COME MAI L’OPA OSTILE DI UNICREDIT SU BANCO BPM HA TERREMOTATO I NEURONI LEGHISTI? IL MINISTRO DEL MEF GIORGETTI HA SUBITO ALZATO LE BARRICATE: L’OPA È STATA “COMUNICATA, MA NON CONCORDATA COL GOVERNO”, MINACCIANDO ADDIRITTURA LA GOLDEN POWER, COME SE UNICREDIT FOSSE DI PROPRIETÀ CINESE
ANCOR PIÙ IMBUFALITO È SALVINI: L’OPERAZIONE DI ORCEL AVVIENE DOPO L’ACCORDO BPM-MILLERI-CALTAGIRONE PER PRENDERSI MPS. COSI’ IL CARROCCIO CORRE IL RISCHIO DI PERDERE NON SOLO BPM, STORICAMENTE DI AREA LEGHISTA, MA ANCHE MPS, IL CUI PRESIDENTE NICOLA MAIONE È IN QUOTA LEGA
Con l’Offerta pubblica di scambio lanciata su Banco Bpm, il ceo di Unicredit Andrea Orcel conferma le sue funamboliche qualità di manager concentrato in acquisizioni e/o fusioni (dette M&A, cioè Mergers and Acquisitions).
Una decisione che Orcel ha preso una volta constatato che la scalata di Unicredit alla banca tedesca Commerzbank trova davanti pesanti ostacoli a causa dello stato di recessione della Germania, che ha costretto il premier Scholz a indire elezioni il prossimo febbraio, con alte probabilità che la prima poltrona del Bundestag sia occupata dal capo della Cdu, Friedrich Merz.
Messa in stand-by l’acquisizione tedesca, che ha davanti tempi lunghi e complessi poiché una fusione comporterà almeno 6 mila esuberi per Commerzbank, mentre licenziamenti e chiusura di fabbrica stanno azzoppando quello che una volta era il ‘’motore dell’Europa’’, da abilissimo pokerista, Orcel ha rilanciato su Bpm, con un’Ops che vale oltre 10 miliard
Essendo quella di Unicredit un’Offerta pubblica di scambio effettuata a prezzi di mercato con un debolissimo sopraprezzo, quella di Orcel è un’operazione tattica per farsi rispondere “no, grazie” dal cda di Bpm, guidata dal ceo Giuseppe Castagna. Ma Orcel sa benissimo che, dal momento del sicuro rifiuto, per regolamento, entra in ballo la “Passivity Rule”.
Per “regola della passività”, l’articolo 104 della Consob prevede che, in caso di Ops, “le società italiane quotate i cui titoli sono oggetto dell’offerta si astengono dal compiere atti od operazioni che possono contrastare il conseguimento degli obiettivi dell’offerta”. La “Passivity Rule” è superabile solo da un’eventuale autorizzazione dell’assemblea ordinaria o straordinaria in tal senso.
Orcel, davanti al rischio montante di fallire l’acquisizione di Commerzbank (che ha diminuito a mero “investimento” che “ha tempo per maturare”), ha subito reagito “bloccando” l’attivismo di Banco Bpm per costruire il Terzo Polo bancario, lanciando un’Operazione ostile. Così Castagna per mesi non potrà muoversi. Unicredit prevede infatti che l’esecuzione dell’offerta di scambio su Bpm “sarà completata entro giugno 2025”.
La mossa di Orcel su Bpm non poteva non far incazzare la Lega che dall’epoca della gestione di Massimo Ponzellini gode di una sorta di ‘’padrinaggio’’ sull’istituto milanese. E sulle agenzie il ministro del Mef Giorgetti, di solito taciturno, ha subito alzato le barricate dichiarando che l’operazione di UniCredit è stata “comunicata, ma non concordata col governo”.
L’irritazione leghista arriva al punto tale che il ministro varesotto di Cazzago Brabbia ha minacciato addirittura la Golden Power, come se Unicredit fosse di proprietà cinese o russa.
Ancor più imbufalito è Matteo Salvini, che arriva a disconoscere l’italianità di Unicredit: “A me le concentrazioni e i monopoli non piacciono mai, ero rimasto al fatto che Unicredit volesse crescere in Germania. Non so perché abbia cambiato idea. Unicredit ormai di italiano ha poco e niente: è una banca straniera, a me sta a cuore che realtà come Bpm e Mps che stanno collaborando, soggetti italiani che potrebbero creare il terzo polo italiano, non vengano messe in difficoltà”.
Gran finale: “Non vorrei che qualcuno volesse fermare l’accordo Bpm-Mps per fare un favore ad altri”.
Ecco il punto dolente: l’accordo Bpm-Mps (più Anima Sgr) in cordata con Milleri/Del Vecchio e Caltagirone, operazione caldeggiato dal governo Meloni, farebbe sì che diventerebbe il Terzo Polo bancario, dopo Intesa e Unicredit. Tanto nervosismo (eufemismo) da parte del Carroccio contro Unicredit nasce dal rischio di perdere non solo Bpm politicamente di area leghista ma anche Mps, il cui attuale presidente Nicola Maione è in quota Lega.
E la recente Opa di Castagna su Anima Sgr, il più grande gruppo indipendente del risparmio gestito in Italia che ha in Bpm e Mps i maggiori clienti, è stato poi seguita, su sollecitazione di Giorgetti, dall’Opa su Mps. (Chissà perché, pur essendo stata risanata e con ottimi bilanci, tutte le maggiori banche si tengono lontane da Siena?).
Operazione, partita da Roma, che Castagna non avrebbe gradito granché (d’altra parte ha sempre dichiarato lo “stand alone” di Bpm), anche perché l’operazione Mps lo vede in compagnia di due imprenditori, la Delfin/Del Vecchio guidata da Milleri e da Caltagirone (azionista di Mps e caro alla Fiamma Magica di Palazzo Chigi, vedi la Legge Capitali).
Si racconta che Lor Signori sarebbero entrati nella partita Mps-Anima su invito dei Fratellini d’Italia al fine di controbilanciare la Lega “bancaria” congegnata da Giorgetti. Anche perché, in uno scenario futuribile, una volta portata a termine la fusione Bpm-Mps, l’obiettivo sarebbe la conquista di Mediobanca che ha in pancia il 13% di Generali, da anni sogno infranto di Caltagirone.
Vero, falso, verosimile? Quello che è certo è che in Borsa ieri Banco Bpm ha guadagnato la vetta guadagnando il 5,48% (attestandosi a 7 euro per azione), mentre Unicredit è scivolata sul fondo, cedendo il 4,76% (a 36,27 euro per azione).
(da Dagoreport)
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