LA SCURE SI ABBATTE SUGLI INSEGNANTI
PREVISTO IL TAGLIO DI 25.000 PRECARI NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E DI 42.000 DOCENTI, SOPRATTUTTO AL SUD… CRESCONO LE RICHIESTE DI TEMPO PIENO E DELLE 30 ORE, IL PERSONALE DIMINUISCE….MA LA GELMINI NON AVEVA DETTO CHE NESSUNO AVREBBE PERSO IL LAVORO?
Si taglia, nella pubblica amministrazione e nella scuola: le cifre parlano di un’onda lunga che travolgerà 25.000 precari nei vari enti locali e 42.000 insegnanti, soprattutto al Sud.
E’ lo scenario che emerge dai dati del ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, e dal decreto interministeriale sugli organici nell’anno scolastico 2009/2010.
Numeri che hanno scatenato già le proteste dei sindacati e la solita lite tra la Cgil e il ministro sul numero dei precari esistenti nei due settori.
Secondo la Cgil si tratta di circa 400.000 il numero reale dei precari, Brunetta sostiene che quelli nella Pubblica Amministrazione non sono più di 40.000, metà dei quali in Sicilia. Di questi, secondo il ministro, circa 10.000 hanno speranze di essere regolarizzati con concorsi.
Gli altri dovranno rassegnarsi, compresi migliaia di lavoratori che pure avrebbero i requisiti per essere assunti.
Secondo Brunetta il 25% degli enti non vuole procedere alla regolarizzazione dei precari in carico e quindi il fenomeno non riguarderebbe direttamente lo Stato, fatta eccezione per qualche Ente di ricerca.
I conti non tornano però a Regioni ed enti locali secondo cui “Brunetta deve definire le norme sui precari e concordare le modalità della loro partecipazione al monitoraggio dei dipendenti a tempo determinato”.
Per quanto riguarda la P.A. ci sembra di assistere al solito balletto delle cifre e dello scaricabarile. Tra 40.000 e 400.000 c’è una bella differenza e probabilmente entrambe le cifre non corrispondono alla realtà , chi per eccesso chi per difetto.
Ma è indubbio che basta non calcolare determinate categorie per far scendere la cifra: se i precari fossero davvero 40.000 non esisterebbe il problema nell’entità in cui il fenomeno è di grave allarme sociale.
Quanto ai concorsi occorrerebbe mettere nero su bianco i criteri di attuazione degli stessi, riservandoli agli interni, cosa che nei fatti non è stato ancora attuato.
Si gioca da parti opposte una battaglia politica sulla pelle di ragazzi/e che hanno diritto ad avere un futuro.
Quanto alla scuola ricordiamo che la Gelmini e lo stesso Berlusconi avevano garantito “nessuno rimarrà senza lavoro”.
E adesso i dati dicono che invece i tagli saranno di 42.00 docenti, di cui il 40% concentrato tra Campania, Calabria, Puglia, e Sicilia.
A pagare il prezzo maggiore sarà la scuola media dove verranno tagliati 15.542 insegnanti, ma la riduzione sarà pesante anche nella scuola primaria, con quasi 10.000 cattedre eliminate e alle superiori ( 11.347 docenti in meno).
A questi dati va aggiunto il taglio di altri 5.000 insegnanti e quello di 245 presidi, per la riduzione dell’autonomia scolastica. Questo a fronte di una stabilità del numero degli studenti ( in aumento a primarie e medie, in diminuzione alle superiori).
I problemi più grossi potrebbero arrivare dalla scuola primaria, dove crescono le richieste di tempo pieno e dell’orario a 30 ore per il tempo normale. Esigenze difficili da soddisfare per una scuola dove il personale diminuisce.
Non a caso nel decreto si parla di “potenziamento dell’inglese, compatibilmente con le disponibilità di organico” e di tempo pieno “organizzato nei limiti dell’organico”.
Altro che innovazioni ventilate dal ministro dell’Istruzione, qua si rischia di aver fatto promesse sapendo di non poterle mantenere.
Se i docenti precari erano 80.000 e ora se ne tagliano 42.000 perchè prenderli in giro garantendo che “nessuno perderà il posto”? Non era meglio e più onesto ammettere lo scopo dell’operazione e assumersi le responsabilità di fronte al popolo italiano?
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