JOBS ACT INSTINCT, LA FREGATURA DEL TFR IN BUSTA PAGA: PIU’ TASSE E MENO DETRAZIONI
SECONDO LA FONDAZIONE DEI CONSULENTI DEL LAVORO: L’ANTICIPO SARA’ CONVENIENTE SOLO PER I LAVORATORI CON UN REDDITO FINO A 15.000 EURO
La possibilità di farsi accreditare in busta paga il Tfr (Trattamento di fine rapporto) rischia di rivelarsi un boomerang per i contribuenti.
Al momento si parla di indiscrezioni, visto che il testo della legge di Stabilità disponibile è ancora catalogato come “bozza”. Ma se si confermasse, esso prevede che l’anticipo del reddito sia trattato come componente aggiuntiva dello stipendio e – si legge al comma 1 dell’articolo 6 – sia “assoggettato a tassazione ordinaria e non imponibile ai fini previdenziali”.
Quindi sì nel conto Irpef, no in quello dei contributi.
Secondo i primi calcoli della Fondazione studi dei consulenti del lavoro, l’anticipo del Tfr in busta paga sarà conveniente per i lavoratori con un reddito fino a 15.000 euro mentre subiranno un aggravio fiscale quelli al di sopra di questa soglia, con un aumento annuale di tasse che, per chi ha 90.000 euro di reddito, arriva a 569 euro l’anno (1.895 euro in meno per il periodo marzo 2015-giugno 2018).
Il problema si somma a un rischio di cui Repubblica ha dato conto nelle scorse settimane: più Tfr in busta paga potrebbe tradursi in meno agevolazioni per asili nido, mense scolastiche, tasse universitarie.
E anche minori detrazioni Tasi.
Il rischio è quello di perdere gli sconti legati al reddito Isee, destinato con certezza a lievitare nel caso in cui il dipendente optasse per l’anticipo della liquidazione nel cedolino del prossimo anno.
Non una faccenda di poco conto. Assicurata la liquidità alle piccole e medie imprese grazie al circuito bancario, il corollario più pericoloso del Tfr subitoora diventa proprio questo. Il pericolo cioè che il lavoratore ci perda.
E che ci guadagni, alla fine, solo lo Stato.
Di quanti soldi parliamo? In media, 100 euro al mese, 1.200 euro l’anno, netti.
Un dipendente che viaggia attorno ai 23 mila euro lordi annui (l’imponibile medio dei lavoratori italiani nel privato), se scegliesse l’anticipo del suo Tfr, vedrebbe salire la busta paga di 106 euro in più (netti) da gennaio in poi. Oppure di 1.269 euro tutti in una volta.
Il vantaggio mensile di fatto oscillerebbe tra gli 85 e i 153 euro, a seconda dei redditi (dai 18 mila ai 35 mila euro annui), ha calcolato il Caf Uil.
Ma i conti non scontavano che venisse trattato come cumulo di reddito, quindi che potesse dar luogo a un’aliquota Irpef più alta di cui sopra.
All’aggiunta del reddito imponibile ai fini Irpef, si somma la crescita di quello Isee.
Che proprio dal 2015 ricomprende nel suo calcolo, giustappunto, anche tutti i redditi a tassazione separata, come appunto il Tfr, oggi esclusi.
Maggiore reddito Isee significa minori sconti, specie per redditi medio- bassi.
Qualche esempio:
Un reddito Isee di 12.500 euro a Milano paga una tariffa di asilo nido pari a 103 euro mensili. Ma se quel reddito si alzasse anche solo di un euro per effetto del Tfr anticipato – la retta passerebbe a 232 euro: 129 euro in più al mese. Conviene?
Il costo della mensa scolastica a Roma è di 50 euro mensili per redditi Isee non superiori, anche qui, a 12.500 euro. Limite che un anticipo di liquidazione potrebbe violare, portando così la mensa a 54 euro.
L’iscrizione all’università La Sapienza di Roma costa 549 euro l’anno, per i redditi Isee di 12 mila euro. Si passerebbe a 600 euro con un reddito poco sopra.
A Bari chi ha un reddito Isee di 10 mila euro non paga la Tasi.
Sarebbe rischioso accettare il Tfr nello stipendio, se poi questo comportasse l’obbligo di versare la tassa sulla casa e per giunta con aliquota massima, al 3,3 per mille.
“Sarà una scelta volontaria”, rassicurava ieri il ministro dell’Interno Alfano.
“E se si fa, non costerà neanche un euro in più di tasse”, rincarava il viceministro all’Economia Morando.
Dipende, verrebbe da dire.
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