GUERRA AL CONTANTE TRA ZAINI E SPALLONI
E’ DIVENTATO UN LUOGO COMUNE CHE PER COMBATTERE L’EVASIONE SIA NECESSARIA LA GUERRA AL CONTANTE…COME SE GLI EVASORI PER PORTARE I SOLDI ALLE CAYMAN SI SERVISSERO DEGLI SPALLONI…SI STA TRAVISANDO LA MALATTIA CON I SINTOMI: I GRANDI UTILIZZATORI DEL CONTANTE NON SONO GLI EVASORI MA LA CRIMINALITA’ CHE NON SI FA IMPRESSIONARE DA QUESTE MISURE
Per il legislatore è “contrasto all’ uso del contante” (Decreto Salva Italia).
Per l’ uomo della strada è la dichiarazione di guerra alla pratica di pagare in banconote.
Una guerra che l’ opinione pubblica appoggia con entusiasmo e passione. Anzi, qualcuno vorrebbe di più: tassare il contante; proibirlo per tutti i pagamenti oltre una certa cifra; additare al pubblico lubridio chiunque estragga dal portafoglio una banconota da 500 euro.
Il vero obiettivo dell’ ira popolare però non è il contante, ma l’ evasione fiscale: c’ è l’ errata convinzione che il modo migliore per combattere l’ evasione sia fare la guerra al contante. Come se per eliminare l’ evasione bastasse eliminare le banconote.
Un’ assurdità .
Bisognerebbe chiedersi come i miliardi evasi finiscano nei centri off shore: per portare i soldi alle isole Cayman o a Singapore non servono gli zaini degli spalloni.
Inoltre i grandi utilizzatori del contante non sono gli evasori, ma la criminalità , che non si fa certo impressionare dalle manovre di “contrasto”: il pizzo non si paga col bonifico, nè il pusher accetta carte di credito.
Nella frenesia dei preparativi di guerra, si sta travisando la malattia (l’ evasione) con i sintomi (il contante).
Così, anche questa guerra, come molte nella storia italica, assume aspetti grotteschi.
Di fatto lo Stato “contrasta” soltanto se stesso, vietando alla sola pubblica amministrazione qualsiasi pagamento in contanti superiore a 500 euro.
Nè poteva essere altrimenti: le banconote sono un mezzo legale di pagamento che quindi lo Stato non può abolire o limitare nell’ uso.
Anche domani potremo ritirare tutto il contante che vogliamo, e pagare come ci pare.
Se prelievo e/o deposito supera i mille euro, verrà segnalato dalla banca; ma l’ uso del contante resta legittimo.
Per i pagamenti in nero, aumenterà solo la frequenza delle visite a sportelli e bancomat. Quanto alla criminalità , ha una provata capacità di dedicarsi ad attività caratterizzate da micro pagamenti in contanti, che sfuggono alle registrazioni.
Come ogni guerra, anche questa avrà i suoi danni collaterali: vecchietti che dovranno imparare a usare il bancomat (sperando di non essere scippati), staccare assegni ed effettuare bonifici.
La manovra prevede una convenzione con l’ Abi per un conto corrente standard, onde evitare che i veterani della guerra al contante siano falcidiati dal fuoco “amico” delle banche.
Ma sarebbe meglio imporre a ogni banca di offrire, in modo chiaro e trasparente, un conto a costo fisso, onnicomprensivo, con carta di debito, assegni, bonifici e pagamenti vari inclusi, zero interessi e un saldo massimo.
E lasciare che le banche competano, invece di promuovere una convenzione che sa di cartello.
La guerra al contante ha fatto dimenticare il vero passo importante che il Salva Italia fa nella lotta all’ evasione: lo Stato si è finalmente ricordato che dal 2007 tutti gli intermediari devono registrare e archiviare ogni transazione finanziaria, conto o posizione superiore a 1500 euro. Il limite è ridotto a 1000 e gli intermediari devono trasmettere i dati al Fisco, che li userà per identificare i sospetti evasori.
Addio segreto bancario.
L’ analisi sistematica dei dati finanziari è il modo più efficace per combattere l’ evasione. Manca però l’ ultimo passo: pochi buoni dati sono meglio di troppi dati.
In un anno avvengono centinaia di milioni di transazioni in Italia: come setacciarle?
Come ho proposto di recente, basterebbe cominciare da un numero: la somma di tutte le uscite associate a tutti i conti di ogni codice fiscale; e sottrarre prestiti, interessi e dividendi ricevuti.
Si calcola così la capacità complessiva di spesa, facilmente confrontabile con i redditi dichiarati.
Investimenti, vendite o eredità potrebbero spiegare discrepanze: per questo basta chiedere a ognuno in dichiarazione l’ elenco dei beni patrimoniali.
Se il patrimonio non varia, c’ è il sospetto di evasione.
E scatta la domanda di chiarimenti documentati.
Alessandro Penati
(da “La Repubblica”)
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