INTERVISTA A GRASSO: “SEMPRE STATO SUPER PARTES, TUTELO LA DIGNITA’ DELLE ISTITUZIONI”
IL PRESIDENTE DEL SENATO RESPINGE LE ACCUSE DI FORZA ITALIA
Lo rifarebbe? «Certo». È pentito? «No». Decisione tecnica o politica? «Istituzionale». Ora che accadrà della riforma elettorale? «Andrà avanti».
Pietro Grasso parla mentre la sua auto sfreccia verso l’aeroporto dove l’attende un volo per la Tunisia.
Dice: «Come si potrebbe non seguire un processo del genere? È doveroso e necessario».
E ancora: «Revocare la costituzione? Io non ne vedo il motivo»
La giornata peggiore dall’inizio del suo mandato?
«Assolutamente no, ce ne sono state altre. Per me le peggiori sono tutte quelle in cui non si riesce a fare nulla di concreto per risolvere i problemi dei cittadini, che sono molti e gravi».
I berlusconiani la rimproverano di non aver mai smesso la toga… È un’offesa?
«Intanto ho cambiato funzione, mi sono dimesso dalla magistratura e so ben distinguere la differenza dei ruoli. Ciò detto, l’aver mantenuto la capacità di essere autonomo, indipendente e super partes non mi costa fatica, è quello che ho fatto per 43 anni da magistrato, e credo che questi valori possano essere utili anche alla politica».
Fazioso, persecutorio, perfino cattivo, grida Forza Italia. L’aveva messo nel conto?
«Avevo previsto una comprensibile reazione, ma non questi toni così aggressivi».
Le rivolgono un’accusa grave per un presidente, di non rappresentare tutti…
«In questa situazione le parti erano divise: ho ascoltato tutti e deciso autonomamente, con grande senso di responsabilità ».
Dicono che dietro di lei c’è Napolitano. Gli ha parlato?
«Alla fine del consiglio di presidenza, con una battuta, ho comunicato che “mi sarei ritirato in camera di consiglio per deliberare”, e così ho fatto. Non ho seguito le agenzie ne avuto contatti con alcuno prima della decisione».
«Sono coerente con la mia storia», dice lei. Ma la coerenza da magistrato non cozza con il Grasso ormai politico del Pd che deve farsi carico delle riforme? Non rischia di rompere il feeling Renzi-Berlusconi?
«Come presidente ho anteposto la difesa della dignità e dell’immagine dell’istituzione che rappresento. Sono convinto che questa dovrebbe essere la normalità e che non dovrebbe inficiare in alcun modo la spinta riformatrice condivisa dalle forzepolitiche».
Ne ha parlato con Renzi?
«Ho deciso da solo».
Ha chiamato prima Berlusconi?
«Ho chiamato tutti i capigruppo 48 ore prima del consiglio di presidenza, in modo da dare a tutti la possibilità di valutare laportata politica del tema e di condividere con i propri rappresentanti ogni valutazione in vista della riunione».
Il merito della decisione. È giusto che il presidente del Senato si assuma da solo la responsabilità ?
«Fa parte del ruolo, ed è stato unanimemente riconosciuto anche durante l’acceso dibattito inaula. Al contrario di quanto mi viene contestato io non ho voluto umiliare il consiglio di presidenza, piuttosto valorizzarlo, chiedendo a ciascuno le proprie argomentazioni. Non c’è stata una richiesta di parere, e non si è arrivati a nessun voto. Questo era chiaro a tutti. Prima della riunione ero aperto a ogni soluzione. Ho fatto tesoro delle argomentazioni di tutti, poi ho deciso».
Decisione tecnica o politica? C’erano gli estremi per non costituire parte civile il Senato?
«La costituzione di parte civile è una facoltà . Mi sono convinto che essere presenti al processo tramite l’Avvocatura era non solo doveroso, ma necessario. Non ho trascurato che vengono citate nel capo d’imputazione sedute specifiche del Senato nel corso delle quali si sarebbero commessi i fatti e che alcuni senatori sono chiamati come testimoni. Come si potrebbe non seguire un processo del genere? Circa l’effettiva qualità di persona offesa del Senato sarà il tribunale a decidere sull’ammissibilità ».
Non c’erano precedenti, dicono i suoi detrattori…
«È vero, ma non c’erano nemmeno precedenti di un processo in cui degli imputati venivano tratti a giudizio per la compravendita di senatori e per aver alterato il rapporto di rappresentatività tra parlamentari ed elettori».
In aula ha detto che la costituzione si può revocare. Lo pensa davvero?
«Se non ci fossimo costituiti parte civile entro l’11 febbraio non avremmo più potuto farlo, ma si può revocare in ogni momento. Io non ne vedo il motivo, per me rimane ferma la necessità di seguire l’iter processuale e l’accertamento di una verità che riguarda il Senato come istituzione».
Dicono che parlando di «dovere morale» lei abbia qualificato come immorali coloro che non erano d’accordo…
«Non ho inteso in alcun modo tacciare di immoralità chi si è espresso contro la costituzione. Si è trattato solo di una mia personale e ulteriore motivazione rispetto a quelle giuridico-politiche prospettate nella riunione».
Per chi era la battuta «senatore, ex per fortuna»?
«Non era una battuta: era una constatazione sull’ex senatore De Gregorio, che ha ammesso di aver venduto il proprio voto per denaro. Si può restare indifferenti ed estranei a tutto questo?».
Prima la decadenza di Berlusconi, ora la costituzione. I suoi detrattori dicono che è più antiberlusconiano ora di quando era magistrato…
«Non ho mai avuto sentimenti persecutori contro nessuno. Ricordo la pioggia di critiche per aver riconosciuto i meriti di alcuni ministri di un suo governo, a riprova che ho sempre affrontato con obiettività i temi che riguardavano lui come chiunque altro. Spero che si ritorni presto alla normalità e alla tranquillità nei rapporti tra i senatori e il loro presidente. Sono sempre stato e resto sopra le parti in questo ruolo istituzionale, sereno per la decisione che ho preso e che avrei preso nei confronti di chiunque».
Liana Milella
(da “La Repubblica“)
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