IL PACCO: VENT’ANNI DI RATE PER ANDARE IN PENSIONE PRIMA, MA CON ASSEGNO DECURTATO FINO AL 15% IN ETERNO
LA PROPOSTA DEL GOVERNO SULLA FLESSIBILITA’
I lavoratori over 63, progressivamente quelli nati tra il 1951 e il 1955, potranno andare in pensione con tre anni di anticipo grazie a un prestito, da restituire a banche e fondi pensioni con gli interessi nell’arco di 20 anni, senza “penalizzazioni previdenziali” ma con taglio sull’assegno che potrebbe arrivare fino al 15%.
Così Tommaso Nannicini e il ministro Giuliano Poletti hanno presentato l’Ape, ovvero il meccanismo di flessibilità in uscita, nell’incontro con i sindacati che si è tenuto al ministero del Lavoro.
Un racconto che sembra aver convinto Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo.
La rassicurazione del braccio destro di Renzi che il meccanismo pensato dal governo non preveda “penalizzazioni” sulle pensioni viene vissuta come una prima vittoria Cgil, Cisl e Uil.
Una risposta a una delle loro rivendicazioni. “Non possiamo trascurare — ha detto ad esempio Camusso al termine dell’incontro al ministero, durato quasi quattro ore – che ci siano delle novità positive, ovvero il fatto che non ci siano penalizzazioni. Ma è ancora troppo poco per dire che siamo in una fase di conclusione delle nostre valutazioni. Speriamo che il confronto continui e produca dei risultati”.
Analizzando quanto illustrato dal governo, in realtà chi sceglierà di lasciare il lavoro prima del tempo avrà una penalizzazione sull’assegno pensionistico.
Nannicini sottolinea che non si tratta di una “penalizzazione previdenziale” ma comunque la rata di ammortamento, ovvero la rata che si dovrà restituire a banche, assicurazioni o fondi pensioni che presteranno al lavoratore i soldi per andare in pensione con tre anni di anticipo, sarà essa stessa una penalizzazione.
Che potrà arrivare a incidere sull’assegno pensionistico fino al 15% del totale.
Su un assegno da 1.500 euro al mese, ad esempio, la decurtazione per venti anni sarebbe di 225 euro.
Un taglio che non sarà uguale per tutti però, perchè degli sgravi fiscali potranno far aumentare l’assegno ad esempio al disoccupato di lunga durata o a chi ha redditi bassi, riducendolo invece per “chi sceglie individualmente” e per motivi personale di andare in pensione in anticipo.
Questo meccanismo delle detrazioni, ha spiegato Nannicini, avrà una fase sperimentale di tre anni per i nati dal 1951 al 1955.
Come funzionerà nel concreto l’Ape?
Mario, che ha 63 anni, potrà richiedere di andare subito in pensione, fino a tre anni di anticipo, accendendo un prestito, erogato da banche, assicurazioni e fondi pensioni e garantito dall’Inps.
Un prestito da restituire in 20 anni con rate (comprensive di capitale e interessi) che potranno arrivare fino al 15% dell’assegno pensionistico: dovrebbe essere la stessa Inps a trattenere i soldi dall’assegno e girarli poi agli istituti.
Se Mario avrà scelto volontariamente per motivi personali di abbandonare il lavoro, probabilmente avrà un assegno per 20 anni decurtato del 15%.
Se invece è un disoccupato di lungo corso, o con un reddito basso avrà accesso a detrazioni fiscali che porteranno al quasi azzeramento della decurtazione.
L’anticipo pensionistico sarà gestito dall’Inps cui – nell’ipotesi di Palazzo Chigi – spetterà l’onere di creare il rapporto con gli enti finanziari che erogheranno l’anticipo netto della pensione ai lavoratori che certificheranno la richiesta di pensionamento anticipato.
Se altre misure sulla flessibilità in uscita sarebbero costate 10 miliardi, ha spiegato Nannicini, l’Ape permetterà al governo di dare una risposta a sindacati e lavoratori spendendo meno di un decimo delle risorse. Visto che i soldi ce li metteranno banche e fondi pensioni.
(da “Huffingtonpost”)
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