FIDUCIA NEL FUTURO, LE FAMIGLIE ITALIANE: “SEMPRE PEGGIO”
SI INTACCANO I RISPARMI, ORMAI PIU’ DELLA META’ DEGLI ITALIANI NON RIESCE A FAR FRONTE ALLE SPESE CON LO STIPENDIO MENSILE
La sensazione di un Paese che generalmente fatica a risollevarsi non è solo nei dati strutturali, ma anche nell’immaginario collettivo, nel sentimento di fiducia che diminuisce come testimoniato anche dall’ultima rilevazione dell’Istat fra famiglie e imprese.
E ben sappiamo come le rappresentazioni sociali siano determinanti nel definire la realtà , ancor più dell’oggettività dei fenomeni. La percezione delle condizioni economiche delle famiglie non è solo un indicatore astratto, perchè aiuta a definire i comportamenti reali nei consumi, nelle strategie di investimento. §
L’assenza di fiducia o uno scenario incerto limitano le capacità di spesa, contengono i consumi, in attesa di un orizzonte più definito. Se ciò è vero per gli investitori, lo è parimenti per le singole persone e per le famiglie.
Come quest’ultimi intravedano la propria condizione economica oggi e in futuro è l’oggetto dell’ultima rilevazione del Centro studi di Community Group per La Stampa. La serie storica delle diverse rilevazioni mette in evidenza come mediamente, fra il 2013 e i primi mesi del 2019, il «sentiment» degli italiani circa la propria situazione economica rimanga invariato.
§La maggioranza (57,2%) percepisce un peggioramento delle condizioni generali, un terzo (31,7%) ritiene non siano sostanzialmente mutate, mentre soltanto un decimo (11,1%) ha vissuto un miglioramento negli ultimi 5 anni.
La questione è che tali quote risultano stabili nel tempo, come se il nostro sistema economico, ancora assai provato dalle crisi degli anni precedenti e con una possibile recessione alle porte, non trovasse la forza per dare quel colpo di reni utile se non a invertire, almeno a modificare la rotta di una stagnazione. O peggio, di un declino.
E va sottolineato, qui non si tratta esclusivamente degli indicatori strutturali legati alla produttività del sistema, ma abbiamo a che fare con le visioni del futuro della popolazione. Dunque, con la fiducia.
Il dato medio nasconde situazioni diversificate. Una verifica per i diversi territori permette di affinare l’analisi. Pur rimanendo ovunque prevalente la quota di quanti sperimentano un peggioramento delle loro condizioni economiche, tuttavia il Nord Est è l’unica area dove chi peggiora è inferiore alla metà degli intervistati (41,3%) ed è in calo, assieme agli abitanti del Centro (55,0%).
Quindi, sono i territori caratterizzati dalle piccole e medie imprese e dai distretti industriali, seppur oggi fortemente trasformati, a testimoniare una minor situazione di criticità e una leggera (lenta) risalita.
Viceversa, nel Nord Ovest un sentimento di peggioramento appare diffondersi in misura crescente passando dal 47,2% (2013) al 56,5% (2019) e, nello stesso tempo, quasi si dimezza chi ha percepito un miglioramento: dal 16,9% (2013) al 9,6% (2019).
Storia a sè fa il Mezzogiorno dove il livello di inasprimento delle condizioni economiche raggiunge sempre i livelli più elevati: dopo un miglioramento avvertito nel 2015 (62,5%, dal 72,8% del 2013), nel 2019 si registra una nuova recrudescenza (65,9%).
Così, in generale, nel Paese continua a prevalere un sentimento di erosione delle proprie risorse economiche.
Pur tuttavia, le aree di piccole e medie imprese sembrano reagire relativamente meglio, rispetto a un Nord Ovest che vive un progressivo declassamento. E soprattutto, a un Mezzogiorno che permane in una situazione di rilevante difficoltà per gran parte della popolazione.
Un riverbero di tali condizioni si verifica considerando la capacità di risparmio delle famiglie, che negli anni si va lentamente intaccando.
Se nel 2013 più della metà della popolazione (56,1%) riteneva di poter far fronte alle spese mensili con il proprio reddito, nel 2015 tale quota rimaneva stabile (57,4%), ma per la prima volta nel 2019 cala significativamente (48,8%).
Tale andamento è peraltro confermato dalle stime della Banca d’Italia che segnalano come, a partire dalla crisi del 2008, le famiglie abbiano corroso i loro patrimoni per mantenere un livello di vita dignitoso.
Si tratta di un calo generalizzato in tutto il Paese, seppure con situazioni diversificate: se nel Nord Ovest (59,9%) e nel Nord Est (56,1%) la maggior parte degli interpellati ritiene di avere un’autosufficienza economica, nel Centro si scende al 50,4% e nel Mezzogiorno si arriva a un misero 36,1%.
Se guardiamo alle previsioni per il 2019, l’esito evidenzia un orizzonte futuro sostanzialmente immobile.
La maggior parte degli italiani ritiene che la situazione economica familiare non muterà , ma il novero di quanti intravedono un peggioramento è ben superiore a chi auspica un miglioramento.
E tale tendenza s’inasprisce guardando ad altre sfere, come il territorio di residenza, l’Italia e persino l’Europa. Al punto che l’indice di fiducia sul futuro vede ingrossarsi, nel tempo, le file dei pessimisti (16,9%) e dei preoccupati (38,0%), a scapito più che degli attendisti (36,8%), degli ottimisti (8,3%).
L’incertezza e le continue schermaglie governative, la non chiarezza nella direzione intrapresa ingessano ancor di più un Paese bloccato e erodono ulteriormente una fiducia già messa a dura prova da una lunga fase di difficoltà economica, che peraltro non è assolutamente conclusa.
L’Italia per tornare a crescere ha bisogno di investimenti a favore di imprese e lavoratori. Ma se non si alimenta parimenti il sentimento di fiducia — che solo una visione definita del futuro può offrire — il rischio del declino è dietro l’angolo.
(da “La Stampa”)
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