FINI RINVIATO A GIUDIZIO PER RICICLAGGIO CON LA COMPAGNA, IL SUOCERO, IL COGNATO, CORALLO E LABOCCETTA
“PRONTO A DIMOSTRARE LA MIA ASSOLUTA ESTRANEITA’ AI FATTI”
Rinviato a giudizio per riciclaggio l’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini. È quanto ha deciso il gup di Roma che ha mandato a processo anche la compagna di Fini, Elisabetta Tulliani, il padre e il fratello di quest’ultima, Sergio e Giancarlo, e il “re delle slot” Francesco Corallo. Il processo è stato fissato per il 30 novembre davanti alla quarta sezione penale del Tribunale di Roma.
“Il gup ha rinviato tutti a giudizio – è il commento dei suoi legali, Francesco Caroleo Grimaldi e Michele Sarno – ritenendo che la vicenda, così complessa e articolata, anche alla luce di quanto argomentato da noi difensori in sede di discussione, sia meritevole di essere sottoposta al vaglio del tribunale”.
“Sono pronto a chiarire davanti ai giudici e a dimostrare la mia assoluta estraneità dei fatti”, ha riferito Gianfranco Fini ai suoi difensori.
Tra le operazioni al centro dell’indagine anche la vendita della casa di Montecarlo, lasciata in eredità dalla contessa Annamaria Colleoni ad Alleanza Nazionale, che sarebbe stata acquistata, secondo l’accusa, da Giancarlo Tulliani attraverso società offshore con i soldi dell’imprenditore Corallo, accusato già¡ di associazione a delinquere finalizzata al peculato, riciclaggio ed evasione fiscale.
Un’operazione effettuata nel 2008, per poco più di 300mila euro e che con la cessione dell’immobile nel 2015 fruttò un milione e 360mila dollari. Rinviati a giudizio anche altri cinque indagati tra i quali l’ex deputato di Forza Italia Amedeo Laboccetta.
I fatti risalgono al 2008 e nel fascicolo si parla di un giro di riciclaggio di oltre 7 milioni di euro.
A tanto ammonterebbero i profitti illeciti accumulati da Sergio e Giancarlo Tulliani, insieme alla moglie dell’ex presidente della Camera.
I Tulliani dopo aver ricevuto, attraverso le loro società offshore, enormi trasferimenti di denaro disposti da Corallo privi di qualsiasi causale o giustificati con documenti contrattuali fittizi, avrebbero trasferito e occultato, con frazionamenti e movimentazioni ad hoc, il profitto illecito del gruppo utilizzando conti accesi in Italia e all’estero.
Oggetto di queste vorticose operazioni, tra l’altro, sarebbero stati 2,4 milioni di euro, che Sergio Tulliani avrebbe trasferito ai figli, Elisabetta e Giancarlo, dopo averli ricevuti da Corallo.
Secondo gli inquirenti, il denaro, reimpiegato in acquisizioni immobiliari a Roma e provincia, arrivò da Corallo in coincidenza dell’approvazione del decreto 78/2009 che rinnovò la disciplina del settore del gioco d’azzardo a vantaggio delle società finite nell’inchiesta.
Nell’inchiesta è finito anche il plusvalore, di oltre 1,2 milioni di euro, derivante dalla vendita dell’appartamento di Montecarlo, in boulevard Princesse Charlotte 14, già di proprietà di Alleanza Nazionale di cui erano divenuti proprietari, di fatto, i fratelli Tulliani, a spese di Corallo, che avrebbe anche provveduto alla creazione di società offshore riferite ai Tulliani.
A seconda delle posizioni la procura contesta i reati di associazione a delinquere finalizzata al peculato, riciclaggio e evasione fiscale. Secondo l’accusa, Corallo, Alessandro La Monica, Arturo Vespignani, lo stesso Laboccetta, Rudolf Theodoo, Anna Baetsen e Lorenzo Lapi, avrebbero fatto parte di un’associazione per delinquere che, nell’evadere le tasse, era dedita al riciclaggio di centinaia di milioni di euro.
I soldi, una volta ripuliti, sarebbero stati utilizzati da Corallo per attività economiche e finanziarie, ma anche nell’acquisto di immobili che hanno coinvolto i membri della famiglia Tulliani.
Gli accertamenti del procuratore aggiunto Michele Prestipino e del pm Barbara Sargenti hanno riguardato anche l’immobile Boulevard Principesse Charlotte 14 finito nella disponibilità di Giancarlo Tulliani, attualmente libero su cauzione a Dubai. L’appartamento monegasco, secondo quanto accertato, sarebbe stato acquistato da Tulliani junior grazie ai soldi di Corallo attraverso due società (Printemps e Timara) costituite ad hoc.
Il coinvolgimento di Fini (che ascoltato dagli inquirenti il 16 novembre ha respinto tutte le accuse) nell’inchiesta è legato proprio al suo rapporto con Corallo.
Un rapporto, per la procura, che sarebbe alla base del patrimonio dei Tulliani.
I Tulliani, in base a quanto accertato dagli inquirenti, avrebbero ricevuto su propri conti correnti ingenti somme di danaro riconducibili a Corallo e destinati alle operazioni economico-finanziarie dell’imprenditore messe in atto tra Italia, Olanda, Antille Olandesi, Principato di Monaco e Santa Lucia. I Tulliani, come del resto Fini, sono accusati solo di concorso in riciclaggio e non anche di associazione per delinquere.
Un rapporto, quello tra l’ex vicepremier e Corallo, scriveva il gip Simonetta D’Alessandro nell’ordinanza di arresto di Giancarlo Tulliani, maturato apparentemente solo dopo un’importante gara, bandita nel 2002, vinta dalla Rti del “re delle slot” in materia di giochi.
(da agenzie)
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