DAL PROCESSATEMI AL MI ASTENGO: IL GIORNO DEL GIUDIZIO PER SALVINI
LUNGA RIUNIONE: LA BONGIORNO TEME IL PROCESSO, I SUOI CERCANO DI DISSUADERLO, LUI SI ERGE A MARTIRE… LE HA PROVATE TUTTE PER SCAPPARE DAL PROCESSO, QUANDO HA VISTO CHE I NUMERI NON CI SONO, SI GIOCA LA CARTA DEL DIFENSORE DEI CONFINI DEL PIANEROTTOLO XENOFOBO
O astensione o non partecipazione al voto.
Salvini affronta un duro confronto con i colleghi di Palazzo Madama per decidere la linea. E’ appena tornato da Venezia quando alle quattro del pomeriggio varca l’ingresso dei gruppi parlamentari di Palazzo Madama.
Nonostante siano le ore che precedono il voto in Aula sul caso Gregoretti, il Capitano leghista cerca di spargere tranquillità in un ambiente scottato dal potenziale processo per sequestro di persona. I volti dei senatori sono scuri, preoccupati. I leghisti non se la sentono di mandare il loro leader alla sbarra. “Matteo, ripensaci. Commetti un errore”.
Eppure, a un certo punto della discussione l’ex ministro dell’Interno si ferma, guarda tutti negli occhi, e chiede espressamente di non opporsi all’autorizzazione a procedere. Molti contestano la decisione. Tra loro – la più autorevole – è l’avvocato, nonchè senatore, Giulia Bongiorno, la quale ribadisce per filo e per segno le parole che ha scolpito ieri al Corriere della Sera: “Matteo, i tempi potrebbero essere lunghi e c’è il problema di restare bloccati per anni, ostaggi del processo”.
E ancora: “L’idea che un uomo possa rimanere a processo non dovrebbe piacere a nessuno”.
L’avvocato del Divo Andreotti è lì perchè vuole provare a convincere il leader di via Bellerio. Il braccio di ferro si dilunga per ore. Salvini versus Bongiorno. Bongiorno versus Salvini. Non c’è verso, però. Davanti a questi ragionamenti di chi conosce la macchina giudiziaria, di chi ha affrontato centinaia di migliaia di processi, il Capitano leghista tiene ferma la barra. “Io voglio dimostrare ai miei figli di non essere un delinquente, ma di essere solo un cittadino che nella veste di ministro ha difeso i confini nazionali”.
Il clima è più o meno così. Con Salvini nella veste sfrontata del “processatemi”, e con i suoi che in qualche modo cercano di applicare una sorta di moral suasion.
Qualcuno addirittura evoca il voto in dissenso dal gruppo. E la mette così: “Matteo, io domani voto contro il processo”. In Lega, però, l’opposizione interna non esiste. “Noi siamo un partito serio”, fa sapere a tarda sera un pezzo da novanta del gruppo parlamentare. Tutti uniti e compatti. Non a caso, racconta uno dei presenti, finisce con un lungo applauso a “Matteo” la riunione leghista.
Ecco, a meno di un colpo di scena, il voto in Senato domattina sarà scontato. Per spuntarla servirebbe la maggioranza dei componenti di Palazzo Madama, vale a dire 160.
Che sia processo allora, con tutte le conseguenze del caso. Ad esempio, una condanna in primo grado farebbe scattare l’incandidabilità prevista dalla Legge Severino. Tradotto, se si riaprisse la partita delle urne Salvini non solo non si potrebbe candidare al Palazzo Chigi ma non sarebbe più in corsa per Palazzo Chigi. Per la felicità di alcuni detrattori interni alla coalizione, e, in particolare, della scalpitante Giorgia Meloni.
Detto questo ci troviamo davanti a un vero e proprio pasticcio. Perchè domani nell’emiciclo del Senato, Erika Stefani, senatrice leghista e relatrice sul voto in Giunta delle immunità dello scorso 20 gennaio, depositerà una relazione, ancora top secret, che riepilogherà quanto avvenuto nella fase precedente e che dovrà tenere insieme il sì al processo, così come chiesto da Salvini ai suoi, aprendo però a una possibilità di un voto in Aula.
Insomma, un’operazione cerchiobottista che serve più a mettere una pezza al disastro salviniano e alla propaganda delle scorse settimane.
A quel punto l’aula si esprimerà sull’autorizzazione a procedere perchè Fratelli d’Italia e Forza Italia depositeranno un ordine del giorno per negarla, “in coerenza – afferma l’azzurro Lucio Malan – con quanto da noi detto e fatto in Commissione”.
E i leghisti come si comporteranno? Va da sè che Salvini interverrà e farà un discorso rivolto all’esterno ergendosi a paladino della difesa dei confini nazionali e sottolineando di essere innocente.
Interverrà anche Giulia Bongiorno e sarà un’arringa da avvocato che ruoterà attorno al fatto che “il Parlamento ha abdicato al potere di legiferare in alcune materie sensibili e che per una sorta di pudore abbia rinunciato a tutelare la sua indipendenza”. Le Alla fine le truppe di Salvini o si asterranno o non parteciperanno al voto. Ovvero, manderanno processo il loro Capitano. Con un accusa pesantissima di sequestro di persona.
(da “Huffingtonpost”)
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