BERLUSCONI HA GODUTO PER LA SCONFITTA DI TRUMP, GLI STAVA SULLE SCATOLE, MEGLIO UN MODERATO COME BIDEN
“IO SONO L’ORIGINALE, LUI UNA VOLGARE IMITAZIONE”
Berlusconi ha goduto per la sconfitta di Trump.
Si è dichiarato felice che l’America abbia scelto un personaggio sotto le righe come Biden; democratico o repubblicano a lui non fa differenza purchè si tratti di un vero moderato, questo va dicendo nelle interviste.
Ma chi conosce il Cav sa che la politica c’entra poco, praticamente nulla, e dietro la sua gioia per il ribaltone Usa ci sono motivi soprattutto personali: “the Donald” gli stava francamente sulle scatole.
L’ha sempre infastidito che qualcuno potesse accostarlo a lui per via di certe grossolane somiglianze tipo i miliardi, le donne, le gaffe e il potere.
Silvio considera se stesso un primatista mondiale, modello inarrivabile in tutti i campi; non accetta paragoni con un tizio che gli sta molto dietro nella classifica dei Paperoni, che ha ereditato la sua fortuna dal padre anzichè costruirla dal nulla, che ha fatto al massimo qualche programma tivù laddove di televisioni Berlusconi ne ha messe in piedi tre, che si è ritrovato alla Casa Bianca quasi per caso senza nemmeno aver fondato un partito di plastica a propria immagine e somiglianza.
C’è una bella differenza tra l’originale e qualunque imitazione, Berlusconi va lamentando in privato.
Sarebbe come mettere sullo stesso piano Elvis Presley e Little Tony, oppure il parmigiano e il grana, entità tra loro incommensurabili.
Ma la vera colpa di Trump, tale da renderlo antipatico ai suoi occhi, è di non averlo mai venerato come un maestro. Se fosse stato umile e saggio, l’Apprendista sarebbe corso ad Arcore per attingere alla sua esperienza visto che di leader mondiali Berlusconi ha ne conosciuti una fila e con un presidente Usa in particolare, George W. Bush, era stato in stretta amicizia.
Perfino con Barak Obama aveva stabilito una certa forma di confidenza, condita dall’ammirazione per la moglie Michelle. Invece da Trump, che sulla carta doveva somigliargli di più, zero inviti alla Casa Bianca: tagliato fuori, snobbato su tutta la linea.
I due non si conoscevano prima, non si sono incontrati dopo. Mai una telefonata nemmeno adesso che Trump si scatena sui presunti brogli elettorali commessi ai suoi danni, quando basterebbe chiedere a Berlusconi per apprendere come la valanga di ricorsi già annunciati sia solo una perdita di tempo, un vicolo cieco. Mentre perdere per un pugno di voti potrebbe, paradossalmente, rappresentare una fortuna.
Il Cav racconterebbe che cosa gli capitò il 10 aprile 2006, quando venne cacciato da Palazzo Chigi per meno di 25mila voti su 40 milioni: una beffa tremenda, un dolore atroce. Fino all’ultimo si era illuso di recuperare lo svantaggio e c’era quasi riuscito. Aveva perfino convocato il suo ministro dell’Interno, Beppe Pisanu, per intimargli di bloccare lo spoglio delle schede (ma quello non gli obbedì). Poi qualcuno sostenne che il vero imbroglione era stato Silvio, il quale nottetempo aveva fatto trasformare vagoni di schede bianche in altrettanti voti a suo favore; ma la tesi è romanzesca e non spiega come mai il Caimano perse lo stesso, oltretutto per così pochi voti.
Rifiutò (proprio come Trump) di ammettere la sconfitta, chiese invano di ricontare tutte le schede. Sfrattato da Palazzo Chigi andò avanti per mesi a sgolarsi contro i brogli dei “comunisti” ma non riuscì a dimostrare alcunchè, e perfino Forza Italia dovette riconoscere la correttezza del voto accettando una sconfitta che per il Cav si rivelò inaspettatamente una botta di vita.
Già , perchè con soli 7 senatori di vantaggio il governo Prodi visse di stenti, e dopo soli due anni traballanti cadde, spalancando la strada al ritorno del centrodestra.
“Una brutta vittoria non sempre è meglio di una bella sconfitta”, potrebbe assicurare Berlusconi a Trump se questi lo chiamasse. Magari, profittando dell’occasione, gli consiglierebbe di non litigare troppo coi giudici perchè va sempre a finire male; di andarci piano con l’altro sesso; di evitare le feste, soprattutto quelle “eleganti”. Avrebbe mille altri consigli da dargli, basati sull’esperienza.
Ma Donald preferisce sbagliare da solo, e allora peggio per lui.
(da “Huffingtonpost”)
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