IL PATTO SEGRETO TRA BERSANI E ALFANO: “IL SOSTEGNO A MONTI CI COSTA, AIUTIAMOCI”
UN ASSE CHE SI BASA SULL’ASSUNTO CHE “NESSUNO DEVE PAGARE TROPPO IL SI’ A QUESTO GOVERNO”… OGGI PRANZO DELLA PACE TRA MONTI E IL CAVALIERE
«Ministro Fornero, mi raccomando, sulla riforma del mercato del lavoro è meglio procedere con cautela». Il consiglio deve aver lasciato di stucco ieri Elsa Fornero, anche perchè a dispensarglielo, sotto le volte affrescate del Quirinale, non è stato un esponente del Pd o dei sindacati, ma il segretario del Pdl Angelino Alfano.
Un episodio sorprendente se solo si pensa alla furia ideologica anti-Cgil del passato ministro Sacconi.
Il fatto è che Alfano è ora preoccupato per la tenuta del Pd e per la concorrenza dell’Italia dei Valori.
Così come Bersani guarda con apprensione alle crescenti lacerazioni interne nel Pdl e alla deriva separatista del Carroccio.
Entrambi poi fanno i conti con la crescita del terzo polo e la concorrenza di Casini.
Un intero quadro sta smottando e i segretari dei due maggiori partiti hanno quindi stretto un patto di mutuo sostegno per non farsi travolgere.
Ora si parlano, molto più spesso di quanto non si pensi, e anche ieri–complice il ricevimento da Napoletano – un colloquio c’è stato.
L’asse segreto si base sulla reciproca convenienza sull’assunto che «nessuno deve pagare troppo il sostegno a Monti».
Anche perchè, questo lo temono sia i vertici del Pd sia a via dell’Umiltà , i prossimi mesi saranno ancora più difficili e nessuno potrà sfilarsi facilmente dalla maggioranza.
«Tra febbraio e marzo forse sarà necessaria un’altra manovra–sospira Paolo Bonaiuti – e non vedo tutta questa fretta di andare a elezioni anticipate e raccogliere l’eredità del governo tecnico. Così, anche se ci sono inevitabili maldipancia, sia noi che il Pd continueremo ad appoggiare Monti».
Frutto di questo “appeasement” è anche il pranzo della pace che vedrà oggi a palazzo Chigi Mario Monti seduto accanto a Berlusconi e Gianni Letta.
Un invito arrivato dal premier ma preparato da una telefonata tra Napolitano e Letta. Il capo dello Stato era infatti preoccupato per l’escalation di toni del Cavaliere contro il governo.
L’atteggiamento di Berlusconi preoccupa Napolitano: un esecutivo descritto come un esproprio della democrazia, guidato da un premier «disperato».
Troppo per non far scattare l’allarme rosso del Quirinale. Così, grazie anche alla diplomazia felpata del Colle, si è arrivati al pranzo di oggi.
Facilitato da quel bigliettino che Monti inviò a Berlusconi venerdì scorso in aula, un invito a «collaborare» e a lasciarsi alle spalle i diverbi.
Il ruolo “pacificatore” di Napolitano è del resto sollecitato anche da Alfano e Bersani per abbassare la temperatura politica e offrire una sponda ai partiti che stanno pagando il prezzo più alto nell’appoggio a Monti.
Non è un caso che ieri il capo dello Stato abbia elogiato quelle forze politiche che hanno votato la fiducia a Monti, « un titolo di merito,non un motivo di imbarazzo». Ora tuttavia c’è un enorme scoglio che può mettere a rischio la maggioranza: la riforma del mercato del lavoro.
Una materia incandescente per il Pd, considerato il veto posto dalla Cgil. Che infatti porta un falco come Daniela Santanchè a ipotizzare che «Monti cadrà a gennaio, da sinistra, sull’articolo 18».
È per sventare questa trappola che Napolitano ieri ha iniziato la sua moral suasion sulle riforme da fare «senza rigide pregiudiziali», aprendo così una rete di protezione sotto al governo.
E per lo stesso motivo Alfano ha consigliato «cautela» al ministro Fornero, colpevole di aver evocato il tabù dell’articolo 18.
L’uscita del ministro del Welfare ha mandare fuori dai gangheri anche un fan di Monti come il Pd Beppe Fioroni: «Il governo su una materia come il lavoro dovrebbe comunicare di meno e condividere di più».
Anche perchè, in fondo, lasciando da parte l’articolo 18 sui licenziamenti, il Pdl e il Pd sono convinti di poter reggere la riforma in arrivo. «L’intesa è possibile–spiega a sera Dario Franceschini in un Transatlantico ormai deserto – ma non si può partire dall’articolo 18, che oltretutto riguarda ormai una minoranza di lavoratori. Se non si parte da lì un accordo è a portata di mano».
Anche Monti sembra sia consapevole del rischio di procedere a spallate su questo tema.
A Walter Veltroni, davanti al buffet al Quirinale, il premier ha assicurato che sulle pensioni «siamo dovuti intervenire rapidamente, ma il lavoro è un’altra cosa». L’articolo 18, ha ripetuto il Professore a più di un interlocutore, è «un falso problema», sul quale sarebbe sbagliato andare al «muro contro muro».
Ma la riforma del lavoro si farà , su questo il premier non è disposto a subire veti.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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