INTERVISTA A ALMA SHALABAYEVA: “AZIONE PREMEDITATA, COSI’ L’ITALIA HA CEDUTO AL RICATTO”
PARLA LA MOGLIE DEL DISSIDENTE KAZAKO
Seduta nel grande salone dello studio del suo avvocato romano, Alma Shalabayeva segue gli sviluppi dell’inchiesta di Perugia e ripete come un mantra la stessa parola: «rapimento».
Per la moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, il blitz del 29 maggio 2013 e le 48 ore seguenti che hanno portato alla sua espulsione e a quella di sua figlia, sono stati un «rapimento, operato con coscienza e consapevolezza fin dall’inizio».
Su quali basi lancia accuse così pesanti?
«Perchè fin dalla prima irruzione, ho tentato in tutti i modi di spiegare agli agenti e ai funzionari di Polizia chi fossi, chi fosse mio marito e quale fosse il mio status. Da subito ho fatto presente che Mukhtar Ablyazov era un dissidente e un perseguitato politico dal governo kazako».
Qual è stata la risposta italiana?
«Una chiusura totale. Oggi posso dire di essere stata deportata nonostante avessi un passaporto diplomatico assolutamente autentico e non mi è stata data neanche la possibilità di spiegarmi con un traduttore. In quei giorni ho assistito ad una costante violazione dei diritti umani».
Questo atteggiamento si è ripetuto anche in altre situazioni?
«Si è ripetuto ovunque, sia al Centro per l’immigrazione che nel corso dell’udienza con il giudice di pace. Quando mi trovavo al Cie di Ponte Galeria ho detto a tutte le persone presenti chi ero, che avevo un regolare passaporto e che mio marito era un perseguitato politico. E lo stesso ho fatto con gli uomini dell’ufficio immigrazione, ma nessuno mi ha dato ascolto».
Insieme a lei le autorità italiane hanno espulso anche sua figlia Alua, una bambina di sei anni. Come è andata quella vicenda?
«Il 29 maggio mia figlia era stata affidata alla zia Seraliyeva e nonostante questo la Polizia italiana l’ha condotta con l’inganno all’aeroporto di Ciampino dove siamo state imbarcate insieme. Ho chiesto in tutti i modi di non prendere Alua ma non mi hanno dato ascolto».
Nei giorni precedenti all’irruzione nella villa di Casal Palocco ha avuto sentore che qualcosa stesse per accadere?
«Notai che c’era qualcosa di strano e notai un insolito viavai fuori dalla casa. Ovviamente conoscevo bene la condizione di mio marito, ma non avrei mai immaginato che si sarebbe arrivati a questo».
Di cosa aveva paura?
«Del governo kazako. Era chiaro a tutti che io e mia figlia saremmo state trattate da Astana come due ostaggi. Gli servivamo solo per avere mio marito. E le autorità italiane si sono prestate a questo ricatto».
Dobbiamo guardare ad Astana, quindi, per capire chi sono i mandanti di questa operazione?
«Mi sembra evidente. Tutte le operazioni della vostra Polizia sono state condotte dialogando con i rappresentanti kazaki in Italia. Sono loro i primi organizzatori del mio rapimento e della mia espulsione».
(da “la Repubblica”)
Leave a Reply