“HA ANTEPOSTO L’INTERESSE PERSONALE A QUELLO PUBBLICO”
CASO CAMICI, IL GOVERNATORE LEGHISTA FONTANA VERSO IL RINVIO A GIUDIZIO PER “FRODE IN PUBBLICHE FORNITURE”
Si è appena conclusa l’inchiesta che ha visto al centro delle indagini la fornitura di dispositivi di protezione individuale, tra cui 75 mila camici, da consegnare in piena pandemia alla Regione Lombardia.
La procura di Milano ha stabilito che il governatore leghista Attilio Fontana deve andare a processo per l’ipotesi di reato di concorso in “frode in pubbliche forniture” sotto il profilo dell’inadempimento di un contratto con l’amministrazione pubblica.
La vicenda, stando a quanto ricostruito nell’indagine, si sarebbe conclusa con la consegna da parte di Dama S.p.A. solo di 50mila camici, perché nel frattempo, quando venne a galla il conflitto di interessi, la fornitura fu trasformata in donazione, con la conseguenza che l’ordine non venne perfezionato per la mancata consegna di un terzo del materiale. Inoltre, il presidente della Lombardia è intervenuto con il tentativo di risarcire, per il mancato introito, il cognato Andrea Dini, titolare al 90% della società Dama S.p.A. ( società di cui la moglie di Fontana, Roberta Dini, aveva una quota del 10%) con un bonifico di 250 mila euro da un conto in Svizzera, poi bloccato in quanto segnalato dalla Banca d’Italia come operazione sospetta.
Da qui è scaturita anche un’indagine autonoma per autoriciclaggio e falso in voluntary su Fontana.
Nell’avviso di conclusione delle indagini, la procura di Milano scrive: “Ci fu un accordo collusivo” intervenuto tra Andrea Dini e Attilio Fontana, suo cognato, “con il quale si anteponevano all’interesse pubblico, l’interesse e la convenienza personali del Presidente di Regione Lombardia”, il quale da “soggetto attuatore per l’emergenza Covid” si “ingeriva nella fase esecutiva del contratto in conflitto di interessi” sull’ormai nota fornitura di camici e altri dpi trasformata in donazione”.
Il governatore ha sempre ribadito la correttezza del proprio operato e, attraverso i suoi legali, ha depositato anche documenti e memorie per difendersi. In alcuni atti già noti dell’inchiesta i PM si parlava del “diffuso coinvolgimento di Fontana” nel caso “accompagnato dalla parimenti evidente volontà di evitare di lasciare traccia del suo coinvolgimento mediante messaggi scritti”.
I legali di Attilio Fontana, gli avvocati Jacopo Pensa e Federico Papa, commentano così la chiusura della indagini: “La notifica di oggi consentirà di assumere le iniziative previste dalla legge per dare un contributo di chiarezza allo sviluppo dei fatti che così come descritti non corrispondono al vissuto del Presidente”.
Il governatore lombardo, chiariscono, “non si riconosce” nell’“articolato capo di imputazione” per “come è stata ricostruita la vicenda”.
Dopo la conclusione delle indagini e il deposito degli atti, le difese avranno tempo per chiedere gli interrogatori o depositare memorie.
La Procura poi deciderà sulla richiesta di rinvio a giudizio per portare il caso in udienza preliminare davanti ad un gup, che si esprimerà sul rinvio a giudizio o meno.
(da agenzie)
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