LA BRILLANTE OPERAZIONE ALITALIA CI E’ COSTATA 4,4 MILIARDI IN PIU’ CHE AIR FRANCE
LO RIVELA IL LIBRO “ALITALIA, UNA PRIVATIZZAZIONE ITALIANA” DI UN ECONOMISTA E DI UN ESPERTO ALITALIA…8.100 LICENZIATI CON CASSA INTEGRAZIONE DI 7 ANNI PER FARE UN FAVORE A CAI…INVECE CHE FAVORIRE LO STATO SI E’ SOLO AGEVOLATO L’ACQUIRENTE
Lo avevamo sostenuto fin dall’inizio, quando per molti la “difesa dell’italianità della bandiera” sembrava improvvisamente una linea di confine: o stai con Alitalia o sei un traditore.
Come se l’italianità si dimostrasse facendo buttare miliardi di euro allo Stato. Non eravamo certo contrari a una privatizzazione, ma le persone normali la attuano nell’interesse del venditore, non dell’acquirente.
Da essa dovrebbero cioè derivare meno costi, più concorrenza, tariffe più basse, servizio migliore e incassi per lo Stato.
Nulla di tutto ciò è avvenuto con la cessione di Alitalia alla Cai di Colaninno. Anzi è accadutro l’opposto, come dimostra il libro “Alitalia, una privatizzazione italiana”, scritto da Claudio Gnesutta, docente di economia alla Sapienza e da Roberto De Blasi, dirigente Alitalia per lunghi anni.
Vendere Alitalia a Cai ci è costato caro, esattamente una cifra tra i 2,8 e i 4,4 miliardi di euro in più che se avessimo ceduto la compagnia di bandiera ad Air France.
Lo Stato ci ha perso da tutte le parti, sia in quanto azionista che in veste di creditore, avendo finanziato il famoso “progetto ponte” e sottoscritto obbligazioni.
Non solo: il Governo si è accollato i debiti della vecchia Alitalia non assorbiti da Cai, come quelli (400 milioni) della comagnia privata AirOne.
Per non parlare dei danni ai piccoli azionisti, risarciti in misura minimale.
La vendita ha avuto poi un elevato costo sociale: il problema del personale Alitalia non è mai stato causato dalla remunerazione troppo elevata, bensì dalla bassa produttività , ma Cai ha voluto subito affrontare il tema del costo del lavoro.
Ed emerge che l’impatto occupazionale negativo è stato di gran lunga superiore a quanto previsto invece dal piano di Air France.
Dei 20.700 dipendenti delle due compagnie (Alitalia ed AirOne) nel 2008, il numero degli assunti è stato solo di 12.600.
Ben 8.100 sono stati esclusi contro i 5.420 previsti dal piano di Air France, con il bel risultato di un aumento dei costi sociali e finanziari, grazie alla generosa cassa integrazione concessa per la bellezza di sette anni.
Tanto pagano i contribuenti italiani.
Gli autori del libro non a caso definiscono la nuova Alitalia un nano robusto, senza i vecchi debiti e protetto dalle nuove leggi antitrust che gli garantisce il monopolio sulle linee più redditizie.
Se le privatizzazioni di cui parla il governo ogni tanto sono questa c’è poco da stare allegri.
In realtà è stata una operazione studiata a tavolino per favorire alcuni imprenditori italiani, cui è stata consegnata una Alitalia al netto di debiti e personale, con privilegi di linee.
E lo Stato ha saldato tutti i debiti in lavanderia, consentendo a Cai di ritirare il capo lavato e stirato come nuovo.
Se avessimo venduto ad Air France, ora avremmo in cassa quasi i soldi dello scudo fiscale e 3.000 lavoratori in più che non avrebbero perso il posto di lavoro.
Solo per cronaca, avevamo visto giusto anche questa volta.
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