GASPARRI VUOLE IL BAVAGLIO PER IL CSM: DUE PROPOSTE DI LEGGE PER RENDERLO DIPENDENTE DAL MINISTERO
“VUOLE ERGERSI A TERZA CAMERA, NECESSARIO UN INTERVENTO LEGISLATIVO” SOSTIENE IL CAPOGRUPPO PDL…CONTINUA LA STRATEGIA DEI BERLUSCONES PER METTERE IL BAVAGLIO ALLA GIUSTIZIA
Due nuove leggi per mettere il silenziatore al Csm. E che silenziatore.
Se da un lato il Cavaliere aveva imposto di congelare, almeno fino a dopo le amministrative, il florilegio di iniziative legislative ad personam per compiacerlo , c’è stato chi ha voluto scientificamente disobbedire.
Il suo nome è Maurizio Gasparri, capogruppo pidiellino al Senato, e non nuovo a queste alzate d’ingegno.
Comunque, giusto ieri Gasparri ha avuto la piacevole sorpresa di veder entrare trionfalmente in commissione Giustizia del Senato, pronti per essere discussi, due suoi ddl (presentati qualche tempo fa) fatti apposta per mettere un bavaglio al Csm.
E per derubricarlo a mero istituto consultivo del ministro della Giustizia (ma solo su richiesta) privo anche della facoltà di aprire “pratiche a tutela dell’indipendenza e del prestigio della magistratura” che possano avere una valenza più politica che funzionale.
Insomma, un bel cerottone censorio sulla bocca dei componenti dell’organo di autogoverno della magistratura, fatto di soli due articoli, uno per ciascun ddl, che il presidente della commissione Giustizia del Senato si è rifiutato di rimandare alla riforma costituzionale della Giustizia (dove è prevista la riforma del Csm) semplicemente perchè il Pdl, tanto per cambiare, ha fretta di approvarlo.
A conti fatti, il bavaglio al Csm potrebbe arrivare in aula in parallelo con il processo breve, ovvero nelle prime due settimane di giugno.
E il rischio di vederli diventare legge in autunno, casomai proprio alla riapertura della Camera dopo le vacanze è più che concreto.
Ma questo doppio bavaglio, esattamente, come è fatto?
Nel solo articolo del primo dei due ddl (il 1833) si dice che “il Csm non può assumere iniziative che arrechino nocumento alla riservatezza, alla serenità e all’imparzialità della funzione giudiziaria e al regolare svolgimento di procedimenti pendenti”.
Tradotto: il governo vuole mettere dei paletti “stringenti” alla possibilità del Csm di correre in soccorso di magistrati presi di mira da Berlusconi attraverso i famosi ‘interventi a tutela’ che, secondo Gasparri, spesso “si risolvono — si legge nella sua presentazione della legge — come prese di posizione prive di reali effetti giuridici, idonee solo ad ingenerare polemiche e tensioni politiche non secondarie”.
Talvolta, cita sempre Gasparri, questi interventi sono anche utilizzati come “sollecitazioni di apertura di inchieste giudiziarie”.
Infine, si sottolinea come i “dibattiti pubblici o prese di posizione ufficiali dell’organo di autogoverno” abbiano spesso (non si sa come) messo a repentaglio “la serenità dei collegi giudicanti” in processi delicati.
Insomma, niente tifo per la Boccassini e compagni sottoforma di “pratiche di tutela dell’indipendenza della magistratura”.
Ma non è finita.
Il bavaglio vero arriva con il secondo ddl (il 1832) dove si vieta espressamente al Csm di esprimere “liberi pareri” su questioni che hanno attinenza “con l’ordinamento giudiziario e l’amministrazione della giustizia”, finendo per “esorbitare dalle proprie attribuzioni”.
E si specifica che il Csm sarà chiamato sì ad esprimere “liberi pareri”, ma solo su richiesta del ministro della Giustizia.
La spiegazione di Gasparri al perchè di un simile provvedimento è meritevole di menzione: il Csm “calendarizza sovente la discussione e la votazione di pareri (liberi, ndr) in coincidenza con i lavori parlamentari su disegni di legge sulla giustizia e il suo ordinamento legittimando l’impressione (sic!) di volersi ergere a Terza Camera, in concorrenza con gli organi deputati alla definizione dell’indirizzo politico”.
Insomma, il ddl di Gasparri non ci prova neppure a far finta che non sia una censura per non disturbare il manovratore; lo ammette espressamente.
Perchè “vista l’attuale situazione — si legge sempre nella spiegazione alla legge — questo intervento legislativo ordinario sembra l’unico modo per riportare i rapporti tra gli organi in questione alla loro giusta dimensione”.
E la giusta dimensione, come sempre per il Pdl, è una mordacchia.
Stavolta con tanto di ministro della Giustizia (dunque, il governo) a tenere il guinzaglio corto.
Sara Nicoli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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