ECCO PERCHE’ SE LA GRECIA FALLISCE E’ ANCHE UN TUO PROBLEMA
UNA GUIDA PER CAPIRE LA CRISI
Da molte settimane si parla di “giornate decisive” per la crisi greca.
Ma “decisive” per cosa? La Grecia sta fallendo? Di che cosa stanno discutendo Atene e l’Europa? Perchè la questione interessa anche gli altri Paesi?
La Grecia non ha più soldi ed è fortemente indebitata con l’Europa e il Fondo Monetario Internazionale.
Il governo di Tsipras ha detto di non volere accettare nuove misure di austerità in cambio di finanziamenti. Ma senza queste risorse il Paese rischia il fallimento.
La trattativa riguarda la possibilità di ricevere fondi senza dovere applicare alcune di queste misure, come aumenti di tasse e tagli delle pensioni. Questo accordo va trovato entro il 30 giugno
SOLDI IN CAMBIO DI RIFORME
La trattativa riguarda la possibilità di incassare 7,2 miliardi di euro.
Chi paga?
La famosa Troika: Bce, Fondo Monetario e Commissione Europea. Oggi ribattezzata Brussels Group
Sono tanti, sono pochi?
Sono pochi. Oltre alle spese ordinarie che il paese affronta ogni mese, e a cui riesce appena a fare fronte con gli incassi che arrivano dal gettito fiscale e da altre entrate, Atene deve pagare 1,6 miliardi al Fondo Monetario a giugno e 6,7 miliardi a luglio e Agosto alla Bce. Le risorse, senza un nuovo accordo, non servirebbero nemmeno a ripagare questi debiti. Anche per questo in molti hanno ipotizzato già la necessità di mettere a punto un nuovo piano di salvataggio.
La Grecia ha bisogno di soldi dalla Troika per ripagare la Troika?
Per certi versi, sì. Ue, Bce e Fmi non si comportano diversamente da un normale creditore, che pur di non perdere il proprio credito è disposto a concedere un nuovo prestito in cambio di un rimborso immediato di quanto dovuto.
Nella speranza che le condizioni future del Paese permettano alla Grecia di saldare i propri debiti.
In realtà l’eventuale esborso da 7,2 miliardi alla fine del mese, e le relative misure di contenimento della spesa, dovrebbero consentire alla Grecia — almeno nelle intenzioni — di avere un po’ di respiro, rianimando così — questa è la speranza di Atene — l’economia ellenica.
LE TAPPE
Il 30 giugno è l’ultimo giorno utile per pagare una rata da 1,5 miliardi al Fondo Monetario Internazionale che già include tutti i mancati pagamenti del mese.
Non pagare significa per Atene mettersi in una situazione quasi inedita nei confronti della comunità finanziaria internazionale, dichiarando di fatto di non essere un creditore affidabile.
Inoltre il 30 giugno è anche l’ultimo giorno utile stabilito nell’accordo sottoscritto a febbraio per trovare un’intesa sulle riforme da adottare in cambio dei finanziamenti necessari per Atene.
Che cosa succede il 1 luglio?
Non esiste una risposta da manuale perchè tutti in questo momento hanno l’interesse di evitare che non si raggiunga un accordo. Bisogna quindi separare le diverse questioni. Da una parte le conseguenze per la Grecia, dall’altra quelle per gli altri Paesi.
Cosa succede il primo luglio per la Grecia
A meno di nuove proroghe, con il mancato pagamento al Fmi la Grecia interromperebbe il proprio rapporto con i creditori.
Il Fondo Monetario Internazionale darebbe il via ad un iter che porterebbe a dichiarare il Paese ufficialmente in default, cioè fallito.
In termini concreti non ci sarebbero cambiamenti immediati sulla vita dei cittadini greci. Ma è prevedibile innanzitutto che i titoli bancari greci registrino un calo molto pesante affondando la Borsa di Atene.
Sì, ma cosa cambia concretamente?
La conseguenza principale per la Grecia potrebbe arrivare dalle mosse della Banca Centrale Europea.
Fino ad oggi la Bce ha fornito della liquidità di emergenza alle banche elleniche, che si stavano progressivamente svuotando a causa delle corsa agli sportelli da parte dei cittadini.
L’azione della Bce equivale a versare dell’acqua in un contenitore bucato sul fondo. Nel momento in cui la Bce interrompesse questa iniezione, le banche rischierebbero di svuotarsi rapidamente.
Non pagando il 30 giugno e rompendo il proprio rapporto con i creditori è prevedibile che la Bce cessi di erogare la liquidità di emergenza, mettendo a rischio la tenuta del sistema bancario ellenico.
In questo caso, la conseguenza sarebbe molto pesante sulla vita dei greci. I cittadini si recherebbero agli sportelli per ritirare i propri depositi in euro, temendo un possibile fallimento degli istituti di credito.
È questo lo scenario peggiore di tutti, e che di fatto costringerebbe il governo ad un controllo parziale o totale ai capitali. Significa, in concreto, non avere completo accesso ai propri depositi custoditi nelle banche ed essere costretti, ad esempio, a potere ritirare dai propri conti una quota limitata dei propri risparmi.
Se la situazione non dovesse sbloccarsi, alcuni analisti hanno ipotizzato che il controllo dei capitali possa scattare anche prima del 30 giugno.
Allora la Grecia uscirebbe dall’Euro?
Non è scontato. Anche in questo caso, non essendoci precedenti, non è automatico cosa possa accadere ad Atene. Quel che è certo è che la permanenza della Grecia nell’euro è legata all’assistenza finanziaria della Banca Centrale Europea.
Senza risorse proprie e con le banche a secco per la Grecia diventerebbe sempre più inevitabile ricorrere a un’altra moneta, almeno per potere fronteggiare le proprie spese interne.
Sarebbe di fatto un abbandono della moneta unica, e quindi un’uscita dal sistema dell’euro.
Ci siamo. La Grecia esce dall’Euro, che cosa cambia per l’Europa?
La composizione attuale del debito greco è completamente diverso rispetto a quella di quattro anni fa. Allora la maggior parte era in mano ai privati, con una quota rilevante nelle banche europee, prevalentemente francesi e tedesche.
Un default in quel momento avrebbe comportato pesanti ripercussioni sulle economie del continente.
Il debito greco è invece oggi in mano prevalentemente di investitori istituzionali: i Paesi europei, direttamente o tramite il fondo salva stati Esm, la Bce e il Fmi.
Anche nel peggiore degli scenari possibili, quello di un’uscita della Grecia dall’Euro, è impensabile immaginare che Atene ripudi integralmente il proprio debito.
Il presidente dell’Eurupgruppo Jeroen Dijsselbloem l’ha ripetuto negli ultimi giorni: “Anche lasciando l’Eurozona il debito resta”. Atene potrebbe, invece, cercare di ottenere una ristrutturazione del debito stesso.
È il famoso taglio del debito che Atene chiede?
Non per forza. Ristrutturare il debito può significare tagliare l’importo delle somme che Atene deve ai Paesi europee, posticiparne le scadenze, oppure rinegoziare la quota e i tempi di pagamento degli interessi.
Questa discussione però riguarda un passaggio successivo della trattativa di questi giorni.
Riassumendo: se la Grecia fallisce l’Italia perderà per sempre i soldi che ha prestato alla Grecia?
No. Potrebbe vederne tornare indietro solo una parte, o incassarli più avanti nel tempo o rinunciare a una parte degli interessi.
Non è questo però il pericolo principale. Il vero rischio riguarda le possibili turbolenze che un possibile default potrebbe causare sulle borse europee.
Quindi ci sono rischi per l’Europa?
Pur con tutti gli strumenti di cui la Bce si è dotata, è difficile che sia in grado di contenere completamente il possibile contagio sui mercati europei.
Anche se la situazione è migliore di due anni fa, lo scenario del default di un Paese e la prima uscita di uno Stato dall’Euro potrebbero avere conseguenze impreviste.
Il messaggio che per la prima volta si manderebbe alla comunità finanziaria internazionale sarebbe: l’Euro non è più un blocco indistruttibile e può perdere pezzi per strada.
Lo stesso Mario Draghi, che più di tutti in questi mesi ha avuto un ruolo decisivo nel sostenere Atene, ha affermato che con l’uscita della Grecia dall’Euro “entreremmo in un terreno inesplorato”.
(da “Huffingtonpost“)
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