INTERVISTA ALLO STORICO GIUSEPPE BERTA: “LA SINISTRA? GUARDA A DESTRA. ED E’ FINITA”
IL DOCENTE DELLA BOCCONI: “I LABURISTI INGLESI E I SOCIALDEMOCRATICI TEDESCHI, I MODELLI RENZIANI, NON SI SONO PIU’ RIPRESI DALLA SCONFITTA ELETTORALE”
Il cambiamento è epocale. Immaginiamo l’articolo 18 come un perno: “Ci si appoggia per rivoltare la sinistra in qualcosa di diverso, senza una matrice socialista e lungo il solco tracciato da quelle che un tempo furono le sinistre socialdemocratiche europee”.
E che oggi, per Giuseppe Berta, storico dell’industria e docente alla Bocconi di Milano, sono agonizzanti: “Se Matteo Renzi vede in Tony Blair il suo mentore, allora è normale che cerchi di spezzare il legame con i sindacati: lo hanno fatto i laburisti inglesi e i socialdemocratici tedeschi. I primi non si sono ancora ripresi e vivono delle disgrazie altrui, i secondi fanno parte di una coalizione su cui non riescono a incidere, a parte il salario minimo, lo strumento che dovrebbe far salire gli stipendi dei mini job creati durante il mandato del socialdemocratico Gerhard Schrà¶der”.
Il premier sull’articolo 18 rischia di spaccare il suo partito.
Nessuno pensa che questo, in una fase recessiva, generi posti di lavoro.
A cosa serve allora?
Ci si rivolge all’Europa, ma soprattutto a un pubblico più ampio: quello che apprezza la politica antisindacale.
L’elettorato di destra?
Il ceto medio, che è poi quello che si deve sobbarcare il peso maggiore delle tutele sociali. Così si aumenta la base elettorale: è la sfida che si è posta di fronte ai partiti socialisti europei dopo la lunga fase degli anni 80 lontani dal governo.
Con quali risultati?
La fine della sinistra come la conoscevamo. E con essa il difensore del welfare state (le tutele dello stato sociale, ndr) e dell’economia mista: la compresenza di due poli – il pubblico e il privato – come motori dell’economia. Un declino iniziato negli anni 80 con le idee di Margareth Thatcher e proseguito con Blair e Schrà¶der.
Tutti contro i sindacati?
Blair non fece nulla per sanare gli squilibri creati dalla Lady di Ferro, Schrà¶der fece di peggio: affidò le riforme del mercato del lavoro a Peter Hartz, capo del personale della Volkswagen, poi condannato per corruzione dei rappresentanti sindacali.
Perchè il welfare state è rimesso in discussione?
Perchè costa, tanto. Perfino i partiti socialdemocratici scandinavi si sono indeboliti difendendolo. Nel ’76, prima della Thatcher, dopo 40 anni al governo la socialdemocrazia svedese perse le elezioni: era il segno dell’insofferenza verso una forma di tutele che comporta una pressione fiscale elevata, ma è anche l’unica via per ridurre le disuguaglianze.
La sinistra è in disarmo. La svolta a favore della globalizzazione, se all’inizio li ha riportati al governo, li ha poi svuotati della loro stessa natura. Ora ne pagano le conseguenze: i socialisti francesi sono al minimo storico. Zero idee e mancanza di coraggio: hanno perfino accolto l’euro senza porsi il problema delle conseguenze.
Colpa della globalizzazione?
Vi hanno aderito convinti, come se contenesse un moltiplicatore di ricchezza, ma la globalizzazione riduce l’autonomia degli Stati – consentendo alla grande industria di trasferire gli investimenti dove più conviene – e la sinistra ha sempre fatto perno sullo Stato-Nazione.
Renzi ha in mente questo piano?
Segue la stessa logica.
Ma una riforma del lavoro può essere utile.
Certo, ma c’è un paradosso incredibile: si riforma il mercato del lavoro senza sapere qual è il modello economico che vogliamo adottare, e con una gigantesca incertezza sugli ammortizzatori sociali. In Europa si vuole tutelare il lavoratore sul mercato e non all’interno del luogo di lavoro. Lo Statuto dei Lavoratori fa l’esatto opposto, perchè è nato in un contesto molto diverso. Nessuno dei due è giusto o sbagliato a prescindere, ma bisogna saper scegliere. Invece si attacca il sindacato.
Che però si è dimenticato di milioni di lavoratori precari.
Ha colpe gigantesche, ma i problemi sono altri: abbiamo perso un quarto dell’apparato produttivo.
Ora si parla di “modello tedesco”.
Lì si è fatto perno sulla potenza di fuoco di alcune grandi imprese, con buoni ammortizzatori sociali. Ma si rischia l’implosione. Se lei fa un giro a Berlino si accorge che i supermercati sono vuoti e la vita costa meno che a Torino: significa che la domanda interna è depressa.
Carlo Di Foggia
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