Febbraio 12th, 2020 Riccardo Fucile
L’ATTO DEL PM PRELUDE ALLA RICHIESTA DI PROCESSO
La Procura di Milano ha chiuso l’indagine in vista della richiesta di processo nei confronti
dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini accusato di diffamazione dopo la querela depositata lo scorso luglio, tramite i suoi legali, da Carola Rackete, comandante della Sea Watch3.
Un altro caso, che si incrocia in qualche modo con la vicenda della nave Gregoretti
Il pm Giancarla Serafini, titolare del fascicolo trasmesso per competenza da Roma, un paio di settimane fa – da quanto ha appreso l’Ansa – ha notificato l’avviso di chiusura dell’inchiesta.
La denuncia da parte della capitana della Sea Watch era stata depositata lo scorso 12 luglio alla Procura di Roma e gli atti, dopo l’iscrizione di Salvini per diffamazione, sono stati poi trasmessi a Milano, dove risiede l’ex ministro.
Rackete, rappresentata dal legale Alessandro Gamberini, nella querela aveva spiegato che le esternazioni di Salvini sul caso Sea Watch, “lungi dall’essere manifestazioni di un legittimo diritto di critica, sono state aggressioni gratuite e diffamatorie alla mia persona con toni minacciosi diretti e indiretti”.
A tal proposito nell’atto si citano le espressioni dell’allora ministro: “sbruffoncella”, “fuorilegge”, “delinquente”, autrice di un atto “criminale”, responsabile di un tentato omicidio in quanto “avrei provato a ammazzare cinque militari italiani”, “complice dei trafficanti di esseri umani” e altre ancora.
Interventi che sono, si legge sempre nella denuncia, “un puro strumento propagandistico e istigatorio di un ‘discorso dell’odio’, che travolge ogni richiamo alla funzione istituzionale”. Affermazioni che “non solo hanno leso gravemente il mio onore e la mia reputazione, ma mettono a rischio la mia incolumità , finendo per istigare il pubblico dei suoi lettori a commettere ulteriori reati nei miei confronti”.
Il leader della Lega, difeso dall’avvocato Claudia Eccher, in teoria ha tempo 20 giorni – termine non perentorio – dalla notifica dell’avviso di chiusura delle indagini per presentare memorie difensive o farsi interrogare.
Poi il pm può chiedere il rinvio a giudizio o se lo riterrà anche l’archiviazione.
(da agenzie)
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Febbraio 12th, 2020 Riccardo Fucile
L’ITALIA E’ UNO STATO DI DIRITTO, I POLITICI NON GODONO DI IMPUNITA’
Nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera l’avvocato Bongiorno dichiara che al Senato spetta verificare se Salvini, nel trattenere contro la loro volontà i naufraghi a bordo della Gregoretti, “abbia agito nell’interesse pubblico”.
Ma la questione è molto diversa da come viene così semplificatamente descritta.
Sarebbe infatti davvero ingenua e pericolosa una disciplina costituzionale che permettesse di compiere reati a un ministro e di sottrarsi al sindacato del giudice penale solo che dimostri di aver agito nell’ ”interesse pubblico”.
In tal caso a un ministro che abbia rubato, basterebbe dimostrare di averlo fatto non per incassare le somme ma per devolverle allo Stato, nell’interesse pubblico, appunto.
E’ chiaro che non è così.
Il nostro sistema costituzionale invece, per esonerare dal sindacato penale il reato ministeriale, esige che esso sia stato compiuto per la “tutela di un interesse dello stato costituzionalmente rilevante” o per il “perseguimento di un interesse costituzionale prevalente”, interessi pubblici dunque assai qualificati che nel caso della nave Gregoretti mancavano del tutto.
Infatti l’ingresso dei naufraghi non minacciava affatto la sicurezza dello Stato e la “tutela dei confini” non era in pericolo: anche un bambino capisce che una nave della nostra Marina Militare che sbarca un centinaio di naufraghi sotto shock non costituisce pericolo per gli interessi nazionali.
Il vero interesse perseguito da Salvini era la redistribuzione degli immigrati a livello europeo ma, non solo non si tratta di interesse costituzionale, men che meno “prevalente o preminente”, in ogni caso non poteva essere perseguito con strumenti illeciti (come il sequestro di persona che l’avvocato Bongiorno derubrica a “rallentamento nello sbarco”), ricattando i nostri partner comunitari, violando i trattati internazionali del mare e violando i diritti fondamentali dei naufraghi.
Sono solo casi di stretta necessità — paragonabili alla forza maggiore — quelli che possono giustificare l’impunità .
Quel che conta è che un giudice penale lo possa accertare. Se poi i tempi del processo si riveleranno “lunghissimi” e l’ex ministro si troverà “bloccato per anni ostaggio del processo” vorrà dire che vivrà sulla propria pelle l’esperienza di migliaia di italiani e che così il suo approccio ai problemi della riforma della giustizia sarà più consapevole sarebbe.
Proprio perchè queste decisioni restano nei precedenti dei lavori parlamentari sarebbe opportuno che il Senato questa volta conceda l’autorizzazione a procedere altrimenti l’Italia diverrà un paese i cui ministri sapranno di essere liberi di svolgere iniziative di politica estera — invece che con la forza del dialogo – ricattando, impuniti, con l’esercizio della forza le altre Nazioni e calpestando i diritti fondamentali dei più deboli.
Insomma quanto di più distante da uno “stato di diritto”.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 12th, 2020 Riccardo Fucile
SI DOVRA’ STABILIRE SE TRATTASI DI IMPUTAZIONE COATTA CON RINVIO A GIUDIZIO IMMEDIATO O SOGGETTA A POSSIBILITA’ DI ARCHIVIAZIONE… A DECIDERE SARA’ IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
Ora che il Senato ha concesso l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini, la
parola passerà al procuratore di Catania Carmelo Zuccaro
E in quella sede si aprirà una fase nuova e tutt’altro che scontata. Il magistrato aveva infatti sollecitato l’archiviazione dell’inchiesta nei confronti dell’ex ministro dell’Interno ritenendo che non ci fosse stato alcun sequestro dei 131 migranti a bordo della nave militare Gregoretti che nel luglio scorso li aveva soccorsi ma poi era stata bloccata proprio da Salvini per sei giorni.
Il tribunale dei ministri ha invece ritenuto che il divieto allo sbarco fosse una violazione penale e ha trasmesso gli atti a palazzo Madama. «Voglio essere processato», aveva detto Salvini prima del voto della Giunta che aveva concesso il via libera.
La linea politica del senatore e segretario del Carroccio è infatti quella di non opporsi al processo. Ma l’avvocato e senatrice leghista Giulia Bongiorno,in una intervista al Corriere, aveva consigliato Salvini di non spingere per il sì al processo).
Oggi tocca all’aula e poi si dovrà stabilire se quella di Salvini sia un’imputazione “coatta” dunque i magistrati debbano obbligatoriamente sollecitare il rinvio a giudizio. O se invece potranno chiedere nuovamente l’archiviazione.
In ogni caso non sarà il tribunale dei ministri a decidere ma il giudice per le indagini preliminari.
(da “il Corriere della Sera”)
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Febbraio 12th, 2020 Riccardo Fucile
RESPINTO L’ORDINE DEL GIORNO PER L’IMPUNITA’… SI VOTA FINO ALLE 19 MA IL MARGINE E’ TROPPO AMPIO PER RISERVARE SORPRESE… LA LEGA SI ASTIENE
I senatori hanno votato sì al processo per Salvini ma lo scrutinio finale ci sarà alle 19, perchè chi non ha potuto votare ha tempo fino ad allora.
La votazione non è ancora chiusa ma è già scontato l’esito perchè i contrari al processo dovrebbero essere 161 e invece sono largamente al di sotto.
Si parla per ora di almeno 150 favorevoli al processo, senza considerare che la truppa dei senatori leghisti (una settantina) non voterà .
Sarà utile però verificare le cifre finali anche per giudicare la compattezza dei gruppi.
Bonino (+Europa): «Assurdo pensare a “invasione”…»
Duro intervento di Emma Bonino (+ Europa) che smonta le tesi di chi difende Salvini: «I sostenitori del diniego invocano l’articolo 52 della Costituzione: si trattava di difendere la patria e i confini. Per affermare questo, bisogna sfidare il ridicolo e sostenere che i confini della patria erano minacciati da una unità navale italiana e da 135 naufraghi». E poi, incalza la senatrice: «La patria italiana correva il rischio di essere invasa da una nave costiera italiana? È assurdo anche solo pensarlo».
il «comandante» De Falco: «Salvini rinunci all’immunità »
Il comandante Gregorio De Falco, ex 5 Stelle ora al Misto, dall’alto della sua competenza in materia analizza la situazione: «Trattenere quelle persone a bordo è stata un’inutile crudeltà , come per la Diciotti. La differenza è che la Gregoretti era stata costruita per fare vigilanza sulla pesca e non per i soccorsi. Era più piccola e le persone a bordo erano in coperta, esposte al sole». E poi, incalza: «La situazione sanitaria, certificata da un volontaria, era critica e c’erano 25 casi di scabbia. In più, non c’era bisogno di una presa di posizione esplicita del governo, perchè nel decreto era espressamente previsto che il ministro non avesse competenza su una nave militare. Quindi c’è stata un’ingerenza di Salvini. Infine, non c’era alcun pericolo imminente per l’ordine pubblico. Chiedo a questo punto a Salvini un atto di coerenza: che chieda di rinunciare all’immunità , come da proclami che fa da due anni. Sarebbe un bel gesto».
Parrini (Pd): «Salvini si faccia trattare come tutti i cittadini»
Dario Parrini (Pd): «Salvini non agì per ragion di Stato ma per una ben più bassa ragion di partito, visto che è allergico allo Stato di diritto. E non c’è alcuna ragione per cui il corso della Giustizia debba essere bloccato. Il senatore Salvini dovrebbe sentirsi contento di essere trattato come un qualsiasi cittadino invece di tirarci tossine politiche».
(da agenzie)
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Febbraio 11th, 2020 Riccardo Fucile
LUNGA RIUNIONE: LA BONGIORNO TEME IL PROCESSO, I SUOI CERCANO DI DISSUADERLO, LUI SI ERGE A MARTIRE… LE HA PROVATE TUTTE PER SCAPPARE DAL PROCESSO, QUANDO HA VISTO CHE I NUMERI NON CI SONO, SI GIOCA LA CARTA DEL DIFENSORE DEI CONFINI DEL PIANEROTTOLO XENOFOBO
O astensione o non partecipazione al voto.
Salvini affronta un duro confronto con i colleghi di Palazzo Madama per decidere la linea. E’ appena tornato da Venezia quando alle quattro del pomeriggio varca l’ingresso dei gruppi parlamentari di Palazzo Madama.
Nonostante siano le ore che precedono il voto in Aula sul caso Gregoretti, il Capitano leghista cerca di spargere tranquillità in un ambiente scottato dal potenziale processo per sequestro di persona. I volti dei senatori sono scuri, preoccupati. I leghisti non se la sentono di mandare il loro leader alla sbarra. “Matteo, ripensaci. Commetti un errore”.
Eppure, a un certo punto della discussione l’ex ministro dell’Interno si ferma, guarda tutti negli occhi, e chiede espressamente di non opporsi all’autorizzazione a procedere. Molti contestano la decisione. Tra loro – la più autorevole – è l’avvocato, nonchè senatore, Giulia Bongiorno, la quale ribadisce per filo e per segno le parole che ha scolpito ieri al Corriere della Sera: “Matteo, i tempi potrebbero essere lunghi e c’è il problema di restare bloccati per anni, ostaggi del processo”.
E ancora: “L’idea che un uomo possa rimanere a processo non dovrebbe piacere a nessuno”.
L’avvocato del Divo Andreotti è lì perchè vuole provare a convincere il leader di via Bellerio. Il braccio di ferro si dilunga per ore. Salvini versus Bongiorno. Bongiorno versus Salvini. Non c’è verso, però. Davanti a questi ragionamenti di chi conosce la macchina giudiziaria, di chi ha affrontato centinaia di migliaia di processi, il Capitano leghista tiene ferma la barra. “Io voglio dimostrare ai miei figli di non essere un delinquente, ma di essere solo un cittadino che nella veste di ministro ha difeso i confini nazionali”.
Il clima è più o meno così. Con Salvini nella veste sfrontata del “processatemi”, e con i suoi che in qualche modo cercano di applicare una sorta di moral suasion.
Qualcuno addirittura evoca il voto in dissenso dal gruppo. E la mette così: “Matteo, io domani voto contro il processo”. In Lega, però, l’opposizione interna non esiste. “Noi siamo un partito serio”, fa sapere a tarda sera un pezzo da novanta del gruppo parlamentare. Tutti uniti e compatti. Non a caso, racconta uno dei presenti, finisce con un lungo applauso a “Matteo” la riunione leghista.
Ecco, a meno di un colpo di scena, il voto in Senato domattina sarà scontato. Per spuntarla servirebbe la maggioranza dei componenti di Palazzo Madama, vale a dire 160.
Che sia processo allora, con tutte le conseguenze del caso. Ad esempio, una condanna in primo grado farebbe scattare l’incandidabilità prevista dalla Legge Severino. Tradotto, se si riaprisse la partita delle urne Salvini non solo non si potrebbe candidare al Palazzo Chigi ma non sarebbe più in corsa per Palazzo Chigi. Per la felicità di alcuni detrattori interni alla coalizione, e, in particolare, della scalpitante Giorgia Meloni.
Detto questo ci troviamo davanti a un vero e proprio pasticcio. Perchè domani nell’emiciclo del Senato, Erika Stefani, senatrice leghista e relatrice sul voto in Giunta delle immunità dello scorso 20 gennaio, depositerà una relazione, ancora top secret, che riepilogherà quanto avvenuto nella fase precedente e che dovrà tenere insieme il sì al processo, così come chiesto da Salvini ai suoi, aprendo però a una possibilità di un voto in Aula.
Insomma, un’operazione cerchiobottista che serve più a mettere una pezza al disastro salviniano e alla propaganda delle scorse settimane.
A quel punto l’aula si esprimerà sull’autorizzazione a procedere perchè Fratelli d’Italia e Forza Italia depositeranno un ordine del giorno per negarla, “in coerenza – afferma l’azzurro Lucio Malan – con quanto da noi detto e fatto in Commissione”.
E i leghisti come si comporteranno? Va da sè che Salvini interverrà e farà un discorso rivolto all’esterno ergendosi a paladino della difesa dei confini nazionali e sottolineando di essere innocente.
Interverrà anche Giulia Bongiorno e sarà un’arringa da avvocato che ruoterà attorno al fatto che “il Parlamento ha abdicato al potere di legiferare in alcune materie sensibili e che per una sorta di pudore abbia rinunciato a tutelare la sua indipendenza”. Le Alla fine le truppe di Salvini o si asterranno o non parteciperanno al voto. Ovvero, manderanno processo il loro Capitano. Con un accusa pesantissima di sequestro di persona.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 11th, 2020 Riccardo Fucile
“LE ACCUSE NON TE LE HA FATTE IL PD MA I I MAGISTRATI CHE HANNO CHIESTO IL TUO PROCESSO E PURE I TUOI HANNO VOTATO A FAVORE, VAI IN TRIBUNALE E DIFENDITI COME FANNO LE PERSONE CHE NON HANNO PAURA DEL PROCESSO”
Botta e risposta sui social tra Anna Ascani (Pd), viceministra dell’Istruzione, e il leader della
Lega Matteo Salvini, sulla vicenda della nave Gregoretti, per la quale l’ex ministro dell’Interno è accusato di sequestro di persona: domani 12 febbraio, dopo la decisione della Giunta per Immunità , che ha dato l’ok al processo lo scorso 20 gennaio, toccherà all’Aula di Palazzo Madama esprimersi.
Poi la palla passerà ai magistrati che dovranno stabilire se rinviare a giudizio l’ex titolare del Viminale.
La viceministra dem aveva ribadito così la posizione del suo partito e della maggioranza, che sull’ok al processo è compatta: “Sul caso Gregoretti noi siamo coerenti. Il Senato non deve decidere se Salvini è colpevole o no, ma è chiamato a stabilire se Salvini ha agito per tutelare l’interesse nazionale. Noi pensiamo che non sia così e voteremo di conseguenza”.
Poco dopo Salvini aveva replicato sul suo profilo Twitter: “Secondo il Pd devo andare a processo perchè, bloccando l’ennesimo sbarco di immigrati, non ho tutelato l’interesse nazionale. Secondo me è proprio il contrario! Voi che dite?”.
Ascani, intervenuta ancora una volta sul social network, ha risposto per le rime: “Matteo, non secondo il Pd, ma secondo i magistrati. Sono loro che hanno chiesto il processo. E pure i tuoi senatori, che hanno votato a favore. Capitano, paura??? Se mi avessi citofonato te lo avrei spiegato di persona… Bacioni”, e ha accompagnato l’ironico tweet con l’hashtag ‘#se citofonando’.
La vicemininistra dem ha ricordato che lo scorso 20 gennaio furono proprio i parlamentari leghisti a mandare a processo il segretario del Carroccio, votando contro la relazione del presidente della Giunta Maurizio Gasparri, che aveva chiesto di negare l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini chiesta dal Tribunale dei ministri di Catania.
Ora Salvini sembra aver fatto un passo indietro, e i 60 parlamentari del Carroccio sarebbero pronti a lasciare domani i banchi di Palazzo Madama, dopo che la senatrice della Lega Erika Stefani avrà esposto in Aula l’esito del voto in Giunta, all’apertura dei lavori.
I numeri non sono dalla parte di Salvini: l’ordine del giorno presentato da Fratelli d’Italia e Forza Italia, per respingere l’autorizzazione a procedere necessita della maggioranza assoluta dei componenti dell’Assemblea, e cioè 160 voti. Ma FI, Lega e FdI insieme hanno solo 139 senatori. Tolti i parlamentari leghisti i voti a favore dell’odg sarebbero solo 79.
(da agenzie)
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Febbraio 11th, 2020 Riccardo Fucile
SORPRENDE CHE UNA PERSONA PREPARATA NON SAPPIA CHE E’ COMPETENZA DEL MINISTERO DELLA DIFESA
Sorprende come una persona intelligente e preparata come Giulia Bongiorno incappi per più volte nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera del 9 febbraio in uno sproposito costituzionale come quello di attribuire al Ministero dell’Interno la protezione e sicurezza dei confini.
Forse le è sfuggito il nome del Ministero presieduto da Salvini: Interno significa protezione dello spazio nazionale da rischi “interni”, non da minacce provenienti dall’esterno .
A cosa serve altrimenti un Ministero della Difesa (e, in aggiunta, degli Esteri)? Oppure, in questo “mondo reverso”, la Difesa — quindi l’esercito – si deve occupare dei furti e delle rapine? Evidentemente la bulimia di potere salviniana ha contagiato anche persone insospettabili.
Del resto solo la pochezza del Ministro della Difesa del governo giallo-verde, Elisabetta Trenta, ha potuto lasciar spazio alle scorribande salviniane al di là delle sue competenze.
Comunque l’on Bongiorno è in buona compagnia. Basti pensare ai sindacati accorsi deferenti in fitta schiera, all’epoca, al Viminale per parlare non dei contratti degli agenti di Ps ma di politica economica…
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 11th, 2020 Riccardo Fucile
NORME ILLEGALI IN QUANTO CONTRASTANO CON LA NORMATIVA INTERNAZIONALE
Il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, intervistata da Fabio Fazio, ha avuto occasione di
ribadire che ritiene necessario modificare i decreti sicurezza.
In particolare, ha specificato, ciò coinvolgerà le norme sulle multe alle navi delle ONG che salvano i naufraghi; aspetti problematici che erano stati fatti già oggetto di “irrituali osservazioni da parte del presidente della Repubblica”.
Ancora prima che il decreto sicurezza bis fosse approvato dal Consiglio dei Ministri, era già chiaro che la norma fosse ingiusta e criminogena poichè dispone di punire coloro che adempiono al fondamentale obbligo umanitario di salvare la vita altrui.
Chiediamo perciò di eliminare in toto gli articoli 1 e 2 del decreto sicurezza.
Nella questione sono in rilievo contrapposti valori costituzionali e quindi occorre effettuare un bilanciamento tra il rispetto dei diritti umani fondamentali, da un lato, e il potere-dovere di tutelare la propria sovranità da Parte dello Stato, dall’altro.
Ma non si può comunque prescindere dal tenere conto della necessaria uniformità dell’ordinamento interno rispetto alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute (articolo 10 Costituzione) e della limitazione di sovranità necessaria a tal fine (articolo 11 Costituzione).
Tra i principi di diritto universalmente riconosciuti vi è quello che impone a ogni Stato di salvare, e far salvare, la vita che si trovi in pericolo in mare; esso prevale su ogni altra norma o accordo finalizzato al contrasto dell’immigrazione irregolare.
L’articolo 1 del decreto sicurezza bis non solo è una norma ingiusta e criminogena, ma creando anche aporie nell’ordinamento giuridico, è del tutto inemendabile e deve essere quindi eliminato.
Infatti la norma, per il caso in cui una nave straniera effettui un passaggio “non inoffensivo” nelle acque territoriali, attribuisce ex articolo 19 della convenzione UNCLOS, al ministro dell’Interno, di concerto con i ministri della difesa e quello delle infrastrutture e dei trasporti, la potestà di interdire il transito e la sosta alle navi straniere, se la loro navigazione possa essere pregiudizievole per il buon ordine, la pace dello stato, anche in relazione al carico di cose e persone presente a bordo.
L’articolo 19 Unclos, in altri termini, consente sì agli Stati di limitare l’ingresso degli stranieri all’interno dei propri confini e di qualificare il passaggio delle navi straniere che trasportano migranti irregolari quale passaggio non inoffensivo, ma tale potestà deve recedere di fronte all’obbligo di fornire soccorso alle navi in difficoltà e ai naufraghi che esse hanno tratto in salvo.
Secondo l’unica interpretazione costituzionalmente consentita, l’articolo 1 del Decreto non può, dunque, fondare il divieto di ingresso di una nave che chiede di poter sbarcare naufraghi soccorsi in mare, poichè tale situazione configura di per sè una delle ipotesi di passaggio inoffensivo, ai sensi dell’articolo 18 della stessa convenzione Unclos, mentre l’ ipotesi contemplata dall’articolo 19 lettera g, invocata dal decreto stesso, si riferisce ai soli casi di immigrazione illegale non connessi ad un’operazione di soccorso in mare.
In definitiva, quel bilanciamento tra opposti interessi alla difesa delle frontiere, espressione della sovranità dello Stato, e alla tutela della vita umana, è già risolto ovviamente in favore di quest’ultima, dalla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982. Lasciare che permanga nell’ordinamento una norma criminogena, non idonea a raggiungere il proprio scopo, produce confusione, aporie, minando il principio fondamentale del dovere di solidarietà umana.
sen. De Falco – Fattori – Nugnes
(da agenzie)
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Febbraio 10th, 2020 Riccardo Fucile
LA BONGIORNO HA CONSIGLIATO SALVINI: “PERICOLOSO VOTARE PER L’AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE, PER I GIUDICI POTREBBE ESSERE INTERPRETATA COME UN’AMMISSIONE DI COLPA”
Questa volta l’ha spuntata Giulia Bongiorno. È riuscita quantomeno a far ragionare Matteo
Salvini, raccontano nella Lega, convincendolo a non fare altri colpi di testa sul caso Gregoretti, dopo quello di venti giorni fa in giunta per le autorizzazioni.
L’avvocato e senatrice che allora aveva perso le staffe per le bizze del capo, sembra sia riuscita a far capire nelle ultime ore che un voto favorevole dei leghisti anche in aula per il processo per sequestro di persona chiesto dal Tribunale dei ministri di Catania – nella seduta decisiva di mercoledì a Palazzo Madama – equivarrebbe a un’ammissione di responsabilità o quasi.
E così, il segretario ha già comunicato il dietrofront al capogruppo Massimiliano Romeo: i loro 60 parlamentari lasceranno l’emiciclo (più improbabile l’astensione): ai colleghi di Pd, Italia Viva, M5S e Leu la responsabilità del disco verde al giudizio a carico dell’ex ministro dell’Interno.
Non usciranno subito, tuttavia, i leghisti. Ad apertura dei lavori, alle 9,30, spetterà a Erika Stefani il compito di riferire all’aula sull’esito del voto in giunta del 20 gennaio. Allora i senatori del gruppo avevano votato a favore, adeguandosi al diktat del capo che – in piena campagna elettorale in Emilia Romagna – voleva immolarsi mediaticamente da “vittima” della giustizia per la difesa dei confini nazionali.
Il giochetto poi non ha funzionato, quando sei giorni dopo si sono aperte le urne a Bologna e nel resto della regione.
Adesso “meglio non rischiare”, anche perchè – è stato il ragionamento dell’ex ministra Bongiorno al suo segretario – il voto favorevole anche della Lega, in aggiunta a quello già decisivo e sufficiente della maggioranza, finirebbe col vanificare o quasi l’intera strategia difensiva.
Insomma, l’impuntatura potrebbe costare caro quando dinanzi al Tribunale dei ministri si aprirà un processo dall’esito già imprevedibile. Il primo di una serie, per altro, stando alla sequenza di richieste che stanno piovendo dalle procure.
Nella discussione che mercoledì si aprirà subito dopo la relazione in aula, Matteo Salvini quasi certamente prenderà la parola, come ha fatto il 20 marzo dell’anno scorso in occasione del voto sul caso Diciotti. Allora, la richiesta di processo era stata respinta grazie ai senatori del M5S che lui subito ringraziò pubblicamente: “Le cose si fanno in due”. Questa volta si ritroverà da solo.
Gli alleati di Forza Italia e Fratelli d’Italia stanno preparando un ordine del giorno con cui si oppongono alla richiesta di processo, al fine di consentire un voto (non i leghisti perchè usciranno dall’aula, appunto). Diversamente, se non ci fosse alcuna proposta, non si voterebbe nemmeno: si darebbe per acquisito il pronunciamento della giunta per le autorizzazioni.
In ogni caso, il responso è scontato (si voterà a scrutinio palese fino alle 19), Salvini andrà a processo. Storia destinata a ripetersi: già il 27 la stessa giunta dovrà pronunciarsi sull’analogo caso Open Arms. Tanti divieti di sbarco, altrettanti processi che incombono. L’incubo che si sta facendo largo in casa leghista è quello di una serie di condanne che potrebbero far scattare la mannaia della Severino sul leader che sogna Palazzo Chigi. E che intanto dovrà indossare la felpa da imputato.
(da “NextQuotidiano”)
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