IL MONDO CONSERVATORE AMERICANO SI RIBELLA AL “DAZIFASCISMO” DI TRUMP, TRA I REPUBBLICANI MONTA LA RABBIA PER L’HARAKIRI DEL TYCOON, CHE CON LE TARIFFE HA INNESCATO LA SPIRALE DELLA RECESSIONE
IL SENATORE TED CRUZ AMMETTE QUELLO CHE IN MOLTI TEMONO: “ALLE MIDTERM 2026 RISCHIAMO UN BAGNO DI SANGUE” – AL CONGRESSO I REPUBBLICANI SI ALLEANO CON I DEMOCRATICI PER “COMMISSARIARE” TRUMP SULLE POLITICHE COMMERCIALI – CRESCE IL PRESSING PER LE DIMISSIONI DEL SEGRETARIO AL TESORO, SCOTT BESSENT, CHE PER ORA RESISTE
«Si vedono le prime crepe del sostegno a Donald Trump», confessa uno stratega di fede repubblicana. La settimana dei dazi a mezzo mondo va in archivio con una serie di segnali che la Casa Bianca – continua la fonte – farebbe bene a monitorare.
Martedì il candidato vicino ai repubblicani per la Corte suprema del Wisconsin è stato sconfitto nelle elezioni per il rinnovo di un seggio; quindi, Cory Booker, senatore democratico del New Jersey, ha parlato per 25 ore di fila generando attenzione e alimentando l’idea che una strada all’opposizione a Trump diversa è possibile; poi i cortei di sabato.
Le manifestazioni,1300 piazze, 600mila aderenti ufficiali (la CNN parla di «milioni» però), contro le politiche di Trump sono un indicatore di un sentimento che, benché non maggioritario nel Paese, offre elementi di risveglio.
La spia di un’America che oscilla fra rabbia, preoccupazione e scetticismo si è accesa anche fra i ranghi repubblicani. La presa di The Donald sul Grand Old Party è granitica, ma dalle maglie qualcuno sfugge e con una maggioranza al Congresso esigue basta poco per mandare in fibrillazione l’agenda.
Al Congresso la furia “pro dazi” dell’Amministrazione con invocazione dell’emergenza nazionale per imporre le tariffe, non è piaciuta. Sette repubblicani si sono schierati con i democratici a sostegno del Trade Review Act per riportare sotto controllo di Capitol Hill il grosso delle politiche commerciali. Altri repubblicani, come Grassley e Paul, hanno appoggiato una risoluzione per togliere i balzelli a Canada e Messico.
L’opposizione alle tariffe viene inoltre da altri settori conservatori: in Florida la New Civil Liberties Alliance ha presentato una causa contro l’Amministrazione per le modalità di imposizione delle tariffe alla Cina il 1° febbraio attraverso l’International Emergency Economic Powers Act.
La rivista National Review, bastione della galassia tradizionale conservatrice, parla di «attacco alla prosperità degli Usa». «Che succede? Non ci piace più vivere nel Paese
più ricco al mondo?», la provocazione consegnata in un articolo.
L’Amministrazione però tira dritto. Ieri i big del team economico hanno presenziato ai talk show domenicali e ribadito i concetti chiave. Kevin Hassett, che guida il Consiglio economico, ha rivelato di contatti con 50 Paesi che chiedono di intavolare negoziati e ha sminuito il contraccolpo sui consumatori americani.
Dai pesi massimi Scott Bessent (segretario al Tesoro) e Howard Lutnick (titolare del Commercio) la conferma che i dazi resteranno. Bessent: «Non aspettatevi degli accordi, sono cose (i dazi, ndr) che non si negoziano in giorni o settimane». Ha anche dato risposta al mondo di Wall Street che ha visto dileguarsi oltre 5mila miliardi di dollari in 48 ore: «È un aggiustamento del mercato, non significa stiamo andando verso la recessione» le sue parole alla NBC.
(da agenzie)
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