DEVO APPLICARE LA LEGGE
QUANDO UNA DECISIONE GIUDIZIARIA PROVOCA SCONQUASSI EMOTIVI
Devo applicare la legge, dice la magistrata di Padova che ha ripercorso all’indietro, fino al 2017, tutti gli atti di nascita di figli di coppie omogenitoriali trascritti dal sindaco, allo scopo di cancellare il nome della «seconda mamma», quella non biologica.
Non è questo il giorno per sviscerare un tema complicato e controverso come la gestazione per altri.
Vorrei concentrarmi solo su quei trentatré bambini che già esistono e che non si possono rimuovere per decreto.
Sono un italiano medio, cresciuto con i personaggi in chiaroscuro di Sordi e Gassman, per i quali la legge stava dentro e non sopra la vita, e la vita non era mai spaccabile perfettamente a metà come la mela di Biancaneve: di qua il bene, di là il male.
Sono anche un orfano precoce e so che cosa significhi ritrovarsi già da piccoli in una famiglia sconvolta, costretti a reggere il contraccolpo di un cambiamento indesiderato e improvviso.
La città di Padova, che immagino composta in maggioranza da italiani come Sordi e Gassman, farà di tutto per limitare gli sconquassi emotivi della decisione giudiziaria e la «seconda mamma» continuerà ad andare a prendere sua figlia all’asilo senza che nessuno sia così fiscale da chiederle la delega firmata dalla mamma «titolare».
Però chi vuol bene a quei bimbi dovrà comunque tenere a bada nuove ansie di cui proprio non si sentiva il bisogno. Mi chiedo sommessamente se, in casi come questo, un eccellente modo di applicare la legge non consista nel dimenticarsi di farlo.
(da Il Corriere della Sera)
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