IL CASTING MINISTERIALE DELLA MELONI SI STA TRADUCENDO IN UNA LUNGA SEQUELA DI RIFIUTI: PANETTA, FRANCO E SCANNAPIECO HANNO GIÀ DETTO NO, E ANCHE ROBERTO CINGOLANI SI È SFILATO (HA UN’OFFERTA PRIVATA DAL GIAPPONE)
ANCHE PER IL PORTAVOCE LA PARTITA SI INGARBUGLIA, DOPO CHE SI SONO SFILATI ANDREA BONINI E GIAN MARCO CHIOCCI – L’UNICA SPERANZA PER DONNA GIORGIA È LA MORAL SUASION DI MATTARELLA
Pare che la ricerca del superministro dell’Economia, del grande tecnico e garante, insomma Fabio Panetta, Daniele Franco o Dario Scannapieco, si sia arenata su una triste sponda, come una vecchia barca: tre ipotetici ministri, tre uomini sicuri, e tre no altrettanto sicuri che forse soltanto Sergio Mattarella potrebbe sciogliere.
Anche Roberto Cingolani non vuole restare al ministero della Transizione ecologica, ha infatti un’offerta nel settore privato, e potrebbe trasferirsi in Giappone.
Così adesso qualcuno ha portato al sesto piano della Camera, nell’ufficio di Giorgia Meloni, lì dove il governo dovrebbe nascere ma stenta, il curriculum di Antonio D’Amato, l’imprenditore, l’ex presidente di Confindustria. Sarebbe un buon ministro dello Sviluppo e della Transizione ecologica, dicono i suoi sostenitori per convincere la leader.
Persino la ricerca del portavoce ha preso l’andatura dello zoppo che corre.
Andrea Bonini, giornalista di Sky, serio ed elegante, ha rifiutato. E ieri alla Camera è stato visto entrare Gian Marco Chiocci, il direttore dell’agenzia AdnKronos, giornalista di destra, che però ha rifiutato pure lui.
Un po’, a Meloni, adesso deve sembrarle di rivivere quei mesi che l’anno scorso precedettero le elezioni comunali a Roma, quando lei, con tenacia e ambizione, aveva in effetti cercato i migliori candidati possibili per fare il sindaco della capitale d’Italia, gli imprenditori, i grandi professionisti, i presidenti delle associazioni di categoria, ma aveva ricevuto soltanto sorrisi e gentili dinieghi. Così, scendendo sempre più di quota, finì con il candidare a sindaco Enrico Michetti. Un simpatico gaffeur.ù
Ma è presto per disperarsi. Non c’è ancora nemmeno l’incarico, e il presidente della Repubblica non è entrato in partita con la sua capacità di persuasione sui riluttanti.
Malgrado appaia innegabile che la nascita del governo non stia scorrendo tranquilla e incanalata come un ruscello di cui osservando la sorgente si possono prevedere con una certa approssimazione il percorso e la lunghezza.
(da il Foglio)
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