IL PIATTO PIANGE, IL MARGINE DI DEFICIT CHE IL GOVERNO SI È RITAGLIATO È DI APPENA QUATTRO MILIARDI. PRATICAMENTE NULLO
LE ALTERNATIVE SONO DUE: O SI TAGLIA O SI APRE L’ENNESIMO FRONTE CON L’EUROPA SUL DEFICIT, SFORANDO LA SOGLIA DEL 3,7%
Se le casse sono vuote, non restano che le promesse. Giorgia Meloni prova a riempire di senso un Def fragile. E lo fa annunciando durante il Consiglio dei ministri misure per la natalità, accompagnate da una spruzzata di propaganda con lo stato d’emergenza sull’immigrazione.
I nodi, però, sono destinati a venire comunque al pettine con la legge di bilancio, che sarà di appena quattro miliardi: è questo il margine di deficit che l’esecutivo si è ritagliato nel Documento di economia e finanza approvato ieri, già vincolandolo all’allentamento della «pressione fiscale». Risorse che potranno essere usate per finanziare la manovra d’autunno.
Davvero poca cosa, almeno a mettere in fila gli impegni presi: la riforma del fisco, quella delle pensioni, il sostegno alla famiglia e la conferma per un altro anno del taglio al cuneo fiscale, che da ieri vale oltre 7 miliardi e scade il 31 dicembre. Provvedimenti gravosi e per adesso senza copertura, a meno che Meloni non scelga di aprire un clamoroso fronte con l’Europa sul deficit, sforando la soglia del 3,7% proprio nell’anno in cui entra in vigore il nuovo patto di stabilità. Improbabile, rischiosissimo. L’alternativa è trovare all’interno del bilancio le risorse per coprire le promesse elettorali. Tradotto: risparmi di spesa e, quindi, tagli.
La verità è che la coperta è corta. E che Meloni deve affrontare anche un altro gigantesco problema: il suo alleato più forte, Matteo Salvini, ha deciso di minarne il consenso proprio sfruttando il nodo delle casse vuote. È per questo che anche ieri il leghista Riccardo Molinari ha bombardato Palazzo Chigi, su ordine del capo: «Con pochi miliardi quota 41 non si fa, questo è chiaro. Dovremmo capire quante risorse avremo e come potremo avvicinarci all’obiettivo. Stesso discorso della flat tax».
La partita è soprattutto politica. Salvini vuole colpire l’accordo tra la premier e Antonio Tajani. E non intende regalare quel che resta di Forza Italia a Meloni, senza combattere. Per questo, si muove nervosamente e a tutto campo. Il primo obiettivo è schiacciare FdI verso il centro, riconquistando l’elettorato più di destra. Punta a normalizzare Meloni, inchiodandola alle promesse non esaudite, intestandosi le battaglie più popolari nell’area sovranista e lasciando alla leader l’onere di deludere le aspettative
È il cuore della sua strategia. Salvini ritiene che il tempo farà la sua parte. «Giorgia si logorerà, è naturale stando a Palazzo Chigi», ha ripetuto in privato in questi giorni ai parlamentari berlusconiani che l’hanno cercato, allarmati dalla svolta meloniana di Forza Italia. Il suo obiettivo è convincere un gruppo di azzurri a traslocare (presto o tardi) nel Carroccio, sconvolgendo gli equilibri di maggioranza al Senato. A conferma delle sue tesi private, cita sempre più spesso i sondaggi di FdI, in costante calo: l’ultimo di Swg segnala una flessione dello 0,4%, anche se a dire il vero il partito della leader è comunque stimato al 29,3%. L’offensiva è iniziata, le Europee diranno chi avrà avuto ragione.
(da agenzie)
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