IDV, BASE IN RIVOLTA: “PARTITO SENZA DEMOCRAZIA”
ASSEMBLEA DEGLI AUTOCONVOCATI A BOLOGNA PER PROTESTARE CONTRO UNA GESTIONE BASATA SU FAMIGLIA E AMICI…. MOLTI DIRIGENTI DELLA PRIMA ORA CACCIATI PER FARE POSTO A RICICLATI DA ALTRI PARTITI…. ATTACCHI ALLA GESTIONE ECONOMICA DEL PARTITO, IN MANO A DI PIETRO.
Se esiste un partito al centro delle polemiche in Italia, non tanto per le legittime prese di posizione politiche che, proprio perchè “forti”, evidentemente contribuiscono ai suoi successi elettorali, ma piuttosto in relazione al singolare modo di gestione interna, dove tutto è concentrato nelle mani e nelle tasche del suo leader, questo è l’Italia dei Valori.
Simile al Colosseo dalle famose porte aperte, nel partito di Di Pietro sono entrate migliaia di persone negli ultimi anni e altrettante ne sono uscite.
Chi inventandosi pure una porta da sbattere, tanta è stata l’indignazione nei confronti dei metodi seguiti dal vertice che lo dirige ( ovvero lo stesso Di Pietro e la tesoriera Mura).
Una serie di cause, talune ancora pendenti, per la ripartizione dei rimborsi elettorali, accuse reciproche di falsi e patacche, di interessi privati, di partito senza democrazia dove nessuno è autorizzato a esprime pareri fino alla “rivelazione finale” del verbo dipietrista da parte del leader.
Un partito autoritario dove in varie sedi locali, Genova compresa, la classe dirigente cambia dall’oggi al domani, qualcuno arriva da un altro partito, si porta dietro un minimo di nomenklatura riciclata e prende le chiavi della sede. Congressi che vengono vinti con percentuali bulgare, anche perchè agli avversari interni si nega la tessera o ri commina l’espulsione.
In un guazzabuglio di tesseramenti veri o fasulli, candidature di amanti e di amici, fino a far volare qualche schiaffone congressuale.
Con accuse al vertice di non avere uno statuto adeguato, di gestire privatamente la cassa, di non far svolgere congressi veri, ma solo delle riunioni farsa dove tutto è già fissato e deciso.
E all’interno del partito che lo stesso Di Pietro, a parole, ammette che andrebbe riformato, si è scatenata la rabbia degli “autoconvocati” che si sono riuniti ieri in 1.200 a Bologna al grido di “noi ci azzekkiamo”.
Nel corso dell’animata assemblea è scaturito un documento che pone cinque questioni a Di Pietro: si chiedono congressi e primarie e si prende posizione contro una gestione fondata sulla famiglia e sugli amici.
E’ una lamentela costante di ex dirigenti periferici sospesi, commissariati, esplusi per dare spazio a “politici riciclati passati all’Idv all’ultimo momento”, provenienti anche da Pdl e Udc.
Autoconvocatisi tramite Facebook, sono arrivati da Firenze e da Parma, da Varese e da Ravenna, da Roma e da Forli, per sfogare la propria delusione, sperando di trovare l’adesione di De Magistris e di Sonia Alfano.
Chi accusa il partito di essere in mano ai proconsoli, chi si lamenta di una linea politica che cade dall’alto e mai viene discussa in assemblee, chi sottolinea che fanno carriera spesso soggetti appena arrivati e che hanno preso cinque voti alle elezioni, chi si chiede che fine facciano i soldi della cassa, visto che non ci sarebbe neanche una suddivisione dela lista degli incarichi.
E chi ricorda che , come ti lamenti, vieni espulso.
Per un partito che raccoglie consensi sulla base di un programma di moralizzazione della vita pubblica e di trasparenza nella amministrazione, forse qualcosa andrebbe rivisto, magari anche un po’ tanto.
Ma sembra che facciano ormai più gola i voti (e i relativi contributi pubblici) che avere una classe dirigente adeguata e in linea con i principi che a parole si dice di voler rappresentare.
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