BERLUSCONI SPERA ANCORA: “IL QUIRINALE A SETTEMBRE PUO’ CAMBIARE IDEA”
PAROLA D’ORDINE: NON ATTACCARE NAPOLITANO
«Spero ancora che Giorgio Napolitano ci ripensi a settembre, ora è tutto nelle sue mani». Silvio Berlusconi lascia Roma per ritirarsi ad Arcore e allo stato maggiore del partito rassegna poco più che una speranza.
Non si fa grandi illusioni, nonostante gli incoraggiamenti di Gianni Letta, di Angelino Alfano, dei ministri
Ad alimentare quella che a Palazzo Grazioli definiscono con un certo minimalismo una «trepida fiammella» è la nota pubblicata ieri dal Quirinale.
Sebbene quelle poche righe altro non sono che un avvertimento a non esercitare pressioni, a non interferire. Berlusconi e i suoi si appigliano nonostante tutto a quel «non ci sono allo stato posizioni definite», con cui in realtà Napolitano si augura che non vi sia alcuna «intrusione in una fase di esame e riflessione che richiede il massimo di ponderazione e serenità ».
Parole che seguono certe interpretazioni di stampa ritenute forzate e l’incontro di due giorni fa con cui i capigruppo Pdl chiedevano che fosse restituita l’«agibilità politica» al loro capo condannato in via definitiva per frode fiscale.
Il fatto è che il Quirinale, nel rigettare qualsiasi interferenza, non dà nulla di scontato e soprattutto lascia intendere che nessuna decisione sarà adottata ad horas, tantomeno in settimana, come l’inquilino di Palazzo Grazioli in un primo momento si attendeva.
Se riflessione è in corso, al Colle, richiederà comunque tempo. Ed è la ragione per cui Silvio Berlusconi, a sorpresa, non si trattiene oltre e lascia nel tardo pomeriggio Roma per concedersi giorni di relax tra Arcore e (forse) Porto Rotondo.
Servirà , spiega ai suoi, anche a stemperare il clima dopo la tempesta dei giorni scorsi, a far scendere la temperatura.
Il Cavaliere resta stremato, pessimista, spaventato dalla possibile, ulteriore escalation giudiziaria dei prossimi mesi.
Nulla accadrà nel prossimo mese, forse anche due, del resto il leader condannato ha tempo fino al 15 ottobre per optare tra domiciliari e servizi sociali.
Opzione rispetto alla quale anche ieri è stato categorico: «Io non scelgo nessuna alternativa, se non pensano di dovermi salvare, allora io andrò in carcere » non tenendo conto del fatto che l’ipotesi è già esclusa dalle leggi in vigore, oltre che dalla Procura di Milano
Di più. Per tutto il giorno lo stato maggiore del partito, dalla Gelmini allo stesso Bondi (che domenica si era lanciato in una filippica contro Napolitano), hanno preso le difese del Quirinale dall’ennesimo attacco di Beppe Grillo.
È la strategia del momento, con un obiettivo ben preciso, non proprio disinteressato: alimentare un clima «favorevole » attorno al Colle.
E non è un caso se anche dopo l’«incidente » dell’intervista al Mattino in cui il presidente di sezione che lo ha condannato, Antonio Esposito, Silvio Berlusconi è rimasto silente.
Si scatena il fuoco di fila di tutto il Pdl per delegittimare la sentenza, ma tace ufficialmente il leader.
Che pure, racconta chi lo ha incontrato, è rimasto in un primo momento amareggiato, sconvolto dalle parole del magistrato. Sono la «prova – dal suo punto di vista – che tutto era già deciso, che la sentenza era già scritta, che dovevo essere condannato». Poi, col trascorrere delle ore, il quadro muta, Berlusconi sente gli avvocati che lo illuminano sulle «opportunità », sul varco che quell’intervista apre.
«Il Colle non può non tenerne conto» nel valutare la situazione, è il ragionamento che prende campo e che alimenta, a sua volta, speranze e illusioni.
Ma non per questo vuole abbassare la guardia.
Lascia Roma anche perchè la giunta delle elezioni del Senato che oggi dovrà esaminare il nodo della decadenza farà slittare i lavori a settembre.
Non c’è bisogno di presidiare il «territorio» ma «dobbiamo continuare a difenderci, a far capire alla gente che la persecuzione è in atto, che mi vogliono in carcere» ha scandito Berlusconi dopo aver riunito ancora una volta coordinatori e dirigenti nella sua residenza prima di partire.
La decisione maturata, col sostegno della responsabile organizzazione Santanchè e di Verdini, soprattutto, è quella di promuovere in queste settimane di agosto delle iniziative a livello locale, con l’aiuto dei coordinatori regionali.
Una sorta di campagna da «Salvate il soldato Silvio», con raccolta di firme, gazebo e piccole manifestazioni.
Ma senza mai alzare i toni contro la magistratura, tanto meno contro il governo o il capo dello Stato, è l’ordine di scuderia.
Il Berlusconi che abbandona Roma lascia sotto la cenere tuttavia la fiamma destinata a divampare ancora una volta tra falchi e colombe. I pidiellini in Transatlantico sono di nuovo trincea.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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