IL PREGIUDICATO: “ORA ABBIAMO LE MANI LIBERE” : E SI CHIUDE NEL BUNKER CON IL CONDANNATO FITTO E IL PLURINQUISITO VERDINI
SCHIFANI SI DIMETTE DA PRESIDENTE DEI SENATORI E VA CON ALFANO
Lo strappo è consumato. ”Mi trovo qui per compiere una scelta che non avrei mai pensato di compiere. Non aderire a Forza Italia“. Sono le parole con cui Angelino Alfano, nel corso della riunione dei governativi del Pdl, annuncia la nascita di gruppi autonomi che si chiameranno “Nuovo centrodestra”.
L’ex delfino di Berlusconi ha tenuto a largo Chigi una riunione ristretta con i suoi fedelissimi per poi incontrare gli altri parlamentari all’albergo Santa Chiara: i governativi si preparano a disertare la riunione del Consiglio nazionale che sancirà il ritorno a Forza Italia.
Primo scossone all’interno del partito, le dimissioni del capogruppo al Senato Renato Schifani: “Dopo aver preso atto della costituzione del nuovo gruppo al Senato, nato da una costola del Pdl, ritengo doveroso rassegnare le mie dimissioni da presidente del gruppo del Popolo della Libertà a Palazzo Madama”.
Segue il passo indietro del suo vice, Giuseppe Esposito.
Dura la reazione di Raffaele Fitto: “Da Alfano è venuto un atto gravissimo contro la sua stessa storia e contro Silvio Berlusconi, i nostri programmi e i nostri elettori. Il vero popolo di centrodestra giudicherà ”.
Intanto la Magistratura giudicherà lui, dopo la condanna per tangenti in primo grado“Questa mia scelta — ha spiegato il vicepremier — nasce dal fatto che queste settimane mi hanno dato la riprova di quanto abbiano prevalso le forze più estreme all’interno del nostro movimento politico”.
E ancora: “Saremo attaccati, ma non avremo paura, combatteremo per affermare le nostre idee. Questa sera abbiamo un grande alleato: la nostra buona coscienza, la buona coscienza di chi le ha provate tutte prima di arrivare a questa decisione”.
A confermare la scelta degli “innovatori” ci pensa un’altra “colomba”, Roberto Formigoni: “Ovviamente non parteciperemo al Consiglio nazionale domani. Non c’è scissione perchè il partito non c’è più, siamo 37 al Senato e 23 alla Camera”.
L’ultimo spiraglio di un accordo in extremis era sfumato poche ore prima.
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