LA SQUADRA DI CALCIO SALVATA DAI MIGRANTI
LA POLISPORTIVA TADASUNI SI ISCRIVE AL CAMPIONATO GRAZIE A SEI RAGAZZI SCAPPATI DALLA GUERRA
L’allenatore è duro con tutti, ma da Saja pretende di più: «Tu sei il più forte, sei il nostro bomber, devi imparare a tirare bene in porta. Finchè non fai rete, tutti noi continuiamo ad allenarci. E se oggi non segni almeno una volta ti toccherà pagare una multa di cinque euro».
Saja tira cinque o sei volte e alla fine batte il portiere. Esultano tutti: sì, perchè oggi l’allenamento è finito in anticipo, ma soprattutto perchè qui il gol più importante l’ha fatto l’intera squadra.
La prima partita di seconda categoria si disputa la settimana prossima, ma il campionato dell’integrazione l’ha già vinto Tadasuni, un piccolo paese della Sardegna centrale dove i migranti tengono in vita la storica squadra di calcio.
In rosa ci sono soltanto quattro giovani del posto, gli altri arrivano dai paesi vicini e in sei da molto più lontano. Quattro dal Gambia, uno dalla Guinea e uno dal Ghana. Hanno più o meno tutti la stessa storia: la fuga dalla povertà e dalla guerra, il sogno di una nuova vita in Europa, la traversata nel deserto e l’avventura in mezzo al mare a bordo di un barchino.
Modou Camara dice di avere 18 anni, è il più promettente tra i nuovi calciatori di Tadasuni ed è sbarcato in Italia solo tre mesi fa: direttamente in Sardegna, da una nave approdata a Cagliari.
Alieu Sanneh è un attaccante, ha 24 anni e pure lui ha lasciato tutta la famiglia in Gambia: «Giocare in questa squadra mi sembra un sogno, quello che sta succedendo qui è tutto bellissimo. Io non voglio più andar via dalla Sardegna, non mi interessa andare in Germania o Francia, vorrei costruire con voi il mio futuro».
I sei calciatori che ancora non parlano bene l’italiano vivono in un campeggio trasformato in centro di accoglienza, una struttura ben organizzata che si trova nelle campagne di Norbello, a una decina di chilometri da Tadasuni.
«Io li ho conosciuti proprio nel campeggio, dove ogni tanto vado a dare una mano ai volontari — racconta l’allenatore Lello Medde — Nella struttura non c’è un campo e i ragazzi giocano a calcio accontentandosi di una porta fatta di pietre. Io ne ho scelti sei e sono sicuro che tra loro ci sia almeno un talento. Ancora non conoscono la tecnica, ma sono i più forti, quelli più carichi. La lingua, per ora, è l’unico problema, ma i ragazzi hanno già studiato un linguaggio convenzionale, tutto fatto di gesti, così anche gli avversari non ci capiscono».
Da trentacinque anni a questa parte la Polisportiva Tadasuni non ha saltato un campionato. Ma adesso bisogna fare i conti con lo spopolamento. I giovani vanno lontano per studiare e cercare lavoro e nei piccoli centri del Barigadu molte case si stanno svuotando.
Alla periferia di Tadasuni, dietro una collina tutta verde, c’è un bel campo sportivo, spogliatoi puliti e ordinati e persino una tribuna coperta dalla quale si vede il lago Omodeo.
Il calcio è una passione condivisa, ma il presidente della polisportiva Savino Miscali si è trovato ad affrontare un problema inedito: mettere insieme i giovani necessari per formare la squadra.
E così anche il sindaco Mauro Porcu, l’assessore ai lavori pubblici Pierpaolo Oppo e un consigliere comunale scenderanno in campo ogni domenica.
«I sei ragazzi africani ci aiutano a portare avanti la nostra passione per lo sport — dice il presidente Miscali —. Noi siamo ben felici di accoglierli, sia perchè la squadra potrà avere un futuro anche grazie a loro e sia perchè l’integrazione è uno dei valori più importanti dello sport. Certo, non possiamo dar loro neanche un centesimo, ma assicuriamo scarpe, abbigliamento e tantissimi sorrisi».
Nicola Pinna
(da “la Stampa”)
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