GIOCHI SUL COLLE: D’ALEMA PRESIDENTE, PERCHE NO?
PIACE A BERLUSCONI E POTREBBE INCARICARE SUBITO RENZI
“Ma sì, voteremmo anche D’Alema. Perchè no? Per noi l’importante non è il nome, ma che ci sia l’accordo. Per un governo di larghe intese”.
Parola di Daniela Santanchè, vicinissima di Berlusconi.
D’altra parte, la linea l’ha data lui, il Caimano. “Siamo pronti a votare anche un pd al Colle”.
In cambio, chiaramente di “un governo di larghe intese”.
Dice in un’intervista a Repubblica.
Mentre toglie persino il salvacondotto come condizione dal tavolo della trattativa. Dunque, un pd. Come tattica di disturbo, Berlusconi ha già lanciato Bersani. Il quale ha smentito di essere in corsa.
C’è da crederci: forse al segretario democratico piacerebbe anche, ma si sta giocando un’altra partita.
Franco Marini? Lo vogliono i Fioroni e i Franceschini, ma Bersani no.
E neanche Renzi.
Prodi, che i renziani sarebbero pronti a indicare se non c’è accordo già dalla quarta votazione? Non va bene a B.
Ecco allora, qualcuno meno ostile: Giuliano Amato, Luciano Violante, già endorsato da Cicchitto, Anna Finocchiaro, che in quanto donna corrisponde all’ultima indicazione del segretario Pd.
Presso B. garantisce Violante. Ma regola e consuetudine vogliono che i nomi che si fanno, si bruciano.
E allora, perchè non D’Alema, che nel toto-Quirinale arriva agli ultimi posti in lista? Al Caimano potrebbe andare bene (hanno già fatto la Bicamerale insieme), a favore delle larghe intese s’è pronunciato pure nella direzione del Pd post-voto, è preda di un nuovo attivismo (giovedì ha visto Renzi, ieri Bersani).
Anche Cicchitto fa intendere che la questione è aperta, sempre in chiave di “un accordo politico”.
Le voci su D’Alema in gara per il Colle sono balzate agli onori della cronaca con la sua visita al sindaco di Firenze.
Che i due si sian detti qualcosa di importante si è visto soprattutto dal silenzio in merito dell’ex Rottamatore.
A Renzi non conveniva ostentare questo rendez-vous.
Ma gli sarebbe bastato partire per Roma alla volta degli studi tv un paio d’ore prima per evitarlo.
E dunque, cosa aveva da offrire il Lìder Maximo al giovane Matteo?
Raccontano i renziani che l’ex premier è andato a dirgli che Bersani sta sbagliando tutto, che l’idea del governo di minoranza è folle, frutto di una strategia non lucida.
E ad assicurargli che il futuro è lui.
Quando inizia il futuro? In un retroscena su Libero, ispirato a un pezzo di Keyser Soze, pseudonimo di un insider democratico su Panorama, si raccontava che mentre D’Alema era a casa di Vissani, il suo cuoco preferito, qualche giorno fa, avrebbe telefonato a Matteo proponendogli di andare subito a Palazzo Chigi.
Un incarico che gli darebbe lui stesso. Suggerendo un patto.
Tutti, vicini e lontani, sono pronti a negare che D’Alema si stia giocando questa partita. Ma chi sarebbe pronto a confessarlo, in uno scenario così incerto?
Per dirla con l’insider succitato “il sindaco di Firenze teme di fare la fine dell’eterna promessa”.
E infatti Renzi si dibatte tra una lucida coerenza (non esce dal Pd neanche se lo cacciano a calci, ha detto, e non fa il premier perchè vuole una consacrazione popolare) e la paura di essere fregato ancora una volta dall’apparato democratico insieme all’ambizione sfrenata, venata da senso di responsabilità .
“Matteo vuole fare il premier ora? No, ma se proprio glielo chiedono… ”, dicevano i suoi prima del pre-incarico a Bersani.
D’Alema dal canto suo 7 anni fa al Quirinale non c’è arrivato per un soffio: alla fine fu lui a spendersi per Napolitano.
Ma a quell’ambizione non ha mai rinunciato.
D’altra parte ha fatto tutto: il segretario del partito, il direttore de l’Unità , il presidente del Consiglio (due volte), il ministro degli Esteri, il vicepresidente dell’Internazionale socialista, il presidente del Copasir, il presidente della Bicamerale…
Nell’identikit condiviso del nuovo capo dello Stato dovrà essere “una figura di livello, dotata di credibilità internazionale”.
Anche qui ci siamo: tra viaggi negli States e conferenze organizzate da Italianieuropei con tutti i leader socialisti del continente, D’Alema ha tessuto la sua tela.
E poi è nato nel 1949: vuoi mettere un presidente così giovane in tempi così bui?
Wanda Marra
(da “il Fatto Quotidiano“)
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