I MESSAGGI DEL CAVALIERE AL COLLE: “ORA SERVE UN SUO INTERVENTO”
VERSO I SERVIZI SOCIALI…L’IRA DELL’EX PREMIER
È dal Colle che adesso attende un segnale.
«Io posso pure sacrificarmi, compiere il passo indietro, ma voglio garanzie dal Quirinale e finora non ne ho avuto traccia».
Silvio Berlusconi lo ripete tutto il giorno ai suoi interlocutori romani, masticando amaro dopo aver appreso che la giunta del Senato non farà affatto melina, come lui sperava, ma già mercoledì boccerà la relazione che propone il no alla decadenza.
Il Cavaliere del resto la sera prima l’aveva detto nel chiuso del salotto di Arcore anche ai figli, presentatisi ancora una volta con la richiesta di grazia tra le mani. Disponibilità al sacrificio estremo molto condizionata e rimessa di fatto sul tavolo di una ipotetica trattativa.
Con Marina, Piersilvio, Barbara invece ha quasi concordato ormai l’opzione sulla pena: servizi sociali, anzichè domiciliari, seguendo i suggerimenti di Franco Coppi. Dalla più alta carica dello Stato pretende intanto una mossa, una qualche apertura, un ombrello che lo metta a riparo dalle «bizze» delle procure e che gli consenta di rinunciare alla carica parlamentare – e all’immunità – senza rischi per la sua libertà personale.
I canali di dialogo con il presidente Napolitano sono tutt’altro che chiusi.
Da Gianni Letta a Fabrizio Cicchitto passando per il ministro Gaetano Quagliariello, non mancano i contatti.
Ma nell’ottica dell’ex premier sono stati infruttuosi. «Finora non è arrivato alcun segnale» è la constatazione di un Berlusconi che da settimane ormai si è autorecluso a Villa San Martino, solo coi figli e gli avvocati Ghedini e Longo.
Ieri, racconta chi gli ha parlato al telefono, è stata una nuova giornata nera. In cui proprio il capo dello Stato è tornato nel mirino.
«È stato una delusione, avrebbe dovuto far sentire la sua voce: sono stato determinante nella sua elezione, ho dato vita al governo Letta e poi mi ha abbandonato al mio destino» è lo sfogo ultimo (ma non nuovo).
A questo punto – lascia intendere soprattutto alle colombe del partito che pressano al pari dei familiari per il passo indietro – «la mia scelta dipende da lui».
Chi sta lavorando a quello scenario arriva ad ipotizzare che la rinuncia, alla quale ieri lo ha incoraggiato anche Marco Pannella, potrebbe maturare già in giunta per le immunità , quando con molta probabilità Berlusconi si presenterà per la sua difesa, negli ultimi giorni di settembre.
Oppure, come ha fatto a suo tempo Cesare Previti, in aula al Senato, poco prima che l’assemblea voti la definitiva decadenza.
Rinunciare al seggio, dichiarandosi vittima delle procure, ma garantendo sopravvivenza al governo.
C’è chi ha già cerchiato in rosso i giorni vicini al 10 ottobre per il D-day.
Da lì al 15 poi il Cavaliere dovrà anche optare tra domiciliari e servizi sociali. «E io gli consiglierei questi ultimi, che gli garantirebbero agibilità politica » anticipa non a caso il senatore Paolo Romani a lui molto vicino.
A quel punto, con la Corte d’appello che dopo il 19 ottobre ridefinirà l’interdizione, ecco che il Colle potrebbe intervenire con la commutazione della pena: ma è la visione di Arcore. L’avvocato Niccolò Ghedini resta nettamente contrario al passo indietro e alla richiesta.
Ed è tornato a opporsi anche ai figli, in questi giorni.
Berlusconi resta scettico sull’operazione. Troppe incognite, non ultimo il rischio dell’«umiliazione » di un no alla richiesta dal Quirinale.
Nelle ultime ore così torna a prevalere il pessimismo. Proprio il voto in giunta che fissa il nuovo calendario dei lavori (sebbene approvato all’unanimità dunque anche coi voti Pdl) lo ha rigettato nello sconforto.
Il leader torna a ipotizzare la convocazione dei gruppi parlamentari che era stata congelata la settimana scorsa e che stava per precipitare tutto in una crisi.
Al momento è una «minaccia», che torna sul tavolo con l’ipotetica convocazione per giovedì, l’indomani del primo voto in giunta.
L’alternativa sarebbe uno strappo da consumare ricorrendo al mezzo per lui più congeniale, la tv.
E le ipotesi sul tavolo, al posto del freddo videomessaggio, sarebbe un’intervista. Magari nel salotto di Bruno Vespa.
Ma sarebbe l’estrema ratio, che rischierebbe di compromettere la tenuta dei titoli e della stessa azienda Mediaset.
Soluzione alla quale tuttavia i falchi alla Verdini e la Santanchè, tra gli altri, vorrebbero trascinarlo.
Sta di fatto che ieri anche una moderata come Mariastella Gelmini tuonava contro i «molti che si pentiranno di questa corsa contro tempo in giunta», avvertendo che Berlusconi «non ha chiuso il suo ciclo».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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