LA RETE IDRICA. TRA QUALITA’, SALUTE, PRIVATIZZAZIONE E RILANCIO
L’OPINIONE DI SALVATORE CASTELLO, PRESIDENTE DI “RIGHT BLU”, SULLA GESTIONE DEL BENE ACQUA
Ci sono argomenti che s’appalesano oggettivamente “divisivi” e che suscitano sempre grandi discussioni.
Normalmente, quando li si affronta, ci si attesta sulle pseudo-posizioni di “nicchia”, pronti a battagliare anche con la mera demagogia — anzi, soprattutto con quella – pur di difendere la “categoria di appartenenza o di rappresentanza” ovvero, ancora, l’elettorato di riferimento perchè, alla fin fine, ciò a cui sterilmente si tende è la conservazione delle rendite di posizione o dello pseudo-consenso a “basso costo”.
Ma le innovazioni e le “rivoluzioni culturali” richiedono audacia, coraggio ed una pregnante
capacità di saper andare al di là dello sterile immobilismo, perchè il fine ultimo è il bene collettivo, non certo quello dei gruppi dirigenti.
E allora giusto parlarne, giusto rifletterci, etico e “saggio” ragionarci…
Uno di questi temi “sensibili” è sicuramente quello “dell’acqua”, anzi, per meglio dire, della gestione della rete idrica
Tutte le volte che anche solo si “lambisce” l’argomento, da un lato assistiamo al solito qualunquismo di sinistra (“l’acqua è un bene di tutti non si può privatizzare!”), dall’altro all’immobilismo concettuale di un certo centrodestra (“no, per carità : altri appalti selvaggi? E poi c’è la Mafia, la corruzione. E poi c’è lo Stato ladrone. No, non si può fare”).
Sinceramente trovo quelle censure sempre sterili e prive di sostanza
La privatizzazione in parola, infatti, non lambirebbe nemmeno minimamente il concetto di base
(l’acqua è un “bene pubblico” e tale resterebbe), ma riguarderebbe esclusivamente “il sistema di fornitura idrica”, dagli impianti alla stessa gestione operativa.
Anzi, proprio perchè pubblico, proprio perchè bene essenziale per la vita e l’esistenza di tutti, oltre che per la stessa produzione nazionale, il “bene acqua” dovrebbe ricevere adeguata tutela e adeguata gestione, e solo una sana politica gestionale affidata “all’esterno”, con la supervisione dello Stato, potrebbe seriamente assicurarla.
Oggettivamente lo Stato, come le amministrazioni locali, versano in una condizione di palmare incapacità nel far fronte alle spese di gestione e di manutenzione del sistema idrico e molti impianti sono vecchi, abbandonati a loro stessi ed anche a rischio di non conformità ai parametri e requisiti frattanto esplicitati a livello Europeo in materia di sicurezza e prevenzione per la salute dei consumatori.
Il loro rifacimento sarebbe oltremodo costoso e difficoltoso, soprattutto da parte di uno Stato Apparato fatto di reiterati e continuati sprechi. Dalla Scuola alla Sanità , ad esempio, si assiste ad un degrado sempre più crescente: scarso investimento in termini di ammodernamento strutturale; scarsa capacità nell’implementazione di programmi gestionali nel tempo; incapacità di saper disegnare un domani di effettiva efficacia, efficienza e grandezza. Ma, soprattutto, carenza di qualità proprio nel merito…
Ma ritornando al tema, la privatizzazione e la liberalizzazione della gestione delle reti idriche, con la previsione/istituzione di un organo di supervisione dello Stato: 1) realizzerebbe una evidente riduzione della spesa pubblica; 2) determinerebbe una sana competizione di mercato assicurando, come successo per la telefonia, ad esempio, una riduzione dei prezzi ed una più efficace ed efficiente opera di manutenzione da parte dell’affidatario/concessionario; 3) accrescerebbe la qualità del bene-acqua stesso, con l’innegabile e primaria tutela diretta per la salute della gente.
Nel sistema competitivo, con tanto di privatizzazioni e liberalizzazioni, o sei bravo o “vai a casa”, c’e’ poco da discutere, perche’ alla fine l’utente sceglie il fornitore migliore, mentre “oggi”…
E a poco rileverebbe, sinceramente, la censura dei perigli connessi alla possibilità della mala gestio degli iter procedurali di affidamento/assegnazione, della corruzione e della possibile collusione in sede di espletamento delle gare d’appalto: “se si vuole, si può”, ed il sistema per evitare certi pericoli si trova, anche riscrivendo le regole relative alla titolarità ed all’espletamento delle relative gare d’appalto: conferire quei poteri ai Prefetti, ad esempio, con tutto il sistema di prevenzione che è proprio dello Stato, sarebbe una possibile soluzione, e solo una delle tante possibili.
La storia del nostro Paese ritroverà una prospettiva solo se saprà darsi contenuti nuovi ed una sincera audacia.
Quello che davvero è necessario è un’autentica rivoluzione liberale e legalitaria, sia dal punto di vista culturale che da quello squisitamente operativo; una riforma del sistema che ponga fine a tutte quelle caste e “castette” ed a tutte quelle lobby e “lobbette” che non hanno fatto altro che creare reti clientelari ed affaristiche: in tal modo si eliderebbero anche tutte le storture di quelle poche privatizzazioni “all’italiana” che siamo stati costretti fino ad oggi a vivere e subire.
Oggi più che mai si dovrebbero ritrovare quei valori che sono la conditio sine qua non di qualsivoglia: l’onestà , il senso del dovere, il rispetto per gli altri, l’etica, il senso di appartenenza, il senso dello Stato e quello delle Istituzioni.
La crisi del nostro Paese è figlia proprio della nostra crisi come popolo: la Politica ed i Politici sono solo un riflesso.
E allora che si vada “al dunque”, si innovi il sistema e si ritrovino le qualità perdute. L’ha fatto l’Inghilterra con la Thatcher, non vedo proprio perchè non dovremmo riuscirci noi…
Salvatore Castello
Presidente/ Speaker di
Right Blu – La Destra Liberale
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