CINQUESTELLE, RESA DEI CONTI: GRILLO AFFRONTA I RIBELLI, GIA’ IN NOVE PRONTI A VOTARE LA FIDUCIA
IN BUS VERSO IL POSTO SEGRETATO
Primo deputato: «Ma che è, ci portano allo zoo comunale?».
Secondo deputato: «Bello, magari cantiamo pure “Dieci ragazze per noi, posson bastare”».
Senatore: «Ma ci andiamo bendati?».
Divertimento, ma anche sconcerto e ironia dolceamara per quella che si preannuncia come un’escursione a metà tra la scampagnata e la gita aziendale.
Stamattina un plotone di neoparlamentari a 5 Stelle si radunerà a piazzale Flaminio e salirà a bordo di un autobus (o forse più).
Direzione: ufficialmente ignota.
Nel senso che per evitare fughe di notizie, si è deciso di non rivelare a tutti il luogo dell’incontro con Beppe Grillo ma solo ad alcuni fidatissimi.
C’è chi dice i Castelli Romani, chi un hotel della periferia, chi L’Aquila.
Comunque sia, il grande capo, anzi il «facilitatore» (come si è definito), non vuole la stampa in giro.
Grillo (qualcuno prevede anche la presenza di Gianroberto Casaleggio) prenderà per primo la parola e, dopo il prevedibile monologo, porrà la fatidica domanda: «Qualcuno di voi non è d’accordo?».
Domanda non certo retorica, visto il clima di questi giorni.
Clima montato ad arte dalla stampa, lamentano molti parlamentari, infastiditi dalle voci di dissenso interno.
Eppure, dopo i timori iniziali, qualcuno comincia a prendere coraggio e a dire che così non va, che va bene la coerenza e il no al sistema dei partiti, ma tenere i voti in frigorifero alla lunga può congelarli per sempre.
Certo, la grande maggioranza rimane fedele alla linea e molti di quelli che vengono chiamati «dissidenti» sono in realtà parlamentari che non hanno intenzione di fare strappi.
Che però la fronda stia prendendo consistenza è noto anche ai vertici.
Tanto che è già partita la conta interna: sarebbero nove i parlamentari a rischio, pronti a votare la fiducia e a traslocare al gruppo misto.
Più ampia la fascia dei generici insoddisfatti dall’intransigenza, quota che oscilla tra i 30 e i 40 parlamentari, su 163.
Tra chi ha votato in dissenso sul no a Bersani c’erano i deputati Mimmo Pisano, Matteo Dall’Osso e Tommaso Currò. Al Senato Alessandra Bencini. Si sono astenuti i friuliani Walter Rizzetto e Aris Prodani.
Ma poi le posizioni minoritarie si sono allargate, sul caso Grasso e sulla questione della lista di candidati premier da presentare o meno (32 sì e 10 astenuti).
E così si sono aggiunte altre voci che chiedono più dialogo.
Tra gli altri Mara Mucci (che minaccia querele a chi la definisce «dissidente»), Giulia Sarti e Vittorio Ferraresi. Critici anche i senatori Giuseppe Vacciano, Francesco Campanella e Stefano Lucidi.
Tancredi Turco, giovane avvocato veneto, non si nasconde: «Ho votato sì alla lista dei nomi. Avevo proposto di creare un gruppo di lavoro, individuare le personalità e contattarle. Siamo ancora in tempo per farli questi nomi: metteremmo con le spalle al muro il Pd».
Alessandro Di Battista, invece, è entrato nell’assemblea convinto della necessità di fare dei nomi e ha cambiato idea: «Del resto il dubbio è rivoluzionario, no? Io credo che facciamo bene a dire di no, è anche un gesto di coraggio rifiutare posti di governo. Il dubbio però c’è: meglio un uovo oggi o una gallina domani?».
Currò è convinto della bontà dell’uovo subito.
Del resto, lo aveva già detto in assemblea, in un intervento applaudito da quattro o cinque deputati, nel gelo della sala.
Un solo collega si era alzato per stringergli la mano.
I senatori sono preoccupati e ieri il clima in Aula era tesissimo.
Qualcuno ha apostrofato in maniera poco civile cronisti accusati di eccesso di critica. Ma è anche la comunicazione interna, e tra loro il capo è Claudio Messora, ad essere sotto accusa: «Andiamo sui giornali solo per le presunte divisioni e non per quello che facciamo», dice un senatore.
Per mettere ordine, si è deciso di creare una squadra intermedia tra i senatori e l’ufficio di comunicazione: un gruppetto di quattro, Sara Paglini, Lello Ciampolillo, Nicola Morra e Monica Casaletto.
Ieri al Senato è stato anche il giorno delle nomine: sono stati eletti vicecapogruppo Elisa Bulgarelli e Luis Alberto Orellana, mentre il tesoriere è Sergio Puglia.
Sono stati presentati finalmente anche i primi progetti di legge: tre, depositati alla Camera da Roberta Lombardi, a cominciare da quello sull’abolizione dei rimborsi elettorali.
Al Senato, invece, si lavora per presentare una proposta sulla legge elettorale, che comprenda le indicazioni della vecchia campagna «Parlamento pulito».
Alessandro Trocino
(da “il Corriere della Sera”)
Leave a Reply