RIMPASTO DI GOVERNO: A RISCHIO L’INTERA FILIERA ECONOMICA, DA SACCOMANNI A GIOVANNINI E ZANONATO
MINISTRI IN BALLO, DEL RIO CONFERMA… A RISCHIO LA DE GIROLAMO
Dopo tante allusioni e ammissioni a mezza bocca, alla fine arriva la prima ammissione da parte del governo che la squadra dell’esecutivo di Enrico Letta potrà subire qualche cambiamento.
Parole che arrivano significativamente dall’unico ministro di stretta osservanza renziana, Graziano Delrio: “Il tema del rimpasto verrà affrontato se vi sarà un’agenda nuova”, ha candidamente dichiarato ai microfoni di Skytg
L’aspetto che preoccupa non poco Palazzo Chigi è che i principali indiziati a cedere il passo sono i componenti dell’intera filiera economica del governo delle piccole intese. Sono, per motivi diversi, Fabrizio Saccomanni, Enrico Giovannini e Flavio Zanonato a rischiare il posto, titolari rispettivamente dei dicasteri dell’Economia, del Lavoro e dello Sviluppo economico.
È lo stesso Matteo Renzi a far presente che il giudizio su via XX settembre non è positivo. “Il problema non è Saccomanni, il problema è la forma mentis burocratica – ha spiegato al Corriere della sera – È la politica che non decide e non agisce”.
Parole che arrivano qualche giorno dopo che Dario Nardella, che del sindaco di Firenze è stato il vice, aveva tagliato il problema con l’accetta: “Al Mef serve un politico”.
Salvo poi fare mezza marcia indietro, ma dando il polso di quale sia il parere dell’inner circle del segretario sul lavoro dell’ex alto funzionario di Bankitalia.
E, incalzato da Maria Latella, Delrio non ha escluso una staffetta in quel riuolo chiave con Mario Monti, leader di quella Scelta civica che dopo la scissione con l’ala popolare di Mario Mauro si sente sotto rappresentata.
“Non lo so – ha spiegato il ministro – ma di certo la competenza e la professionalità di Monti non si discutono”.
Saccomanni, pressato dalla sua maggioranza oltre che dalle dure critiche di Forza Italia e M5s, è stato costretto a difendersi: “Non ho mai preso in considerazione le dimissioni. In nessun momento – ha spiegato al Messaggero – Il che non significa che apprezzi il tiro al bersaglio di cui ogni tanto vengo fatto segno. Lo trovo unfair. Ma dimettermi mai. Sarebbe una sconfitta per tutti”.
Non esattamente quel che si pensa in casa democratica.
Che non prenderà bene il tentativo del superministro di scaricare le responsabilità del caos sull’Imu sulla maggioranza: “Perchè prendersela con il ministero dell’Economia, quando è chiaro a tutti che in questo pasticcio siamo finiti per l’incapacità della politica di trovare un accordo?”.
Anche Enrico Giovannini non ha risparmiato qualche puntura di spillo ai partiti. Puntando in particolare sul jobs act di Renzi, tra i primi a parlarne il giorno dopo la presentazione della bozza. “La proposta del segretario sulla natura dei contratti e le tutele ad essi collegati non è nuova, ma va dettagliata meglio. C’è poi da dire che molte delle proposte presentate in questa lista prevedono investimenti consistenti”.
L’ex presidente dell’Istat difende quanto fatto dal suo ministero. Ma sa che la sua è una delle posizioni che più traballano.
Sia per la natura tecnica del suo incarico e la mancanza di una vera copertura politica, sia per la poca incisività della sua azione (vedi il mezzo flop del tanto sbandierato taglio al cuneo fiscale).
Debolissima la posizione del titolare dello Sviluppo economico. “Quel ministero ai tempi di Bersani era uno di quelli che contavano – il ragionamento di tanti deputati dem, renziani e non – oggi chi saprebbe indicare una delle cose fatte dall’ex sindaco di Padova?”.
Alle voci critiche che lo additano come un grigio funzionario e poco più, si aggiunga che la parabola politica del suo principale sponsor, proprio quel Bersani che fu suo predecessore, non è di certo agli apici.
Una combinazione di fattori che lo rende tra i principali sacrificabili in caso di rimpasto.
C’è poi il caso di Nunzia De Girolamo, coinvolta (anche se per ora in maniera marginale) in un’inchiesta su appalti e commesse nella sanità beneventana.
Il M5s è a un passo dalla mozione di sfiducia, e l’interessata si è detta poco fa pronta a chiarire in Parlamento.
Ma il segretario del Pd non è di certo tenero nei confronti di Angelino Alfano e, numeri parlamentari alla mano, considera troppi cinque ministri del Nuovo Centrodestra.
Lo stesso vicepremier potrebbe fare buon viso a cattivo gioco, e sacrificare la De Girolamo (ieri circolava il nome di Bruno Tabacci per sostituirla).
Dopotutto, si ragiona nel Ncd, se dobbiamo rinunciare a qualcosa meglio l’Agricoltura che altro.
Insomma, una bella gatta da pelare per Letta.
Nulla si muoverà prima della stipula del patto di coalizione prevista entra la fine del mese.
Ma la pentola dei malumori bolle, e non è escluso che possa esplodere prima.
(da “Huffingtonpost“)
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