifica non è certo quotata ad alti livelli ad es. .
Un mezzo informatico diffuso nel mondo accademico e a disposizione di chiunque voglia verificare è il motore di ricerca su Internet Google Scholar, utile in particolare per la voce “Citato da…” che indica quante volte l’articolo di un autore è stato citato da altri.
Il saggio su “Crescita, distribuzione del reddito e democrazia”, firmato dal prof. Perotti, è stato citato 851 volte. Il saggio del prof. Brunetta intitolato “Rapporti di lavoro e performance economica” è citato 25 volte ( ed è l’opera più citata del ministro).
Secondo il Cnvsu l’indice H in ogni caso dovrebbe essere tenuto nella più alta considerazione per la selezione dei docenti universitari.
Rimane la valutazione finale che, al di là del giudizio che ciascuno poi liberamente dà dell’operato
da ministro di Renato Brunetta, l’autoproclamarsi economista da “premio Nobel” appare francamente eccessiva e sintomo di un certo virus da presunzione che sta mietendo parecchie vittime nel nuovo Governo… Un po’ di umiltà forse non guasterebbe e renderebbe più “umane” e simpatiche tante persone.
Leave a Reply