IL CENTRO MODELLO DI GENOVA, LA DENUNCIA DI DON MARTINO: “CON IL DECRETO SICUREZZA COSTRETTI A LICENZIARE UN TERZO DEI DIPENDENTI, PROFUGHI ABBANDONATI A SE STESSI”
I CENTRI CHE LAVORANO SULL’INTEGRAZIONE DEI RICHIEDENTI ASILO DANNO FASTIDIO AI RAZZISTI
Ieri, i settantadue dipendenti che lavorano al Campus dei migranti di Coronata hanno ricevuto il sessanta per cento dello stipendio: di ottobre.
Sì, perchè i ritardi dei pagamenti corrisposti alle strutture liguri dal Viminale attraverso le Prefetture, sono ormai in cronica differita.
Per dire: da Largo Lanfranco è stato ora versato alle cooperative il sessanta per cento dei fondi di marzo. Nove mesi: i tempi di attesa sono ormai quelli di una gestazione. Colpa, anche questa del decreto Immigrazione? No: il punto, però, è che negli ultimi mesi la rendicontazione è diventata più complicata, e la difficoltà non è tanto produrre certificazioni quanto spacchettarle.
Ma se a questo intoppo si aggiungono le nuove norme approvate il 27 novembre, la macchina dell’accoglienza è destinata a incepparsi: «Con 20 euro al giorno a migrante invece di 35 — ragiona don Giacomo Martino, direttore dell’Ufficio diocesano Migrantes, anima del Campus di Coronata — saremo costretti a lasciare a casa un terzo dei dipendenti».
L’effetto domino del ddl 840/2018 si abbatte sulla Liguria: una regione dove il sistema dell’accoglienza, nel complesso, funziona.
Nel 2018, mostrano gli ultimi dati dell’Anci regionale, l’associazione dei comuni, il calo delle persone ospitate è stato significativo.
A Genova e provincia ci si è assestati su 1.800 persone nei Cas, i centri di accoglienza straordinaria: nel 2017 erano 2.500.
A questo si aggiunge il paziente lavoro di messa a punto della rete Sprar, il sistema di protezione dei richiedenti asilo e rifugiati gestito dai comuni, con un ottimo livello di servizi e opportunità di inserimento per i migranti.
Tanto che lo stesso Comune di Genova, a dispetto del colore politico, aveva chiesto di incrementarlo: con 155 posti in più.
Certo, era prima del decreto Salvini: perchè ora il paradosso è che anche chi avrà ottenuto lo status di rifugiato, e dunque secondo la legge avrebbe diritto ad accedere allo Sprar, non potrà farlo.
I posti, infatti, non basteranno. Con il risultato che centinaia di rifugiati resteranno in attesa: in mezzo una strada.
«A Genova, l’assessore Garassino insiste sulla sicurezza: ma con questa legge andiamo nella direzione totalmente opposta — sottolinea don Giacomo Martino — ci aspettiamo un aumento fuori controllo dei senza tetto, pensiamo alle mense dei poveri, che già sono strapiene. Quello che fa rabbia è che il permesso umanitario era il fiore all’occhiello dell’Italia: teneva conto di una fragilità . Adesso, avremo tanti irregolari».
A Coronata, già oggi è prassi quella di concedere a chi ha appena ottenuto il permesso di soggiorno uno “scivolo” di due mesi: secondo la legge, invece, in tre giorni dovrebbero lasciare il centro.
«Ma noi diamo loro la possibilità di organizzarsi, di guardarsi intorno. A spese nostre», rimarca don Martino.
Il punto è che, adesso, anche una realtà di eccellenza come quella di Coronata, che svolge la funzione di cuscinetto sociale per l’intera comunità , si troverà in difficoltà : i bisogni cresceranno, e le risorse saranno sempre più risicate.
Anche Liguria, infine, dovrà dotarsi di un Cpr: ovvero, un centro per i rimpatri. A livello informale, in molti hanno ventilato l’idea di crearlo a Coronata, al Campus. «Sono contrario a questo istituto — sottolinea don Giacomo — ma potrei anche accettare, con un progetto preciso: lo farei solo per offrire ai migranti opportunità formative. E creare un ponte verso l’Africa, intercettando le varie missioni vicine alle loro città d’origine».
(da “La Repubblica”)
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