CONTI PUBBLICI, ANCHE LETTA È IN CAMPAGNA ELETTORALE
PRONTO ALLA GUERRA COL PDL: NON UN EURO PER L’IVA… TUTTO ANDRà€ AL TAGLIO DELLE TASSE PER I DIPENDENTI COME VUOLE IL PREMIER
“Non faremo la fine del governo Monti”, dice un sottosegretario Pd.
Il professore della Bocconi si congedò un anno fa con una legge di Stabilità (la Finanziaria) prodotto di un’esperienza ormai conclusa, svuotata e riscritta dal Parlamento sotto lo sguardo rassegnato dei ministri.
Enrico Letta non vuole seguire la stessa traccia, anche se ci sono tutte le premesse per lo stesso finale, cioè un’approvazione con i voti del Pdl che però si stacca subito dopo uscendo dalla maggioranza e rinnegando i risultati ottenuti.
Letta lo dice a modo suo, con sforzo pop: “Il governo non è un punching ball”.
Poi un criptico riferimento a un dimenticato personaggio di Carosello: “Non ho scritto Joe Condor in testa. Giocheremo all’attacco”.
Traduzione: il Pdl può scordarsi che il governo faccia come con l’Imu, cioè faccia di tutto per dare l’illusione che Silvio Berlusconi abbia rispettato le sue promesse elettorali.
Nelle conversazioni ufficiose i membri del governo in quota Pd sono bellicosi: “Non ci faremo dettare più la linea, se il Pdl esce dalla maggioranza prima del voto di fiducia sulla legge di Stabilità è pure meglio”, dicono.
Analoghe dichiarazioni d’intenti circolavano al Tesoro — soprattutto dalle parti di Pier Paolo Baretta, Pd — all’indomani della sentenza di condanna per Berlusconi.
Poi, grazie anche al Quirinale che voleva la prosecuzione del governo, Letta e Angelino Alfano hanno annunciato l’abolizione dell’Imu sulla prima casa (anche se i soldi sono ancora da trovare, mancano almeno 2,4 miliardi di euro).
La differenza è che adesso si fa sul serio, ora comincia la sessione di bilancio che probabilmente sarà la prima e ultima per questo esecutivo.
E il Pd ha lo stesso obiettivo dei berlusconiani: usare la legge di Stabilità come traino verso le elezioni.
Il Pdl, tramite Renato Brunetta, vuole ottenere il rinvio dell’aumento dell’Iva dal 21 al 22 per cento previsto per ottobre e confermare l’abolizione dell’Imu sulla prima casa.
Letta ha deciso che questa legge di Stabilità dovrà essere ricordata per un drastico intervento sul cuneo fiscale.
Che, tradotto in italiano, significa un aumento in busta paga per i lavoratori dipendenti grazie a un taglio delle tasse oggi pagate (e trattenute dal datore di lavoro).
“Il miliardo per rinviare l’aumento Iva? I soldi Letta non li troverà mai perchè gli servono per il cuneo fiscale”, dice un membro del governo vicino al premier.
Gli altri segnali all’elettorato del Pd sono evidenti: dal decreto sulla scuola presentato dal ministro (Pd) Maria Chiara Carrozza al piano “destinazione Italia” annunciato ieri per attrarre investimenti stranieri, che vuole essere un segnale al mondo delle imprese e alla finanza.
Letta si è anche detto a favore delle richieste congiunte di Confindustria e sindacati, nonostante il ministro del Tesoro Fabrizio Saccomanni abbia fatto notare che sono costose.
Ma le campagne elettorali, come le rivoluzioni, non sono pranzi di gala.
Per ora Letta si limita a evocare la minaccia delle sue dimissioni (ma è dal primo giorno che dice “non governo a ogni costo”) e a Berlusconi dice che “In Italia siamo in uno Stato di diritto, non ci sono persecuzioni, in Italia rispettiamo l’autonomia della giustizia”.
Ma la partita vera comincia stasera, con il Consiglio dei ministri che approverà la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, cioè il quadro di conti pubblici su cui si imposta la legge di Stabilità .
Dopo giorni di simulazioni, revisioni, alchimie contabili più o meno lecite, il risultato è questo: una stima (generosa) del Pil 2013 a -1,7 per cento e un deficit “a legislazione vigente” superiore di poco al tetto massimo, 3,1 per cento.
Quello vero sarebbe 3,4 ma i tecnici del Tesoro sanno come addomesticare i numeri. Per tornare sotto il 3 per cento, come abbiamo promesso alla Commissione europea, nel documento sarà indicata la necessità di un intervento.
Ma non chiamatela manovra, per carità .
Nessun decreto d’emergenza, tutto finisce nella legge di Stabilità da definire entro il 15 ottobre, in tempo per mandarla a Bruxelles.
E se a Berlusconi non piace, pazienza. Letta (e il Quirinale) potranno trovare facilmente un po’ di parlamentari responsabili disposti a votarla per evitare l’esercizio provvisorio.
Magari con la garanzia che un minuto dopo la fiducia Letta lascerà .
Stefano Feltri
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