I CIVILI RUSSI RACCONTANO L’OFFENSIVA UCRAINA: “VOLANO RAZZI OVUNQUE”
120,000 CIVILI RUSSI EVACUATI, LE CRITICHE A PUTIN: “HA NASCOSTO LA VERITA’, ALLARME DATO TROPPO TARDI”
«I razzi volano e cadono ovunque. La casa della cultura locale è stata distrutta dalle esplosioni e così anche una scuola e una banca. Gli ucraini stanno colpendo le case, gli edifici vicini a noi. Le persone soffrono», racconta una donna al sito online Novosti per descrivere la situazione attorno al capoluogo di Kursk.
Altri civili russi parlano di problemi nei trasporti, confusione sulle istruzioni per gli evacuati o per coloro che vorrebbero abbandonare le aree più vicine alla battaglia.
Le voci che giungono faticosamente da Kursk descrivono una situazione di paura, caos e soprattutto incertezza. Lo stesso governatore regionale, Aleksei Smirnov, incontrando ieri Vladimir Putin ha sottolineato che 28 centri urbani sono adesso sotto il controllo degli ucraini, i circa 400.000 abitanti del capoluogo sono inquieti. Quando poi ha aggiunto, davanti alle telecamere, di ritenere che gli ucraini siano avanzati almeno per 12 chilometri su di un fronte lungo oltre 40, Putin lo ha interrotto bruscamente sostenendo che i dati sulla situazione bellica se li aspettava da un generale, non da un amministratore civile.
Malcontento crescente tra i civili russi
Ma dai social russi si evince il malcontento crescente. Secondo una donna residente nel villaggio di Korenevo: «Sin dai primi giorni dell’attacco l’esercito ucraino ha colpito le postazioni delle guardie di frontiera. Hanno tremato i muri e le finestre sono andate in frantumi. Le schegge hanno ferito un mio vecchio amico ai polmoni e ai reni».
È stato allora che i servizi d’emergenza hanno ordinato l’evacuazione. Racconta: «Gli autobus passavano ogni ora. Abbiamo attraversato la tangenziale a Rylsk. La strada era sicura, ci hanno distribuito su due bus e a bordo abbiamo ricevuto cibo e acqua, il servizio a quel punto era eccellente». Dato che ormai è evidente che le forze militari russe sono state completamente colte impreparate dall’offensiva ucraina, non sorprende che anche la società civile e i servizi di assistenza pubblici abbiano difficoltà a fare fronte all’emergenza. La censura del regime ha subito serrato i ranghi per nascondere le falle. Non si vuole far conoscere al mondo, e soprattutto agli ucraini, la gravità della situazione.
Ancora secondo Smirnov, al momento sarebbero state evacuate 121.000 persone nella regione di Kursk e 11.000 in quella di Belgorod. Se ne attendono quasi altre 60.000. Ma, dei 2.000 abitanti nei 28 insediamenti presi dagli ucraini, a oggi le autorità russe non hanno alcuna informazione. Persino contro Putin volano parole pesanti. «Vladimir Vladimirovich dica ai suoi ufficiali del servizio informazioni di non nascondere la realtà. Ci sono civili morti sotto le bombe.
Il Capo di stato maggiore a Mosca dice che la situazione è sotto controllo, eppure ci sono tuttora pesanti combattimenti nel distretto di Suzhansky». Alcuni residenti della zona hanno scritto un appello al presidente russo chiedendo per quali motivi siano rimasti senza rifugi e senza soldi. Le loro sono accuse dure: «La nostra città è stata trasformata in macerie. I nostri uomini sono stati chiamati a difendere il Donbass, abbiamo perso le case e siamo in fuga sotto le bombe. Chiediamo aiuto, ma siamo abbandonati, con i nostri bambini piccoli, ma senza ripari. I nostri figli la notte hanno paura del buio, non vogliono dormire».
«L’allarme è arrivato tardi»
Altri criticano le amministrazioni locali e ringraziano invece i social, come Telegram, che hanno suggerito subito di trovare rifugio nelle cantine. «Dal tam tam sui cellulari abbiamo compreso la gravità della minaccia. Sapevamo che l’esercito stava predisponendo le armi pesanti, però l’allarme è giunto troppo tardi: molti hanno lasciato i genitori anziani nelle cantine, non hanno neppure preso soldi e documenti personali».
Un racconto più articolato arriva da Olga e Nikolai, due profughi ucraini fuggiti in Russia dal Donbass durante la guerra del 2014. Dal 2022 anche loro vivevano in un centro di accoglienza a Korenevo, dove avevano trovato lavoro. I primi tre giorni dell’attacco ucraino sono rimasti nascosti in una cantina, ma poi hanno scelto la fuga. Raccontano: «Non si poteva neppure uscire per fare la spesa o salire in casa per prendere le proprie scorte. Infine, è arrivato un militare russo, ha preso tre donne malate e ci ha ordinato di seguirlo. Ci hanno caricato su di un’auto per evacuare, da soli non ce l’avremmo mai fatta». Adesso Olga e Nikolai stanno in un campo di tende nel centro del capoluogo di Kursk, ma contano di partire presto per Mosca.
(da Il Corriere della Sera)
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