DIETRO IL SILURAMENTO DI ALESSANDRO BARBANO DALLA DIREZIONE DEL “MESSAGGERO” C’È IL RIFIUTO DI FARE UN’INTERVISTA IN FORMA SCRITTA E TELEGUIDATA A GIORGIA MELONI
IERI AL VEGLIARDO CALTAGIRONE, GIÀ INDISPETTITO PER LA NUOVA LINEA DEL QUOTIDIANO, SI SONO INFIAMMATI GLI OTOLITI QUANDO HA LETTO IL FONDO SUPER-EUROPEISTA (E ANTI-MELONIANO) IN PRIMA PAGINA… I POTERI FORTI AL SERVIZIO DELLA MELONI
La trattativa per intervistare la presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla vigilia delle elezioni europee andava avanti da giorni. Ma qualcosa si era bloccato: la premier, come fa solitamente con tutti i media, aveva chiesto di poterla fare scritta e non a voce. La testata avrebbe dovuto mandare le domande in forma scritta allo staff della presidente del Consiglio e lei avrebbe risposto in maniera altrettanto scritta . Una cattiva abitudine per evitare la “seconda domanda”, cioè il contraddittorio.
Ma a quella richiesta il direttore del Messaggero, Alessandro Barbano, che si era insediato solo 28 giorni fa, non si è piegato. Nelle ultime settimane aveva chiesto ai giornalisti di evitare interviste scritte. Ma la posizione del direttore non è piaciuta a Palazzo Chigi: nelle ultime ore ci sarebbe stato uno scontro direttamente con l’entourage di Meloni che pretendeva la forma scritta.
Lo scontro è stato provocato anche dall’editoriale che Barbano ha scritto ieri non proprio morbido con la premier spiegando che l’Europa non si cambia con il “populismo” e che Conservatori e Socialisti devono “collaborare”. Il contrario di quello che dice Meloni, molto irritata.
E ieri pomeriggio, alle 18, dopo un colloquio con l’editore Francesco Gaetano Caltagirone, è arrivata la notizia: Barbano è stato licenziato e da oggi al suo posto si insedierà Guido Boffo, attuale vicedirettore, con il ritorno di Massimo Martinelli come direttore editoriale e Barbara Jerkov come vicedirettrice.
Il clima tra l’editore-costruttore e il direttore non era buono da giorni: a Caltagirone non piaceva il giornale fatto poco di politica e cronaca e meno appiattito sul governo ma più su singoli temi e interpretazioni, a partire dallo spazio dedicato alla giustizia, tema molto caro a Barbano. Ma la rottura con l’editore sarebbe arrivata proprio dopo lo scontro con la Presidenza del Consiglio per la (mancata) intervista a Meloni, anticipata ieri da Dagospia. Palazzo Chigi però smentisce di avere qualsiasi ruolo nel licenziamento di Barbano: “Non ne sappiamo niente e non eravamo in trattativa per interviste”.
Eppure anche l’addio di Barbano porterebbe a questa ipotesi. Il direttore, dopo aver incontrato Caltagirone nel suo ufficio in piazza Barberini, ha comunicato la sua rimozione durante la riunione di redazione delle 18. Un discorso molto accorato, in cui Barbano ha fatto capire di essere stato allontanato per ragioni politiche: “Se accettiamo che il Paese vada in questo modo vuole dire che abbiamo smesso di lottare”.
Di fronte alle ipotesi di sciopero Barbano ha aggiunto: “Non serve a niente, tutto si dimostra col lavoro di ogni giorno”. I motivi ufficiali, ha spiegato il direttore secondo il sito Professione Reporter, sono di aver assunto dei collaboratori senza “formalizzare gli incarichi con la proprietà” e “di far parte di alcuni Cda”. Ma sarebbero delle scuse, a sentire Barbano: “In realtà i collaboratori erano stati scelti prima del mio arrivo e la partecipazione non è in alcuni Cda, ma in Comitati di indirizzo come al San Carlo di Napoli”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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