IN SPAGNA TORNA A SOFFIARE IL VENTO CONSERVATORE, IN ALCUNI CASI REAZIONARIO
SANCHEZ HA RECEPITO IL MESSAGGIO PORTANDO IL PAESE AD ELEZIONI ANTICIPATE: DECIDANO GLI SPAGNOLI DEL LORO FUTURO
Per i socialisti spagnoli, si scrive sui giornali, è stata una notte “aciaga”, infausta. Ed effettivamente la tornata amministrativa parziale in Spagna che vedeva al voto città preminenti come Madrid, Siviglia, Malaga, Barcellona e alcune regioni come la Castilla, hanno dato risultati in chiaroscuro.
Si ripropone un nuovo bipolarismo e Psoe e Pp ridiventano partiti cardine del sistema democratico spagnolo. Le elezioni locali in questo caso hanno rovesciato una tendenza nazionale che vedeva i socialisti di Pedro Sanchez primeggiare in tutti i sondaggi, la stabilità politica unita a buone intuizioni sul piano politico-economico davano la sensazione che la socialdemocrazia in salsa iberica contenesse l’avanzata generalizzata delle destre in Europa.
La sconfitta in alcune aree tradizionalmente legate al Psoe, l’Andalusia su tutte, la secca battuta d’arresto a Madrid, ripropone il Partito Popolare come reale alternativa di governo per le elezioni che Sanchez ha voluto anticipare di sei mesi.
Il voto parziale sembra anche gettare la parola fine o crisi sui movimenti alternativi al bipartitismo spagnolo che avevano insidiato le due grandi tradizionali forze politiche.
I movimentisti di sinistra divenuti partito di governo di Podemos e i centristi liberali di Ciudadanos pagano il prezzo alla ritrovata stabilità iberica, segno che le novità quando non hanno radici e non sono in grado di mantenere lo stesso spirito primordiale della contestazione anti-politica sono destinati al lento declino.
Podemos riduce di netto la sua rappresentanza nei consigli comunali e ha subìto la crescente affermazione di Yolanda Diaz, il ministro del Lavoro che ha dato vita a una propria formazione politica, Sumar, che di fatto ha affievolito il vento delle vele di Podemos.
Quello che era considerato un fiore all’occhiello del movimentismo di sinistra nei primi dieci anni del secolo, ovvero Barcellona e la sua sindaca Ada Colau, deve registrare una battuta d’arresto.
Regge ma arriva solo terza dopo il candidato socialista e soprattutto dopo Xavier Trias, il vecchio sindaco conservatore e indipendentista che “vince” le elezioni ma non potrà avere numeri sufficienti per governare la capitale della Catalogna, la città che gli indipendentisti non riescono a conquistare del tutto.
Semmai la crisi delle formazioni che avevano lanciato il guanto di sfida a Madrid, indicano lo stallo del “processo” separatista, pronto a riemergere nel caso del ritorno della destra al potere in Spagna.
È nella regione turbolenta e contesa che i socialisti si prendono grandi soddisfazioni e pongono un argine sia ai popolari sia verso gli indipendentisti. Sanchez deve al “cinturon rojo” ovvero alla tradizione amministrativa del socialismo catalano la sua unica ragione per non considerare questo turno elettorale più che un segnale d’allarme.
Il paese cresce, non a un ritmo vertiginoso, ma è ritornato a correre. Misure sociali compatibili con il bilancio dello Stato hanno raggiunto milioni di spagnoli, la pandemia è stata gestita con giudizio e la propria posizione, ferma, in Europa e sullo scenario internazionale, ha nuovamente reso la Spagna protagonista.
Eppure la destra fa un balzo in avanti, riemerge addirittura una formazione di estrema destra, Vox l’alleata naturale di Giorgia Meloni, che conquista uno spazio di rilievo e sarà stampella del PP in molte amministrazioni.
È presto per fasciarsi la testa, sono pur sempre elezioni parziali e locali, ma il vento conservatore e in alcuni casi reazionario è tornato a soffiare, non è sbagliato preoccuparsene. Infatti Pedro Sanchez si è dimostrato solerte, ha recepito il messaggio ed è corso ai ripari. Decidano gli spagnoli del loro futuro.
(da agenzie)
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