IL TERRORE CORRE SUL TROLLEY: ORA È GUERRA PER IL SEGGIO
TRA CAPILISTA NOMINATI E SIGNORI DELLE PREFERENZE, LA LEGGE SOMMA I DIFETTI DI QUELLE DEL PASSATO… E NEL PD SONO DECINE GLI ELETTI CHE RISCHIANO IL POSTO
Scaldate i motori dei trolley, che adesso c’è da girare davvero.
Mentre l’Italicum aspetta la benedizione firmata dal presidente Sergio Mattarella, a Montecitorio i figli di un dio minore si preparano alla loro guerra santa: tra nomi di bandiera (quei 100, pluricandidature incluse, capilista per ogni partito con il seggio assicurato) e capibastone con pacchetti da decine di migliaia di voti coltivati casa per casa, l’elezione con la nuova legge elettorale sarà più difficile che vincere alla lotteria.
Lo sanno bene in Parlamento.
Per questo già si ragiona sulle strategie di sopravvivenza. Qui non è questione di maggioranza o minoranza Pd, di nostalgici del Nazareno, di leghisti di successo, di grillini al secondo giro.
Qui c’è da mettere a fuoco una cosa: che l’Italicum riesce in un colpo solo a mantenere i guai del Porcellum (i nominati) e quelli delle preferenze (i cacicchi).
I 230 su piazza e la lotta fratricida
Il conto è presto fatto: il partito che otterrà il premio di maggioranza (che sia al primo turno o al ballottaggio) porta a casa 340 deputati.
Di questi, 100 vengono nominati: sono i capilista o i numeri 2 visto che sono possibili fino a dieci pluricandidature, cioè capilista identici in diversi collegi che alla fine dovranno optare per uno, facendo così eleggere chi stava in seconda posizione negli altri.
Restano quindi 230 posti. Che, suddivisi per i 100 collegi in cui sarà frazionata l’Italia, daranno una media di poco più di due eletti per lista.
Va ricordato che l’unico partito che manderà in Parlamento deputati scelti con le preferenze sarà probabilmente quello che vince le elezioni: gli altri si divideranno 290 poltrone e probabilmente eleggeranno solo i capilista (o poco più).
Tradotto: nomi scelti dalle segreterie nazionali.
Considerata la situazione politica attuale, dunque, i 230 eletti con le preferenze è plausibile che siano esponenti del Pd.
Così, tra i parlamentari democratici in carica, comincia a serpeggiare un’angoscia motivata: come sopravvivere nella morsa dei nominati dal partito e dei capibastone locali?
Per questo c’è da scaldare le ruote dei trolley: muoversi ora prima che sia troppo tardi. Ammette Ettore Rosato, capogruppo reggente del Pd, che bisognerà correre ai ripari: “Chi fa politica lo sa: le preferenze non si costruiscono in sei mesi o in un anno. Sul territorio bisogna tornare subito, è una novità che dovremo tenere in considerazione anche nel calendario dei lavori d’aula”. Ovvero: meno Roma, più casa. Altrimenti ci si ritrova alle elezioni coi posti già presi.
Voto di genere e regole nuove
Per la formazione delle liste si preannuncia una guerra nucleare.
I nomi papabili saranno al massimo sei, ma — come calcolavamo qui sopra — la vera posta in gioco è due.
Esattamente il numero di preferenze che si possono esprimere, salvo mettere la croce su un uomo e su una donna.
Il voto di genere, però, non è un obbligo. Così, per concentrare le preferenze, è facilmente immaginabile che nessuno farà campagna elettorale per i colleghi di lista: “Ai tempi della Prima Repubblica — spiega Pino Pisicchio, capogruppo del Misto — di preferenze se ne potevano dare 4: si faceva gioco di squadra, si concorreva per il bene della lista. Ora il nemico non sarà più fuori dal partito, ma dentro il partito”.
Mors tua, vita mea. Un sottotesto che, occhio e croce, non favorirà nemmeno l’alternanza di genere in Parlamento.
Ai parlamentari meno radicati sul territorio non resta che sperare nelle regole: già nel 2013, il Pd, escluse dalle candidature (salvo deroga) chi sedeva nelle assemblee regionali e provinciali.
E poi c’è l’ipotesi primarie: anche la volta scorsa, una parte delle liste democratiche nacque sulla base dei risultati di circoli e gazebo.
L’opinione diffusa, comunque, è che delle preferenze si sperimenterà il lato peggiore. Troppo pochi i posti in ballo per permettere una vera scelta dei cittadini.
Quei due posti liberi finiranno inevitabilmente nel carnaio dei cacicchi e dei potentati locali. Il trolley, come arma, pare un filo arrugginito.
Paolo Zanca
(da “il Fatto Quotidiano”)
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