KAZAKISTAN: “TORTURE, LIMITI A LIBERTA’ DI ESPRESSIONE E RELIGIOSA, DETENZIONI ARBITRARIE, MALTRATTAMENTI NELLE CARCERI”: I SISTEMI DELL’EX CAPO DEL PARTITO COMUNISTA KAZACO
AMNESTY INTERNATIONAL: “NON RISPETTA I DIRITTI UMANI: PERSINO ASFISSIA CON SACCHETTI DI PLASTICA PER OTTENERE CONFESSIONI DAI SOSPETTATI, NESSUNA ASSISTENZA MEDICA IN CARCERE”
Più che legittime e comprensibili appaiono le preoccupazioni di Mukhtar Ablyazov, l’oppositore kazako, marito di Alma Shalabayeva, la donna prelevata a Roma assieme a sua figlia di 6 anni e rimpatriata in Kazakistan con un jet privato, in un blitz dai contorni assai opachi, del quale lo stesso ministro degli Interni, Alfano, non sarebbe stato informato.
La paura di Ablyazov ora è che, dopo la decisione del governo italiano di revocare l’espulsione della donna, sua figlia possa essere rinchiusa in un orfanotrofio e sua moglie rinchiusa in una cella. Come, del resto, già risulta, sebbene per ora in stato di arresto domiciliare.
Le ragioni di Ablyazov.
Ha ragione a preoccuparsi Ablyazov – in esilio a Londra – perchè il clima nel suo paese sembra davvero irrespirabile, dal punto di vista dei diritti umani e delle garanzie minime di libertà di espressione.
C’è un rapporto di Amnesy Internazional, che analizza nel dettaglio la situazione nel paese governato da Nursultan Nazarbayev, che parla – ad esempio – di un sistema giudiziario dove sono ammesse come prove anche le confessioni a carico di imputati, difesi da avvocati che portano in dibattimento contro-prove per dimostrare che quelle stesse confessioni sono state estorte con la tortura.
In altre parole, gli standard internazionali di equità processuale, non verrebbero neanche minimamente rispettati.
Le pesanti limitazioni della libertà .
In un contesto di operazioni di contrasto al terrorismo e alla corruzione, perdurano – si legge nel rapporto di Amnesty – pesanti limitazioni alla libertà di espressione e di religione.
Il diritto alla libertà di religione è tuttora limitato e le minoranze religiose hanno continuato a denunciare vessazioni da parte della polizia e delle autorità locali. Musulmani che esercitavano il culto al di fuori delle moschee autorizzate, come la comunità Ahmadi e i seguaci del movimento salafita, hanno riferito di essere sempre più nel mirino della polizia e dell’Nss.
Tra i gruppi più perseguiti vi sono stati richiedenti asilo e rifugiati dall’Uzbekistan e membri o presunti membri di gruppi islamici o di partiti islamisti non registrati oppure messi al bando.
Alcuni esponenti politici di alto profilo coinvolti in operazioni anticorruzione hanno continuato a essere detenuti arbitrariamente.
I funzionari dell’Nss (i servizi di sicurezza kazaki) sono stati accusati di utilizzare sistematicamente tortura e altri maltrattamenti nei centri di detenzione preventiva sotto la loro giurisdizione.
Alle Commissioni pubbliche di controllo, incaricate dell’ispezione delle strutture detentive, è stato negato l’accesso ai centri di detenzione dell’Nss.
Le furbizie di Nazarbayev.
Tre anni fa, il governo di Astana (capitale dello Stato) ha approvato un piano di tutela dei diritti umani con lo scopo di fugare i dubbi e le preoccupazioni delle organizzazioni per i diritti umani nazionali e internazionali sull’incapacità del Kazakistan di rispettare i propri obblighi in questo ambito.
Una mossa che Nazarbayev fece, non a caso, alla vigilia della presidenza provvisoria del Kazakistan nel gennaio 2010.
Ma trascorsi appena sei mesi, lo stesso Nazarbayev introdusse degli emendamenti a delle norme che regolavano l’uso di internet, sottoponendo le comunicazioni attraverso la Rete alle stesse norme rigidissime che governano gli altri organi di informazione.
Norme che prevedono, senza mezzi termini, sanzioni penali per chi critica il presidente e i funzionari del governo.
Le detenzioni non registrate.
Nel corso di una istruttoria – tanto per fare un altro esempio – relativa ad un caso di possibile estradizione dall’Ucraina di un cittadino, Amir Damirovich Kaboulov, la Corte europea dei diritti umani stabilì che trasferirlo in Kazakistan, nonostante il sospetto che si trattasse di un criminale, avrebbe violato l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani, poichè le persone estradate avrebbero corso un grave rischio di essere sottoposte a tortura o trattamenti disumani o degradanti.
Infatti, nonostante le modifiche al codice penale e a quello di procedura penale, per arginare le azioni illegittime, la pratica della tortura e dei maltrattamenti hanno continuato a essere assai diffusi.
Così come le confessioni estorte con la forza godono tuttora della forza processuale di una prova, nonostante evidenti smentite, nel paese governato da Nazarbayev continuano le detenzioni non registrate di persone, ben oltre le tre ore consentite dal diritto interno, così come non è stata affrontata la mancanza di una chiara definizione di detenzione, a dispetto delle raccomandazioni del Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura del novembre 2008.
Il dossier del relatore speciale dell’ONU.
Quattro anni fa, il Relatore speciale dell’Onu sulla tortura, in visita ad Astana, ha detto chiaro e tondo di “aver raccolto molte denunce credibili di percosse con mani e pugni, bottiglie di plastica riempite di sabbia e manganelli in uso alla polizia e di calci, asfissia con sacchetti di plastica e maschere antigas, utilizzate per ottenere confessioni dai sospettati. In diversi casi, tali affermazioni sono state avvalorate da referti di medicina legale”.
Un tribunale di Astana, un paio di anni fa, ha condannato due uomini, rispettivamente a 25 anni di reclusione e all’ergastolo, per l’omicidio premeditato di una donna e dei suoi tre bambini.
Entrambi gli hanno sempre affermato di non aver commesso gli omicidi, ma di essere stati torturati durante la detenzione per costringerli a confessare.
Secondo osservatori del processo, il giudice ha ordinato alla giuria di non prendere in considerazione le accuse di tortura.
A quanto sembra, una videoregistrazione in mano alla polizia kazaka, mostrava uno dei due condannati coperto di lividi.
Quel nastro è poi risultato “smarrito” dal pubblico ministero.
La Corte suprema ha poi respinto i ricorsi presentati da entrambi gli imputati., e per quanto riguarda le accuse di tortura, non risulta che siano state condotte indagini.
La situazione delle carceri.
Lo stesso Relatore speciale delle Nazioni Unite ha anche dichiarato che “alcuni gruppi sociali corrono maggiori rischi di trattamento crudele, disumano e degradante rispetto ad altri”, rilevando che la probabilità per gli stranieri di venire sottoposti a tale trattamento sembrava essere “superiore alla media”.
La relazione di Amnesty affronta poi l’altrettanto preoccupante situazione delle carceri kazake, dove vengono rifiutate le cure mediche necessarie e dove i detenuti possono contare soltanto sulle medicine procurate loro dai familiari.
Luoghi, a quanto pare, difficilmente visitabili da rappresentanti del Parlamento e comunque assolutamente interdetti agli organi d’informazione.
Chi è Nazabayev.
Eletto circa vent’anni fa con più del 90% dei consensi – plebisciti frequenti tra gli autocrati dell’Asia centrale – Nursultan Nazarbayev, che ora per legge è rielegibile ad libitum, prima di diventare presidente era da tempo a capo del Partito comunista kazako, quando c’era ancora l’URSS.
In un clima del genere, è abbastanza comprensibile che non si palesino frequentemente degli oppositori, soprattutto perchè gli apparati del governo non fanno nulla per non diffondere nella popolazione la convinzione che è meglio stare un po’ tutti al proprio posto, senza alzare la voce, in un paese dalle immense ricchezze minerarie e – stando a diversi rapporti di organizzazioni per la difesa dei diritti umani – interessato da livelli di corruzioni, diciamo così, “superiori alla media”.
Nella foto di famiglia.
Nella foto di famiglia del presidente Kazako figura anche suo genero, ormai ex, tal Rakhat Aliyev, marito di sua figlia Dariga, già viceministro degli Esteri e ambasciatore a Vienna, dale spiccate inclinazioni al successo personale.
Ambizioni che lo hanno portato ad inciampare in un procedimento giudiziario assai complicato, al punto da costringerlo ad uscire di scena.
Nel frattempo si è reso per legge ripresidenziabile ad infinitum
Carlo Ciavoni
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