CONDANNA E PREGIUDIZIO: MA COPPI NON ESTRAE L’ANNUNCIATO “ASSO NELLA MANICA”
GLI AVVOCATI DI BERLUSCONI: “NON C’È REATO, SI ANNULLI LA SENTENZA D’APPELLO”…. OGGI POMERIGGIO IL VERDETTO DELLA CASSAZIONE
Aveva annunciato “l’asso nella manica” per far assolvere Silvio Berlusconi. Ma ieri il principe dei penalisti, il professor Franco Coppi, davanti alla Cassazione non l’ha tirato fuori.
Al di là della sua innegabile capacità oratoria, gli argomenti che ha illustrato per chiedere l’assoluzione e, in subordine, un appello bis, comunque salvifico, sono gli stessi che sono stati respinti dai giudici di merito a Milano: Berlusconi era fuori dalla gestione della sua azienda, le testimonianze pro Cavaliere sono state “travisate”.
“La sentenza d’appello è caratterizzata dal pregiudizio. Berlusconi dal 1994 si dedica interamente alla politica e non si occupa più di gestione societaria. Figuriamoci se metteva bocca nelle quote di ammortamento del 2002/2003 quando ormai da 10 anni aveva accantonato queste preoccupazioni, se mai si fosse occupato di cose del genere!”.
Prosegue con foga: “Non era il ‘dominus’ di nessuna catena truffaldina e mi rammarico che, invece, questa tesi sia stata condivisa anche dalla Procura generale della Cassazione”.
Prima di lui aveva parlato l’avvocato Niccolò Ghedini che, per la prima volta, non ha tenuto le conclusioni della difesa e quindi, ormai scavalcato da Coppi, non ha potuto chiedere l’assoluzione per Berlusconi al processo cruciale per il leader del Pdl: se oggi la Cassazione dovesse confermare la condanna, si avvicinerebbe la sua espulsione dal Parlamento.
Ghedini ha ammesso che per lui il processo Mediaset “è un incubo notturno. Sono 16 anni che difendo Berlusconi, sicuramente troppi, e sento dire che dobbiamo difenderci nel processo e non dal processo.
Ma come facciamo con un Tribunale che mi dice: ‘Concordate con il pm le domande per i testi?’”.
La conclusione di Coppi arriva alle 18.45, dopo un’ora e 30, con la sua doppia richiesta: assoluzione perchè il fatto non costituisce reato o appello bis per riqualificare il reato di frode fiscale con uno meno grave, “dichiarazione infedele”. Coppi sostiene che non c’è reato di frode fiscale perchè non ci sono state “operazioni inesistenti. I trasferimenti del denaro tra le varie società (del ‘giro dei dritti’, ndr) sono realmente avvenuti. Le società intermediarie erano davvero tali”.
Secondo l’accusa, riconosciuta provata dai giudici di merito “legittimamente”, come ha detto la procura generale della Cassazione, per creare fondi neri ed evadere il fisco, venivano gonfiati i costi dell’acquisto dei diritti tv. Il surplus di soldi tornava a Berlusconi attraverso una serie di off shore.
L’avvocato propone ai giudici anche un appello bis perchè sarebbe comunque una manna per Berlusconi: farebbe cadere in prescrizione la frode fiscale del 2002 e anche quella del 2003 avrebbe ottime probabilità di andare al macero.
Chiede la riqualificazione del reato, da frode fiscale a dichiarazione infedele, perchè non prevede l’interdizione dai pubblici uffici.
Anche Coppi, che pure stigmatizza “dichiarazioni scomposte” sul processo, cade nel clichè dei berluscones e parla di “pregiudizio” della Corte d’Appello, di “superficialità ” dei giudici che non hanno voluto acquisire i verbali dell’inchiesta Mediatrade per la quale Berlusconi è stato prosciolto in udienza preliminare per il filone milanese e in parte prescritto e in parte prosciolto per il filone romano.
Ma lo stesso difensore è costretto ad ammettere che, come ha ricordato il pg Antonello Mura, la Corte d’Appello non aveva alcun obbligo perchè non c’è un giudizio definitivo.
Il professore, inoltre, per dimostrare il “travisamento” delle testimonianze cita l’ex amministratore delegato di Mediaset Franco Tatò: ha affermato che con il Cavaliere “era difficile addirittura avere un contatto fisico, si poteva discutere per telefono solo di qualche strategia di carattere generale”.
Ma a proposito dei diritti tv Tatò ha detto che se ne occupava Carlo Bernasconi e “riferiva solo a Berlusconi”.
La prima parte dell’arringa l’ha tenuta Ghedini che tra una lusinga e l’altra al professor Coppi “spiegherà lui meglio di me”, ripete la tesi dell’accanimento dei giudici che hanno “negato testimoni decisivi” e aggiunge: “È stato un processo vissuto come se si dovesse prescrivere un giorno per l’altro.
Sarebbe meglio si potesse rinunciare preventivamente a questa prescrizione così da potersi difendere nel processo”.
Ma fu proprio la maggioranza berlusconiana ad approvare la legge ex Cirielli che fa scattare per la frode fiscale la prescrizione non più dopo 15 anni ma dopo 7 e mezzo.
Ce la farà la “strana coppia” Coppi-Ghedini a ottenere l’annullamento della condanna a 4 anni di pena e a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici?
Il verdetto è atteso tra il tardo pomeriggio e la serata di oggi. Camera di consiglio da mezzogiorno perchè, ha detto il presidente Antonio Esposito, tre giudici del collegio stamattina devono partecipare ad altre processi “con carattere di urgenza”.
Alla fine delle arringhe Mura non commenta. Parla, invece, il pg Gianfranco Ciani, a riprova che la richiesta della conferma sostanziale della pena è dell’Ufficio: “Nella requisitoria Mura non legittima la pena accessoria di 5 anni (chiede la riduzione a 3, ndr) e solo questo aspetto la procura generale ha censurato”.
Ammette che “tutti siamo sotto stressi” e non fa previsioni sulla sentenza: “Non faccio l’indovino”.
Antonella Mascali
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