I POLITICI HANNO PAURA DELLE PIAZZE, SOLO GRILLLO IN CONTROTENDENZA
CAMPAGNA ELETTORALE BEN COPERTI: FA PAURA IL FLOP IN PIAZZA
Tutti colti da agorafobia, i partiti italiani?
La paura della “piazza aperta e frequentata dal popolo” li ha forse assaliti d’un tratto? Abbiamo ascoltato i leader delle principali coalizioni in ogni tipo di trasmissione televisiva.
Possiamo seguirli su Twitter, consultare le loro pagine Facebook, scaricare i programmi in pdf, ammirarne i cartelloni ritoccati sulle diverse tangenziali d’Italia. Nelle piazze, per ora, neanche l’ombra.
Una scomparsa resa tanto più plastica dalla presenza di Beppe Grillo, che invece di piazze ne tocca due al giorno e che ha trasformato i suoi show antisistema in scoppiettanti comizi politici.
Così, Monti dà il via alla sua corsa in una tensostruttura ultramoderna alle porte di Bergamo.
Bersani parla sotto la neve nel suo piccolo paese natale.
Maroni va in giro a presentare il suo libro.
Vendola domenica è stato a Melfi, il 30 andrà a Frascati, il primo febbraio in Toscana e Umbria.
In teatri e cinema da 1000, 1500 posti.
«È inverno, fa freddo, e se poi piove?». Il ragionamento è questo per tutti.
«Montare i palchi costa, metti che poi ti viene una botta di freddo, di neve, di vento», dice Lelio Alfonso, tra i coordinatori della campagna montiana.
Berlusconi lo ha dichiarato apertamente: «Non posso fare comizi in piazza per ragioni di sicurezza».
Ha ricordato la statuina che gli tirarono contro a Milano, ha parlato delle preoccupazioni della sua scorta.
E quindi, c’è anche questo: la piazza fa paura.
«Il rischio è sempre il buco, il flop», dice Edoardo Novelli, professore di Comunicazione politica a Roma Tre.
In più, «è sparita come senso. Un tempo lì si misurava la forza delle diverse formazioni, oggi c’è un sondaggio ogni tre secondi. Era il luogo di incontro con il leader, serviva ad alimentare i riti e i simboli del partito di massa. Tutte cose scomparse».
Spiega Giuseppe de Rita: «La campagna elettorale viene implicitamente fatta sulle cose già certe.
Tutti pensano che l’opinione pubblica sia ormai consolidata, che sia già stato detto tutto, che sia inutile amplificare.
L’unico che non ha una piattaforma prestabilita e che è costretto a fare un’operazione diversa è Grillo.
E in questo l’aspetto meteorologico lo aiuta.
Come quando ha attraversato lo stretto di Messina sotto le nubi: la sua impresa deve assumere un carattere mitico per sfondare».
E poi, «L’Italia è biomediatica: vive la televisione come fosse un fatto biologico, e i politici lo sanno. La moltitume indistinta la si trova in tv».
I tempi cambiano, canterebbe Bob Dylan.
Nel 1960, una domenica di novembre, in piazza Duomo a Milano si tennero 8 comizi di seguito, dalle 11 a mezzanotte.
Sempre quell’anno, nell’ultima giornata elettorale, ce ne furono 35mila in tutt’Italia.
E non vale tanto la scusa dell’inverno, se nel 2006 – quando il centrodestra occupò piazza San Giovanni contro Romano Prodi – era il 2 dicembre. E se nel 2008 Veltroni chiuse la sua campagna a Milano sotto una pioggia scrosciante.
Le prossime settimane, comunque, dovrebbero animarsi.
Bersani sta per partire per il suo secondo giro d’Italia.
Ci saranno sia manifestazioni che incontri con le categorie e pezzi di associazionismo. Saranno importanti le chiusure a Milano, in Sicilia, a Roma.
E il Veneto, la prossima settimana.
Mentre nelle regioni in bilico partirà «un porta a porta scientifico coinvolgendo tutti quelli che hanno votato alle primarie».
Una cosa obamiana? «Veramente lo faceva il Pci», risponde il capo della comunicazione Stefano Di Traglia. Antonio Ingroia andrà in luoghi simbolici: l’Emilia del terremoto, l’Aquila, Pomigliano, l’Ilva, il Sulcis, la Sicilia.
Con una sorpresa annunciata per il 22 febbraio. Mario Monti in piazza non ci andrà , ma l’agenzia di comunicazione che ha ingaggiato gli ha consigliato di scegliere luoghi simbolo dell’Italia che propone, posti che incarnino storie di successo nella tecnica, nell’arte, nella ricerca.
Anche l’oratoria dovrà cambiare: i consulenti si occuperanno di tradurre in chiave nazional-popolare lo stile ingessato del professore.
Annalisa Cuzzocrea
(da “La Repubblica”)
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