DEUTSCHE BANK INDAGATA DALLA PROCURA DI TRANI PER MANIPOLAZIONE DEL MERCATO
NEL MIRINO LA MASSICCIA CESSIONE DI BOND ITALIANI NEL 2011
La Deutsche Bank di Francoforte sul Meno è indagata per manipolazione di mercato dalla procura di Trani assieme all’ex management del gruppo.
La vicenda riguarda le massicce operazioni, per 7 miliardi di euro di valore, effettuate sui titoli di Stato italiani tra il gennaio e il giugno del 2011.
Allora, si ricorderà , si avvitò la crisi del debito sovrano che avrebbe portato di lì a poco alla lettera della Bce siglata da Trichet e Draghi, che di fatto segnò la fine del governo Tremonti-Berlusconi e l’avvento dei “professori” di Mario Monti.
Nei giorni scorsi – si apprende oggi a quanto riporta l’Ansa – militari della Guardia di Finanza di Bari, assieme al pm Michele Ruggiero, hanno compiuto sequestri di atti e mail nella sede milanese dell’istituto tedesco, in piazza del Calendario, e avrebbero ascoltato testimoni. Nell’ambito dell’indagine della procura di Trani, gli indagati per per manipolazione di mercato risultano cinque.
Si tratta dell’ex presidente di Deutsche Bank Josef Ackermann, degli ex co-amministratori delegati Anshuman Jain e Jurgen Fitschen (quest’ultimo è attualmente co-amministratore delegato uscente della Banca), dell’ex capo dell’ufficio rischi Hugo Banziger, e di Stefan Krause, ex direttore finanziario ed ex membro del board di Db.
Alla pubblicazione del bilancio dei primi sei mesi del 2011 dell’istituto tedesco, gran parte dell’attenzione internazionale si concentrò sulla mossa di DB di ridurre drasticamente l’esposizione sui titoli di Stato Italiani.
La notizia emerse dunque nel pieno della calda estate dello spread, quando il differenziale di rendimento tra Btp e Bund visse quella fiammata culminata ben oltre i 500 punti base (oggi siamo intorno a 130 punti).
Un movimento violentissimo dei mercati che portò molti a temere per le sorti delle Finanze del Paese, alle quali si accostava sempre più l’esempio della Grecia. Alla fine del luglio 2011, la mossa di DB sembrò una sentenza tedesca contro l’Italia, tanto che vi dedicarono ampio spazio i giornali finanziari più importanti, a cominciare dal Financial Times. Alla Camera, la notizia è stata accolta da Renato Brunetta con la richiesta di aprire una commissione d’inchiesta su quanto accadde in quel periodo.
La tabella estratta dal bilancio di Deutsche Bank del periodo gennaio-giugno 2011 fece sobbalzare alcuni nelle sale operative. Mostra infatti che l’esposizione netta verso il rischio sovrano dell’Italia era scesa a 996 milioni nel corso del primo semestre di quell’anno, contro gli oltre 8 miliardi della fine del 2011 .
Non fu una discesa che passò inosservata, proprio per i livelli di tensione di allora: basti pensare che le banche indicavano in appositi specchietti nei loro conti periodici l’indicazione dell’esposizione verso i cosiddetti Piigs (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna). D’altra parte, in quel periodo la cessione di titoli rischiosi come quelli dell’Europa “periferica”, o la gestione dell’esposizione a quel rischio attraverso l’accensione di derivati di copertura, era all’ordine del giorno.
Gli stress test europei sull’anno 2010 mostrarono tagli importanti sul portafoglio di titoli di Stato italiani da parte di Santander, BBVA, Crèdit Agricole, Hsbc, Intesa Sanpaolo e Sociètè Gènèrale.
L’andamento dello spread – il differenziale tra il rendimento di Btp decennali e omologhi Bund tedeschi – dall’inizio del 2011 a oggi. E’ diventato il termometro della crisi del debito, soprattutto nell’estate e nell’autunno di quell’anno, quando toccò i massimi storici in area 550 punti base. Oggi siamo a 130 punti.
Nel caso in questione, l’ex management di DB è accusato di manipolazione del mercato perchè, mentre comunicava ai mercati finanziari la sostenibilità del debito sovrano dell’Italia, nascondeva agli stessi mercati e al Ministero dell’Economia italiano (Mef) la reale intenzione di ridurre drasticamente e nel brevissimo termine (nel primo semestre 2011) il possesso di titoli del debito italiano in portafoglio che a fine 2010 ammontava a otto miliardi di euro.
La vendita massiccia dei titoli di Stato italiani per oltre sette miliardi di euro entro giugno 2011 – secondo il pm di Trani Michele Ruggiero – ha alterato il valore di mercato dei titoli stessi perchè è stata fatta violando la normativa in vigore.
La stessa procura ha mosso accuse anche contro le agenzie di rating – per i giudizi sull’Italia – e si è mossa sul tema dei derivati dello Stato.
Ma le reali intenzioni – a giudizio della procura – portarono alla massiccia vendita di titoli di Stato italiani ‘over the counter’ – cioè quello non pubblico e regolato dalle autorità ma basato sull’accordo tra due parti – senza che fosse divulgata al mercato finanziario regolamentato e giustificata “falsamente” a posteriori (nell’informativa periodica del giugno 2011) con la necessità di ridurre la sovraesposizione del gruppo al rischio sovrano dell’Italia, a seguito dell’acquisizione di Postebank di fine 2010.
Nello stesso periodo, Deutsche Bank acquistò circa 1,4 miliardi di Credit Default Swap (Cds) di copertura sull’esposizione al rischio Italia: sono contratti di assicurazione contro il rischio di fallimento di un prodotto finanziario sottostante, in questo caso il debito italiano.
Questi acquisti – secondo l’accusa – non furono comunicati dal gruppo bancario nè ai mercati finanziari, nè al Tesoro.
Quindi, è il ragionamento accusatorio, Deutsche Bank autorizzando la vendita dei titoli di Stato italiani, acquistando contestualmente Cds e comunicando allo stesso tempo ai mercati finanziari la sostenibilità del debito pubblico italiano, ha compiuto condotte manipolative del mercato di tipo informativo-operativo.
Queste manovre sono ritenute idonee ad alterare la regolare formazione del prezzo di mercato dei titoli di Stato italiani sia nel primo semestre 2011 (quando il mercato ignorava le dismissioni di titoli) sia successivamente alla pubblicazione periodica del giugno 2011.
In quest’ultima occasione il mercato e gli operatori – sostiene il pm Ruggiero – seppero della massiccia e repentina riduzione dell’esposizione della Banca al rischio Italia interpretandola come un “chiaro segnale di sfiducia del gruppo nei confronti della tenuta del debito sovrano italiano”.
(da “La Repubblica”)
Leave a Reply