DA LIBERALE VI DICO: LO STATO SOCIALE NON VA RIDOTTO, MA RICONCEPITO
NON SIAMO TUTTI UGUALI, MA GLI ULTIMI NON VANNO LASCIATI INDIETRO… IL PROBLEMA NON E’ LA PROVENIENZA DELLE PERSONE, MA LA CHIUSURA MENTALE E L’OTTUSITA’ DI CHI RIFIUTA IL CONFRONTO
“Prima gli Italiani”! Confesso che non la sopporto proprio piu’ questa frase. La trovo falsa, ipocrita ed offensiva, della nostra storia, delle nostre tradizioni, della nostra dimensione culturale e della nostra stessa civilta’, occidentale e “cattolica”.
E l’indolenza arriva oltre, per involgere una sempre piu’ pregnante ritrosia nei confronti degli astrusi assertori “dell’anti-stato sociale” ad ogni costo.
Il mondo liberale ha sempre sostenuto che l’idea dell’omologazione tra gli uomini – topica connotazione del comunismo – sia una contraddizione in termini, perche’ non siamo tutti uguali: non lo saremo mai.
In questa idea, in questo “sacrosanto” principio umanistico, ho sempre creduto e sin da quando ero un ragazzino ed andavo ad aiutare mia madre nel suo lavoro (gia’, perche’ soltanto col lavoro di mio padre, la nostra famiglia “non ce l’avrebbe mai fatta ad arrivare nemmeno al “20 del mese”).
E’ stato “un faro” illuminante ed illuminato quel principio, e lo sara’ sempre.
Cio’ non di meno non ho mai indossato i paraocchi e non ho mai voluto involgere – o comunque cedere – ad una “assolutistica visione”: tutti, se vogliamo, possiamo provare a superare i nostri limiti.
Tutti possiamo darci da fare per diventare ed essere i migliori.
Ma in quella “possibilita’” – che e’ sinonimo di liberta’ (perche’ nella vita si puo’ provare ad essere i migliori ma ci si puo’ anche accontentare) – ho sempre considerato la “variabile”, quella rappresentata da chi cerca semplicemente “la stabilita’” – da un lato – e quella di chi, invece, per cause non imputabili ad una scelta volontaria, proprio non puo’ farcela e necessita d’aiuto, dall’altro (e alludo agli invalidi civili, alle persone che non sono riuscite a trovare un lavoro; a quelle che “c’hanno provato” ma non ci sono riuscite; a chi, un lavoro ce l’aveva, ma l’ha perduto).
Anche nella piu’ sofisticata versione dello Stato Liberale, “gli ultimi” non possono essere lasciati indietro e non potranno mai essere abbandonati a loro stessi: diversamente argomentando si svilurebbe l’idea stessa di Stato, di societa’ e la nostra stessa “identita’” storico-culturale.
Ed il principio vale per tutti, Italiani o stranieri che siano.
Il vero problema, insomma, non e’ quello di ridurlo “in generale” – astrattamente – lo Stato sociale, ma di saperlo (ri)concepire, perche’ “una cosa” e’ sostenere chi, per ragioni oggettive, non puo’ provvedere – “anche a vita” – da solo, a se’ stesso; altra ipotesi ben diversa, invece, e’ quella di sostenere chi si trova, per altre ragioni, nella transuente impossibilita’ di essere economicamente autosufficiente.
Anche a “questi ultimi”, non si possono voltare le spalle. Non li si puo’ abbandonare al “proprio destino”: la solidarieta’ va assolutamente data!
Ma deve diventare cosa ben diversa dal bieco assistenzialismo schiavizzante.
Non e’ “giusto” rinnegare “gli ammortizzatori sociali”, ma non e’ nemmeno corretto lasciare le persone “a casa” facendole vivere in un clima di inedia, di abbandono e di alienazione.
Affermare, e prevedere – normativamente – che, in siffatti casi, il soggetto “sostenuto” dovra’, per l’intera durata del “trattamento solidale”, rendersi disponibile, e fattivamente impegnarsi – ed inserirsi – in attivita’ “socialmente utili” (da svolgere presso Uffici e/o strutture dello Stato, delle Regioni, dei Comuni o degli altri “enti” o stritture dedite a pubblici scopi), creerebbe un giusto equilibrio e riscriverebbe le ragioni e le stesse dinamiche “pro-sociali”.
Lo so che il concetto non e’ un novum. Lo diventerebbe la sua affermazione empirica, pero’, e sia riguardo agli Italiani che rispetto agli stranieri.
Davvero sarebbe cosi’ assurdo coinvolgere gli stranieri ospiti nei centri d’accoglienza in attivita’ “socialmente utili” per l’intera durata del periodo di ospitalita’?
Io credo proprio di no, sinceramente.
La sinistra ci vorrebbe tutti “sostanzialmente schiavi”, imbelli ed alienati, perche’ “il bisogno” reieterato e continuato crea “dipendenza”, e la dipendenza crea le clientele, affaristiche ed elettorali.
Noi siamo di destra, pero’. Una destra che conosce benissimo l’origine, la storia e lo sviluppo della nostra civilita’ e della nostra identita’.
Non abbiamo timore di “tendere la mano” a chi ha bisogno e non abbiamo timore del confronto: chi sa esattamente “chi e'”, da dove viene e dove sta andando, non ha mai paura dell’interazione con altre realta’, culturali e socio-politiche, e non crea paletti o innalza false e strumentali barriere: vive e basta, perche’ un autentico e consapevole uomo del nostro tempo, soltanto una forma di “prevenzione” conosce, ed e’ l’ottusita’! Il vero “problema”, infatti, non e’ dato dalla provenienza delle persone, dal colore della loro pelle, dal loro credo e dalle rispettive “tendenze”.
Il problema reale consiste nella chiusura mentale, per inefficienza congenita o per impossibilita’ “voluta”.
L’ottusita’ e’ quasi impossibile da vincere. Le ragioni della serieta’ e della modernita’, invece, non hanno limiti: basta soltanto volerle per davvero.
Insomma, radical chic e “no global”, rassegnatevi: “siete circondati”, da quel popolo che non ha paura della storia e del confronto, e da quella destra che, anche sotto quelle ceneri a cui l’ha “momentaneamente costretta” una classe politica inadeguata, non si e’ mai spenta e che “arde, arde, arde…”
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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