FIRME FALSE BOLOGNA, RINVIO A GIUDIZIO PER MARCO PIAZZA E ALTRI TRE GRILLINI
L’INCHIESTA ERA PARTITA DALL’ESPOSTO DI DUE EX ATTIVISTI
La Procura di Bologna ha chiesto il rinvio a giudizio per i quattro indagati nell’inchiesta sulla raccolta firme a sostegno della lista del Movimento 5 Stelle per le regionali del 2014. La richiesta al Gip, di cui dà notizia il Corriere di Bologna, trova conferme in ambienti giudiziari e riguarda il vicepresidente del consiglio comunale Marco Piazza, autosospesosi dal Movimento, il dipendente comunale Stefano Negroni e due ex attiviste (Giuseppina Maracino e Tania Fiorini).
Tutto partì da un esposto di due ex militanti 5 Stelle.
L’inchiesta del Pm Michela Guidi e del procuratore Giuseppe Amato contesta a vario titolo una manciata di firme raccolte fuori regione, durante la kermesse al Circo Massimo e alcune sottoscrizioni disconosciute dai firmatari e certificate come autentiche.
Tra le firme imputate a Piazza ce ne sono due che sarebbero state raccolte da un’attivista non abilitata, che le avrebbe recuperate tra le colleghe in città metropolitana, durante una pausa dal lavoro. La difesa sostiene l’assenza del dolo.
La vicenda per la verità era venuta già alla luce nell’ottobre di due anni fa — poco prima delle elezioni regionali — quando due attivisti di Monzuno, Stefano Adani e Paolo Pasquino depositarono un esposto per denunciare quelle che a loro dire erano le irregolarità compiute dal M5S nella raccolta delle firme per la presentazione delle liste elettorali.
Un dossier piuttosto corposo, fatto di racconti, testimonianze dirette e prove circostanziate che secondo i due attivisti del Cinque Stelle dimostrava gli illeciti compiuti durante le fasi di presentazione delle liste.
Il più eclatante è quello della raccolta firme effettuata durante Italia a 5 Stelle al Circo Massimo a Roma che si svolse il 10 11 e 12 ottobre 2014.
In quell’occasione in alcuni banchetti allestiti dagli attivisti dell’Emilia Romagna vennero raccolte le firme per le candidature; firme irregolari dal momento che sono state raccolte al di fuori del territorio di riferimento.
Altri tre episodi invece sono locali e riguardano l’assenza del pubblico ufficiale che ha il compito di certificare la veridicità e l’autenticità delle sottoscrizioni: due episodi riportati sono accaduti a Bologna (nel circolo Mazzini, uno dei luoghi deputati alle riunioni degli attivisti, e durante il “Firma Day”) mentre l’ultimo si è verificato durante una campagna di raccolta firme a Vergato, sull’appennino tosco-emiliano.
Come per Palermo, insomma, le firme false del MoVimento 5 Stelle stanno per scoppiare in mano al partito di Grillo anche a Bologna.
Qui a rischiare è Massimo Bugani, che ha per giorni negato qualsiasi coinvolgimento del M5S nel caso e ha accusato gli ex attivisti di aver complottato per una vendetta: particolare smentito dai protagonisti come Andrea Defranceschi ma anche, tutto sommato, irrilevante: quello che conta è l’azione della magistratura, non da cosa sia scaturita.
Soprattutto: rispetto a Palermo, dove i fatti risalgono al 2012 e il reato si prescrive nel 2017, qui siamo perfettamente in tempo per arrivare al processo.
Tra i circa 150 firmatari sentiti dai carabinieri di Vergato, tanti si sono detti «assolutamente sicuri» che quella fosse la loro firma, ma poi hanno riempito i verbali di «non ricordo» quanto è stato chiesto loro dove avessero firmato e se nelle foto mostrate riconoscessero i certificatori.
A quanto pare le poche firme considerate false, perchè disconosciute da presunti sottoscrittori, sono state poi autenticate da Negroni.
A Piazza viene invece contestato di aver certificato firme apposte in sua assenza. Racconta il Corriere di Bologna che Piazza davanti ai pubblici ministeri si è difeso parlando di un possibile complotto degli ex:
Dice Piazza ai pm: «Nel novembre 2014 venni a sapere dai giornali di un esposto e chiesi conto a Serena Saetti (storica esponente del Movimento bolognese, ndr) la quale mi confermava che effettivamente c ‘era stata una raccolta a Roma per le Regionali ma che non essendo regolari erano state fermate e i moduli cestinati». Ma ai pm Piazza, che non era a Roma, offre ancora un’altra lettura: «Sull’elenco presente a Roma non posso escludere che via sia stata una macchinazione da parte di alcuni ex attivisti e che me l’abbiano sottoposto per la sottoscrizione senza che me ne rendessi conto».
La difesa di Piazza non scarta infine la possibilità che alcune delle sottoscrizioni siano poi state nuovamente raccolte al rientro da Roma, al punto di ritrovo del pullman, e nemmeno che le firme siano erroneamente finite tra i moduli regolari senza che ne sapesse nulla.
(da “NextQuotidiano”)
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