IL PROBLEMA È RENZI: ROTTAMATORE A RISCHIO ROTTAMAZIONE
LA “TENDA” RIPOSTA DA PRODI, LE CRITICHE DI VELTRONI, IL TWEET DI FRANCESCHINI, L’INIZIATIVA DI ORLANDO… I BIG DENUNCIANO LO SNATURAMENTO DEL PD E APRONO UN A NUOVA FASE DALL’ESITO IMPREVEDIBILE
La “tenda” che Prodi rimette nello “zaino” come metafora di un accampamento che ha cambiato natura, il Pd. Non un incidente diplomatico tra il segretario, sempre un po’ grossier nei modi, e il composto Professore. È una fase nuova.
Per la prima volta Renzi è vissuto come un problema.
Il Professore è rimasto molto colpito non solo dai toni, dalle battute di Orfini, dal dileggio dei tweet, ma dall’arrogante rimozione della sconfitta, dalla superficialità con cui è stato accolto il suo tentativo, dalle accettate come risposta al “Vinavil”, dalla risposta a questa crisi profonda del Pd: “Rottamo, faccio il Macron italiano”.
È come cioè se segretario del Pd si muovesse su uno schema di killeraggio del Pd: il partito, per come è stato finora, è un impiccio, dunque quel che ne rimane lo trasformo in una sorta di lista Renzi.
Poche ore prima, su Repubblica Walter Veltroni aveva certificato, in modo asciutto e pacato, quella che in altri tempi si sarebbe chiamata mutazione genetica, rispetto al dna con il Pd nacque dieci anni fa al Lingotto: “Il partito non ha più identità “.
Per la prima volta la critica, severa, verso Renzi, ha due caratteristiche.
Tocca la natura stessa del Pd, l’identità già diventata un’altra. E coinvolge padri nobili, pezzi di partito che, per semplificare, il 4 dicembre avevano votato Sì. Entra cioè all’interno della sua maggioranza: “Vuole fare il Macron italiano? — dice un parlamentare dell’area Delrio — bene ma allora dovrebbe vincere le elezioni, non perdere ovunque. Questa è la differenza”.
Ecco. Quando succede tutto in un giorno è difficile spiegare con il caso e non rintracciare tra gli eventi una razionalità politica.
Racconta un parlamentare che ha pranzato negli ultimi giorni con Dario Franceschini: “I ministri stanno raccogliendo una preoccupazione dei vertici istituzionali. O pensiamo che Mattarella e Napolitano stanno tranquilli ad aspettare che Salvini diventi il prossimo ministro dell’Interno? È normale che chiedano a chi ha più responsabilità di farsi carico del problema”.
L’uscita del ministro della Cultura è stata subito derubricata, nelle raffiche renziane, a opportunismo o scarsa lucidità . In verità è il punto più concreto della nuova fase, dall’esito imprevedibile.
Uno dei principali sostenitori di Renzi apre le danze, contestando la narrazione dell'”abbiamo vinto le elezioni”, ma il messaggio vero, la sostanza politica, è che Franceschini sta dicendo: con Renzi si va a sbattere, occorre cambiare schema e leadership.
È questo l’argomento dei capannelli in Transatlantico. Quanto è esteso il fronte. E la sensazione è che sia particolarmente esteso. Graziano Delrio ha chiamato qualche parlamentare a lui più vicino a cena, per un punto. Da sempre ulivista, sensibile al prodismo, vede nero sulle capacità di recupero di Renzi nel paese. Anche se, però, al momento ha scelto di stare coperto.
Nell’ex convento di Santa Chiara, c’è invece la corrente di Andrea Orlando. Ugo Sposetti, mitico tesoriere dei ds, scuote la testa: “Quello che colpisce non è solo la reazione di Renzi, che è una roba che non sta nè in cielo nè in terra, ma il fatto che chi gli sta attorno non sia in grado di farlo ragionare”.
Andrea Orlando, dal palco difende Romano Prodi (“Non può essere inscritto tra i gufi e rosiconi. Meglio la foto dell’Unione che un governo con Grillo o Salvini”) e invoca un nuovo centrosinistra in cui vengano separati segretario e candidato premier. In platea parecchi parlamentari parlano di Renzi come nel 2011 alcuni di Forza Italia parlavano di Berlusconi: “Il problema è lui, non ragiona”.
Oppure ragiona benissimo, ma lo schema è da brividi. Un accampamento iper-personale e un intero gruppo dirigente costretto a prenderne atto e a togliere le tende. Per metterle altrove.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply