COTA CONCORDIA
GLI ARCITALIANI DI UN PARTITO MIRACOLATO: CAMPANO GRAZIE AI BENI ACCUMULATI
Ha ragione il giovane segretario leghista Matteo Salvini, «non si vince con i giudici».
Ma non si dovrebbe vincere neanche con la frode; e lamentare l’onnipresenza della magistratura, in Italia, ha un senso solo se si ragiona anche sull’onnipresenza dell’illegalità , tanto per ristabilire il nesso tra causa ed effetto.
Quanto alla politica: la Lega, che è un partito ridotto ai minimi termini, deve le sue tre presidenze di Regione (salvo, forse, il Veneto) alla sua fedeltà a “Silvio”, e a nient’altro.
Dipendesse solo dal proprio peso elettorale il Carroccio, nella famosa Padania, potrebbe governare al massimo qualche comunello di crinale o di fondovalle, non una sola città grande o media, non una sola delle tre regioni.
Dal punto di vista delle poltrone è un partito miracolato, con un ruolo di potere talmente sproporzionato rispetto ai voti raccolti da ricordare i saragattiani di una volta, o i mastelliani di poco fa, sempre seduti al tavolo del potere grazie a pura furbizia tattica.
Furbi, dunque arcitaliani, i leghisti possono solo ringraziare il cielo per il clamoroso gruzzolo che resta in loro dotazione anche dopo la caduta dell’amico Silvio.
Dal punto di vista politico sono i classici redditieri: campano grazie a beni accumulati sotto l’ancien règime.
Michele Serra
(da “La Repubblica”)
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