I FRATELLI BIANCHI TRASFERITI NEL “BRACCIO PROTETTO” QUELLO “DEGLI INFAMI” DOPO UNO SCONTRO CON UN ALTRO DETENUTO
ALTA TENSIONE CON GLI ALTRI DETENUTI
Finita la quarantena a cui tutti i detenuti vengono sottoposti per l’emergenza Covid, i fratelli Marco e Gabriele Bianchi e il loro amico Mario Pincarelli sono stati trasferiti, come previsto sin dall’inizio, nel reparto precauzionale di Rebibbia, il G9, definito dagli altri carcerati il braccio degli infami, riservato a pedofili e assassini di donne e bambini.
E i tre principali indagati per la morte del 21enne Willy Monteiro Duarte, massacrato a calci e pugni il 6 settembre scorso a Colleferro dopo aver cercato di difendere un amico dal branco, sembra siano destinati a restarci a lungo, avendo anche rinunciato al ricorso al Tribunale del Riesame di Roma. Messi in carcere dal gip del Tribunale di Velletri, Giuseppe Boccarrato, e vistasi aggravare l’accusa, da omicidio preterintenzionale a omicidio volontario, dopo una primissima relazione fatta dal prof. Saverio Potenza, consulente medico-legale della Procura, al sostituto procuratore Luigi Paoletti, i due fratelli esperti di arti marziali e l’amico avevano proseguito la loro battaglia, cercando di ottenere l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare e puntando soprattutto agli arresti domiciliari, a quel beneficio subito concesso al coindagato Francesco Belleggia.
Gli elementi sinora raccolti dai carabinieri sull’uccisione del giovane di Paliano sono però solidi e alle prime testimonianze se ne sono aggiunte altre, coincidenti e pesanti in particolare per i tre indagati in carcere. La difesa della cosiddetta banda di Artena ha così depositato la rinuncia al ricorso. Dietro le sbarre del G9, dunque, senza troppe speranze di poter varcare in tempi brevi quella soglia.
Era stata la stessa Direzione del carcere a decidere subito di destinare i Bianchi e Pincarelli al reparto precauzionale.
Troppo rischioso tenere i tre tra i detenuti comuni visto il reato di cui sono accusati. Rischi evidenziati poi alla direzione carceraria dalla stessa difesa dei Bianchi e di Pincarelli, che anche a Rebibbia, durante la quarantena, non avrebbero tra l’altro rinunciato alla loro indole violenta, scontrandosi con un detenuto di nazionalità marocchina, tanto che la figlia di quest’ultimo ha chiesto provvedimenti tramite l’associazione “Detenuti liberi”.
(da agenzie)
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